Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7674 del 18/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/03/2021, (ud. 02/12/2020, dep. 18/03/2021), n.7674

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI U.L.C. Giuseppe – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 3905-2019 proposto da:

LEONESSA INVESTIMENTI s.r.l., a socio unico, nella qualità di

assuntore del concordato fallimentare del Fallimento della (OMISSIS)

s.r.l., elettivamente domiciliata in ROMA, in VIA PASUBIO N. 4,

presso lo studio dell’avvocato SARROCCO PIETRO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MENIN CLAUDIA, con procura speciale

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCO BPM s.p.a., in persona del procuratore speciale, elettivamente

domiciliato presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, in

PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’avv. CAMPEGIANI

ALBERTO, con procura speciale in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

nonchè

LEONESSA INVESTIMENTI s.r.l., a socio unico, nella qualità di

assuntore del concordato fallimentare del Fallimento della (OMISSIS)

s.r.l., elettivamente domiciliata in ROMA, in VIA PASUBIO 4, presso

lo studio dell’avvocato SARROCCO PIETRO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MENIN CLAUDIA, con procura speciale

in calce al ricorso;

– controricorrente al ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2775/2018 della CORTE D’APPELLO di Roma,

depositata il 30/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/12/2020 dal Consigliere relatore, Dott. CAIAZZO

ROSARIO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

La curatela del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. convenne innanzi al Tribunale di Latina la Banca 2000 (ora BPM s.p.a.), chiedendo: di accertare che, nel periodo dall’1.10.97 al 30.9.98, la suddetta società aveva effettuato versamenti sul conto corrente intrattenuto presso l’agenzia della banca convenuta, diretti ad estinguere o ridurre lo scoperto tollerato per complessivi Euro 141.933,92; di accertare che nel periodo dall’1.10.97 al 30.9.98, la (OMISSIS) s.r.l. aveva effettuato, relativamente alla linea di credito utilizzabile per le operazioni di anticipi “salvo buon fine”, versamenti per complessivi Euro 125.878,37 in presenza di uno scoperto consentito, e dunque revocabili; accertare che le predette rimesse, aventi natura solutoria, ed effettuate dalla società versando in stato d’insolvenza conosciuto dalla banca, erano inefficaci nei confronti della massa e revocabili ex art. 67 L. Fall., comma 2; per l’effetto di condannare la banca convenuta alla restituzione della somma complessiva di Euro 267.812,29 (ovvero la maggior o minor somma accertata), oltre rivalutazione ed interessi.

Si costituì la banca, eccependo l’infondatezza della domanda. Con sentenza emessa nel 2009 il Tribunale dichiarò inefficaci le rimesse per la somma di Euro 168.982,62, di cui al conto corrente n. 23/11/00439, e di Euro 119.976,24 di cui al conto corrente n. 23/11/00441, condannando la banca alla restituzione delle suddette somme, oltre interessi.

La banca propose appello, deducendo: l’omessa motivazione del rigetto dell’eccezione di nullità dena citazione; la nullità della c.t.u. e l’insussistenza dei presupposti ex art. 67 L. Fall., comma 2.

La curatela si costituì resistendo al gravame; intervenne nel giudizio la Leonessa Investimenti s.r.l. quale terzo proponente il concordato della società fallita.

Con sentenza emessa il 30.4.18, la Corte territoriale accolse l’appello e, per l’effetto, respinse la domanda di revocatoria, osservando che: in via preliminare, la società interveniente aveva precisato di aver formulato, quale terzo proponente, domanda di concordato del fallimento della (OMISSIS) s.r.l. e che il concordato era stato omologato ai sensi dell’art. 129 L. Fall., comma 4, dal Tribunale con decreto del 7.5.13; la stessa interveniente aveva titolo quale successore a titolo particolare del fallimento nel diritto controverso, sebbene il processo proseguisse tra le parti originarie; il c.t.u. aveva quantificato le rimesse revocabili in quanto operate a rientro degli sconfinamenti sul fido accordato, rilevando che l’assenza di rimesse revocabili sul conto-anticipi escludeva il pericolo di duplicazione; parte attrice non aveva dimostrato elementi di prova della conoscibilità dello stato d’insolvenza, poichè la relazione del curatore e la copia dei bilanci della società fallita prodotti erano atti inidonei a fornire tale prova.

Ricorre in cassazione la Leonessa Investimenti s.r.l. con tre motivi, illustrati anche con memoria.

Resiste con controricorso la BPM che propone ricorso incidentale affidato ad unico motivo, illustrato anche con memoria.

La Leonessa Investimenti s.r.l. resiste all’incidentale con controricorso.

Diritto

RITENUTO

Che:

Il primo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115, c.p.c., e art. 67 L. Fall., in quanto la banca convenuta non aveva mai contestato le risultanze della relazione ex art. 33 L. Fall., nè aveva mai eccepito il mancato deposito dei bilanci, limitandosi a generiche contestazioni (riguardanti la mancata prova di protesti e l’andamento irregolare del conto corrente circa i bilanci 1996 e 1997), peraltro incompatibili con il contenuto dei suddetti documenti che evidenziavano la precarietà della struttura finanziaria della società poi fallita.

Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 2697 e 2729, c.c., unitamente agli artt. 115 e 116, c.p.c., avendo la Corte territoriale erroneamente escluso che la relazione ex art. 33 L. Fall. potesse costituire elemento di prova della conoscenza dello stato d’insolvenza in quanto documento proveniente dalla stessa parte attrice.

Il terzo motivo deduce l’omesso esame di fatti decisivi, ai fini della prova della conoscenza dello stato d’insolvenza, quali, oltre alla suddetta relazione e ai bilanci, l’andamento del conto corrente -con utilizzazione nell’anno anteriore al fallimento degli affidamenti concessi al limite dello sconfinamento e spesso con saldi debitori eccedenti i limiti annuali degli stessi affidamenti-, nonchè la sede della società in un piccolo centro, e la mancata risposta all’interrogatorio formale, equiparabile ad un rifiuto di rispondere.

L’unico motivo del ricorso incidentale denunzia violazione dell’art. 2033 c.c. e art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda della banca avente ad oggetto la restituzione delle somme corrisposte alla curatela in esecuzione provvisoria della sentenza di primo grado, a seguito del rigetto dell’istanza inibitoria in l’appello. La ricorrente si duole che la Corte d’appello abbia dichiarato inammissibile tale domanda di restituzione per indeterminatezza, evidenziando, al contrario, che l’interesse della società ricorrente incidentale fosse desumibile dalla mancata liberazione della curatela dalle obbligazioni derivanti dai giudizi in corso fino all’integrale esecuzione del concordato, e dalla disponibilità delle somme dovute alla banca presso la curatela fallimentare, come dichiarato dal difensore della stessa interveniente.

Il primo motivo del ricorso principale, relativo alla violazione del principio di non contestazione, è inammissibile in virtù del principio affermato da questa Corte secondo il quale l’onere di contestazione riguarda le allegazioni delle parti e non i documenti prodotti, nè la loro valenza probatoria, la cui valutazione, in relazione ai fatti contestati, è riservata al giudice (Cass., n. 12748/16; n. 3306/2020).

Nella fattispecie, la ricorrente ha dedotto che la banca non avesse mai contestato il contenuto delle relazioni del curatore, ex art. 33 L. Fall. o il mancato deposito dei bilanci periodici, riferendosi dunque al contenuto dei suddetti documenti, che non può costituire oggetto dell’onere di contestazione ex art. 115 c.p.c..

Il secondo motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi. Al riguardo, la ricorrente censura la decisione della Corte d’appello per aver negato rilevanza probatoria alla relazione del curatore, sebbene la controparte non ne avesse contestato le risultanze.

Va osservato che la Corte territoriale non ha utilizzato quale elemento probatorio la suddetta relazione del curatore perchè atto proveniente dalla stessa curatela, parte attrice nel giudizio di revocatoria ex art. 67 L. Fall., soggiungendo che anche i bilanci prodotti erano privi di valenza probatoria. Tuttavia, se è vero che la relazione del curatore può assumere valenza probatoria, ove non sia validamente contraddetta (Cass., n. 14831/06; n. 10216/09), la parte che ne invoca l’utilizzo deve allegarne il contenuto che ritiene rilevante per la decisione, considerato che l’efficacia probatoria del contenuto di tale relazione va diversamente valutata a seconda della natura delle risultanze da essa emergenti (v. Cass., n. 8704/98, che distingue la piena prova della relazione del curatore fallimentare fino a querela di falso degli atti e dei fatti che egli attesta essere stati da lui compiuti o essere avvenuti in sua presenza, e il contenuto delle dichiarazioni rese dai terzi al curatore che rimane liberamente valutabile in ordine alla sua veridicità).

Orbene, nel caso concreto, la ricorrente, a fronte della decisione assunta dalla Corte d’appello, non ha allegato il contenuto della suddetta relazione, ai fini della prova che intendeva fornire, sicchè la censura è anche priva di decisività. Il terzo motivo è inammissibile, in conformità dell’orientamento di questa Corte secondo cui, in tema di giudizio di cassazione, la censura per vizio di motivazione in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo (Cass., n. 5279/2020). Nel caso concreto, la ricorrente si duole dell’omesso esame di alcuni elementi non esaminati dal giudice e che, secondo la sua prospettazione, avrebbero consentito un diverso convincimento, ma senza la deduzione dell’assoluta incongruenza della motivazione adottata, sicchè la doglianza si traduce in un’inammissibile richiesta di riesame degli elementi probatori utilizzati dalla Corte territoriale.

Il ricorso incidentale è parimenti inammissibile.

Invero, dagli atti emerge che la società controricorrente, dopo aver dato atto del pagamento delle somme oggetto della condanna, non ha specificato, neppure in sede di precisazione delle conclusioni, la somma effettivamente corrisposta alla controparte, limitandosi a richiedere genericamente “la restituzione di quanto pagato”.

Pertanto, la Corte d’appello ha pronunciato sulla domanda di restituzione ritenendola rettamente inammissibile perchè indeterminata.

Tenuto conto della reciproca soccombenza, vanno compensate le spese del grado di legittimità.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e quello incidentale, compensando tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma l-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis- ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 2 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2021

 

 

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