Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7673 del 24/03/2017

Cassazione civile, sez. lav., 24/03/2017, (ud. 02/12/2016, dep.24/03/2017),  n. 7673

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente –

Dott. CURCIO Laura – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19955-2011 proposto da:

FONDAZIONE SALVATORE MAUGERI CLINICA DEL LAVORO E DELLA

RIABILITAZIONE I.R.C.C.S., c.f. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PARIGI N. 11, presso lo studio dell’avvocato LUCA SABELLI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO BENAZZO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

B.L., C.F. (OMISSIS), + ALTRI OMESSI

– controricorrenti –

e contro

R.S.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 124/2011 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 29/03/2011 R.G.N. 490/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/12/2016 dal Consigliere Dott. LAURA CURCIO;

udito l’Avvocato CLAUDIO ALESSE per delega Avvocato LUCA SABELLI;

udito l’Avvocato ALESSANDRO BROZZI anche in sostituzione

dell’Avvocato ANTONINO D’ALESSANDRIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO Paola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1) La Corte d’Appello di Brescia ha confermato la sentenza non definitiva del Tribunale di Brescia con cui era stato accertato l’obbligo della Fondazione S.M. I.R.C.C.S. di applicazione ai rapporti di lavoro dei ricorrenti B. e altri litisconsorti, del CCNL della dirigenza medica e veterinaria del SSN a far tempo dall’assunzione di ciascun lavoratore.

2) Il Tribunale aveva ritenuto che la Fondazione aveva manifestato, attraverso il suo Regolamento generale, la volontà di recepire la linea contrattuale della sanità pubblica, applicando ai suoi dipendenti il trattamento giuridico ed economico del CCNL del settore pubblico, così che tale vicolo poteva cessare solo consensualmente, oppure solo qualora la Fondazione avesse fornito la prova che i costi derivanti da tale applicazione fossero insostenibili.

3) La Fondazione aveva proposto appello lamentando l’erronea interpretazione da parte del Tribunale delle disposizioni del Regolamento, in particolare delle clausole contenute nell’art. 54.1 e nell’art. 55.1 (che prevedevano che il personale fruisse del medesimo trattamento giuridico ed economico dei dipendenti del SSN) e l’erroneo apprezzamento effettuato dal primo giudice, della ” compatibilità economica” e giuridica contenuto nel Regolamento per il recepimento da parte della stessa della disciplina pubblica, come anche l’errata valutazione dei contratti individuali e aziendali di recepimento.

4) La Corte d’Appello respingeva il ricorso e confermava sostanzialmente l’impianto argomentativo del Tribunale, in particolare rilevando che le disposizioni del regolamento avevano un effetto vincolante per gli amministratori dell’ente i quali erano tenuti ad applicarle. La Corte riteneva che la Fondazione, come qualsiasi atro datore di lavoro privato ben poteva limitare la sua autonomia e discrezionalità dettando precise regole per la disciplina dei rapporti di lavoro, vincolandosi al rispetto dei rispettivi obblighi che, in tal modo, vengono correlativamente a costituire diritti in capo ai lavoratori.

5) Secondo la Corte la formulazione letterale non lasciava dubbi sulla finalità direttamente dispositiva degli articoli nel senso di recepire la disciplina collettiva del rapporto di lavoro del SSN con l’unica riserva della compatibilità economica, prevista dall’art. 55.2 del regolamento. Secondo la Corte erano stabiliti esattamente quale dovesse essere la fonte del trattamento economico e giuridico e quali gli strumenti per procedere all’equiparazione in caso di non coincidenza con i profili professionali e i ruoli di pianta organica, quali gli strumenti per il recepimento della disciplina collettiva. Si sarebbe trattato, secondo la Corte, di disposizioni vincolanti su quello che dovrebbe essere il contenuto, per relationem, dei contratti individuali. Le disposizioni regolamentari sarebbero quindi idonee a determinare, secondo il criterio della buona fede oggettiva, le condizioni per un affidamento dei terzi contraenti, con diritto dei lavoratori ad ottenere un contratto conforme a quanto promesso.

6) Infine riteneva la Corte che il limite della compatibilità economica si poneva, in tale contesto, come stretta eccezione che doveva essere dedotta e provata dagli amministratori quale ragione di impossibilità di recepire i miglioramenti.

7) Avverso la sentenza la Fondazione ha proposto ricorso affidato a 5 motivi. B.L. e gli altri litisconsorti hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

8) Con il primo motivo di ricorso la fondazione deduce un errore di diritto costituito dalla violazione dell’art. 1987 c.c. e comunque la violazione dei canoni ermeneutici con riguardo alla natura, all’efficacia e all’applicazione del regolamento. In particolare la ricorrente lamenta che la Corte abbia ritenuto vincolante per gli amministratori le disposizioni del regolamento, senza considerare che si tratta di un negozio unilaterale privo di vincoli esterni e che le disposizioni di cui agli artt. 53, 54 e 55 che stabiliscono la fruizione da parte del personale della Fondazione del trattamento giuridico ed economico dei dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale “in quanto applicabile”, sarebbero volte solo a disegnare la struttura gestionale dell’Ente, come prova l’inciso prima citato.

9) Con il secondo motivo di ricorso lamenta la Fondazione la violazione dell’art. 1362 c.c., oltre ad un’omessa ed errata motivazione su un fatto decisivo della controversia e comunque difetto di motivazione sul punto di Regolamento interno nello schema legale corrispondente. Critica la ricorrente la motivazione della sentenza laddove la Corte territoriale ha ritenuto la finalità direttamente dispositiva degli articoli del Regolamento quanto alla ricezione della disciplina collettiva del comparto sanitario pubblico, perchè le disposizioni, quant’anche non meramente programmatiche, potrebbero essere vincolanti per i soli amministratori ma senza che possa effettuarsi il salto logico di ritenere la norma regolamentare espressione di una volontà negoziale compiuta, tale da avere efficacia dispositiva creando diritti nei confronti dei lavoratori.

10) Con il terzo motivo la Fondazione lamenta ancora la violazione delle regole ermeneutiche contrattuali, in particolare anche in punto di onere della prova ai sensi dell’art. 2697 c.c. con riferimento all’interpretazione ed individuazione del “limite della compatibilità economica” degli accordi collettivi del pubblico impiego per la Fondazione medesima. Viene criticata la sentenza laddove ha ritenuto che tale limite costituirebbe un’eccezione al recepimento automatico del trattamento di cui ai CCNL settore sanitario pubblico, la cui compatibilità dovrebbe essere valutata di volta in volta a seguito dell’entrata in vigore dei nuovi contratti e negata con motivazioni strettamente legate alla disponibilità di bilancio. Tale interpretazione secondo la Fondazione sarebbe errata avendo confuso a suo dire la corte il concetto di compatibilità con quello di sostenibilità economica, laddove la compatibilità starebbe a significare invece che la Fondazione sarebbe vincolata dal proprio regolamento al solo fine di valutare se l’applicazione del trattamento dei dipendenti pubblici sia compatibile economicamente e non sia incongrua rispetto alla propria natura privata.

11) Con il quarto motivo lamenta sempre la violazione dell’art. 1362 c.c., comma 2 con riferimento all’apprezzamento della condotta delle parti successivamente alla conclusione del contratto. Secondo la Fondazione, che comunque ritiene non appropriato far riferimento al criterio ermeneutico in esame trattandosi di un atto unilaterale, la Corte bresciana non avrebbe considerato che vi sarebbe stata un’applicazione parziale del CCNL, come dimostrato dai vari accordi aziendali stipulati nei singoli centri, non ultimo quello stipulato nel 2007 presso in centro di (OMISSIS), sede dove lavorano i controricorrenti, accordo che regolava l’applicazione del ccnl del personale della dirigenza medica e non medica, individuando specificatamente quali istituti dovessero essere recepiti.

12) Con il quinto motivo di ricorso la Fondazione lamenta l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia ed in particolare che la Corte d’Appello non abbia tenuto conto che il Regolamento aveva avuto origine quando la regolamentazione dei rapporti di lavoro del comparto pubblico della Sanità derivava da atti normativi e che anche gli IRCCS, come la Fondazione, erano soggette all’efficacia della regolazione pubblica, con ciò spiegandosi il limite della compatibilità economica quale argine alla vincolatività su base autoritaria (decreto presidenziale) degli accordi della sanità pubblica: con la privatizzazione del pubblico impiego il trattamento normativo ed economico non nascendo più per atto autoritativo, ma su base negoziale, avrebbe reso non più possibile l’estensione ex lege, ossia autoritativa, dei contratti pubblici a soggetti privati come gli IRCCS. Pertanto l’abrogazione della disciplina normativa richiamata dal regolamento, renderebbe inapplicabili comunque le disposizioni che a quel sistema facevano riferimento.

13) I motivi possono essere trattati congiuntamente perchè connessi in quanto la questione posta all’esame della Corte, ossia l’esistenza o meno di un vincolo nell’applicazione della contrattazione del settore pubblico del SSN, è sostanzialmente unica, sia pure prospettata sotto diversi aspetti, con motivi diretti in particolare a lamentare sia la violazione di corretti canoni ermeneutici nella individuazione della natura ed efficacia del Regolamento e delle specifiche norme che richiamano tale disciplina collettiva pubblica, sia l’errato apprezzamento della condotta delle parti, con riferimento all’art. 1362 c.c.

14) In particolare le norme oggetto di esame precisano che “il personale della Fondazione fruisce, salve diverse disposizioni del presente regolamento del medesimo trattamento giuridico dei dipendenti del SSN, in quanto applicabile, fermo restando che il rapporto con la fondazione ha natura privatistica” (art. 54.1) e che “Il personale della fondazione fruisce del trattamento economico dei dipendenti del SSN in quanto applicabili (art. 55.1) e che “in occasione del rinnovo triennale degli accordi nazionali di lavoro attinenti il comparto sanitario, il Consiglio di amministrazione recepisce le risultanze di tali accordi, nonchè le risultanze degli accordi aziendali attinenti agli oggetti demandati alla contrattazione decentrata….., ferma restando la compatibilità economica degli stessi per la fondazione medesima”. (art. 55.2).

15) Ora, l’accertamento del giudice di merito diretto a verificare la concreta applicabilità ai rapporti di lavoro di diritto privato di determinati contratti collettivi è un accertamento di fatto che può essere impugnato solo per vizi di motivazione o per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (Cfr per tutte Cass. n. 2561/2009). E la corte territoriale ha effettuato questo accertamento appunto sotto un duplice profilo argomentativo, sia con riferimento alle disposizioni del regolamento prima ricordate, da cui ha ricavato le indicazioni specifiche sul richiamo espresso alla contrattazione collettiva del SSN quale trattamento giuridico ed economico di cui deve fruire il personale della Fondazione, salvo alcuni limiti di applicabilità, sia con riferimento all’effettivo e concreto recepimento di tale disciplina collettiva nel contratto di lavoro dei dipendenti dell’odierna ricorrente, di fatto avvenuto.

16) Certamente non erra la Fondazione nel ritenere che il Regolamento è atto negoziale e che, come tale, non può costituire fonte diretta di diritti soggettivi in capo ai lavoratori, ma ciò non di meno non può negarsi una precisa finalità dispositiva, come ritenuto dalla corte territoriale, degli articoli prima ricordati, diretta ad operare una ricezione della disciplina collettiva, con l’unico limite della compatibilità economica. Le disposizioni, invero molto precise, sia sulla fonte del trattamento giuridico ed economico da adottate, sia sugli strumenti per procedere all’equiparazione in caso di non coincidenza con i profili professionali e ruoli in pianta organica come sugli strumenti per recepire la disciplina collettiva, portano a ritenere che la loro finalità non sia soltanto quella di indicare obiettivi programmatici agli amministratori, ai quali verrebbe lasciata invece ampia discrezionalità nel perseguire le finalità istituzionali della Fondazione.

17) Può quindi dirsi che le obiezioni della ricorrente fondate sulla natura giuridica di tale Regolamento, che certamente non crea obblighi diretti nei confronti dei lavoratori, ma semmai solo nei confronti degli amministratori non sono idonee a scalfire la decisione, solo in alcuni punti non del tutto condivisibile, come ad esempio laddove sembra attribuire alle disposizioni regolamentari in esame la capacità di determinare le condizioni per un affidamento dei lavoratori, terzi contraenti, quale proposta, con relativo diritto dei lavoratori ad ottenere un contratto conforme a quanto promesso.

18) Del resto l’accertamento che si richiede al giudice del merito ha per oggetto l’individuazione della volontà delle parti del contratto di lavoro e certamente le disposizioni del Regolamento concorrono alla ricerca della volontà del contraente, la Fondazione, nei contratti di lavoro, ai sensi dell’art. 1362 c.c., perchè tale atto è l’insieme delle regole interne che la stessa si è data e che sono appunto espressione della sua volontà di operare secondo precisi criteri che hanno certamente una valenza auto vincolante.

19) Neanche può ritenersi fondato il motivo di gravame che lamenta l’erronea interpretazione ed individuazione del “limite di compatibilità economica” fatto dalla Corte d’Appello. Sempre nella prospettiva di una interpretazione rigorosa della volontà della Fondazione deve rilevarsi invece che appare corretto quanto osservato dal giudice di merito circa la sussistenza di una volontà della Fondazione di porre come unico limite all’applicabilità della contrattazione collettiva del settore sanitario pubblico quello della compatibilità economica, intesa come disponibilità di bilancio. Non avrebbe infatti avuto alcun senso porre una simile limitazione ove la volontà della Fondazione fosse stata quella di riservarsi un’ ampia discrezionalità sul se e come recepire la disciplina dei CCNL. Del resto l’assenza di deduzioni su avvenute integrazioni o modificazioni delle clausole di tali contratti ad opera di accordi aziendali, prima dell’accordo aziendale del maggio 2007, non approvato dai lavoratori, è un ulteriore conferma della volontà della ricorrente di adeguarsi e di auto vincolarsi all’applicazione del CCNL del settore sanitario.

20) Inoltre la Fondazione non ha neanche chiaramente esplicitato il significato che essa attribuisce alla “compatibilità economica”, non fornendo alcuna convincente spiegazione prima ancora che prova, di come ha dato o ritiene di dare applicazione a quella che sostiene essere una sua insindacabile prerogativa. Ma ancora va osservato che la Fondazione non ha in alcun modo indicato gli istituti contrattuali non applicati o non applicabili e soprattutto le ragioni di tale inapplicabilità.

21) Nell’ultimo motivo la Fondazione ha lamentato un’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, ossia che il Regolamento e quindi in particolare per quel che qui interessa, le disposizioni relative all’applicazione del contrattazione pubblica, erano stati posti in essere quando le IRCCS benchè private, erano soggette all’efficacia della regolazione pubblica ed che i CCNL, la cui operatività nasceva non su base negoziale, ma su base amministrativa, erano recepiti da decreti presidenziali. Secondo la ricorrente la privatizzazione del pubblico impiego e la contrattualizzazione avrebbe reso non più possibile l’estensione autoritativa dell’efficacia dei contratti pubblici ai privati.

22) Anche tale motivo ad avviso della corte è privo di fondamento.

Non è infatti dirimente, per escluderne l’applicazione anche dopo la privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, la circostanza che al personale della Fondazione il contratto della Sanità pubblica veniva applicato per effetto di esplicita previsione contenuta nel decreto presidenziale che sanciva periodicamente l’applicazione dell’Accordo nazionale unico.

Correttamente la Corte territoriale ha rilevato che il rinvio contenuto nel regolamento ha carattere sostanziale, essendo indifferente la natura pubblica o privata dei rapporti intercorrenti con la pubblica amministrazione.

23) Ciò che comunque risulta rilevante, ai fini dell’accertamento della volontà negoziale, è certamente il comportamento della Fondazione che, nonostante la cd “privatizzazione “del pubblico impiego, non ha modificato le clausole oggetto di esame, mantenendo fermo il rinvio complessivo alla disciplina collettiva più volte citata. La Corte territoriale ha, infatti, precisato sul punto che dall’esame sia dei contratti di lavoro che delle buste paga prodotte dagli appellati si desumeva chiaramente che non vi erano state, nel corso degli anni, modifiche o integrazioni diverse da quanto previsto dalla disciplina del CCNL della sanità, quanto a orario di lavoro, qualifiche o istituti, con concreta applicazione di tutti gli istituti e voci retributive già previsti da tali contratti collettivi. La Corte quindi ha valutato anche in concreto la condotta posta in essere dalla datrice di lavoro al fine di accertare se dagli atti e dai documenti prodotti fossero desumibili elementi che inducessero a ritenere egualmente sussistente la vincolatività di tale contrattazione (cfr sul punto cassazione n.24336/203). Irrilevante pertanto si profila l’assunto della Fondazione circa la rilevanza probatoria della mancanza di un rinvio esplicito al CCNL della sanità pubblica nelle lettere di assunzione.

24) Il ricorso deve quindi essere respinto. Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.

PQM

la Corte rigetta il ricorso della Fondazione e condanna la stessa al pagamento delle spese del giudizio che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 4000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed oneri di legge.

Così deciso in Roma, il 2 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2017

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