Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7673 del 03/04/2020

Cassazione civile sez. I, 03/04/2020, (ud. 31/01/2020, dep. 03/04/2020), n.7673

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 5160-2019 r.g. proposto da:

B.E., (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Massimo Gilardoni, elettivamente domiciliato in Roma, presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione.

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro.

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, depositata in

data 20.6.2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

31/1/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano ha rigettato l’appello proposto da B.E., cittadino (OMISSIS), avverso l’ordinanza emessa in data 31.1.2017 dal Tribunale di Milano, con la quale erano state respinte le domande volte ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato e la richiesta protezione sussidiaria ed umanitaria.

La corte del merito ha, in primo luogo, ricordato la vicenda personale del richiedente, secondo il racconto svolto da quest’ultimo; il ricorrente ha, infatti, narrato: a) di essere fuggito dalla Nigeria in data (OMISSIS) e di essere giunto in Italia il (OMISSIS), transitando per la Libia; b) di essere stato costretto ad abbondare il suo paese, dopo l’assassinio dei suoi genitori da parte dei membri del partito ACP.

La corte territoriale ha dunque ritenuto che: 1) il racconto del ricorrente non era credibile e che comunque le ragioni dell’espatrio erano collegate ad una vicenda privatistica; 2) il narrato del ricorrente era infatti intessuto di ripetute contraddizioni e inverosimiglianze, posto che non era stata provata la morte dei genitori e che, inoltre, la sorella continuava a vivere tranquillamente in Nigeria, senza subire alcuna conseguenza per le vicende sopra ricordate; 3) non ricorrevano comunque atti di persecuzione in danno del richiedente e che quest’ultimo non aveva allegato elementi per far ritenere mancante la tutela statale per il dedotto pericolo, qualora attivata; 4) non sussistevano pertanto i presupposti applicativi della invocata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. a e b, in ragione, da un lato, della complessiva valutazione di non credibilità del ricorrente e, dall’altro, della natura privata della vicenda narrata; 5) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, in quanto non erano presenti, nella regione di provenienza del ricorrente, situazioni integranti conflitti armati generalizzati; 6) non poteva accogliersi neanche la domanda di protezione umanitaria, in assenza dell’allegazione di una situazione di effettiva vulnerabilità del richiedente e di una seria integrazione nel contesto sociale italiano, senza contare la valutazione di complessiva inattendibilità del racconto, che rendeva comunque non tutelabile il ricorrente con la forma residuale di protezione qui da ultimo in esame.

2. La sentenza, pubblicata il 20.8.2018, è stata impugnata da B.E. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6,7 e 14, nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 ed artt. 2 e 3 CEDU, per avere la corte di merito escluso la protezione sussidiaria, senza valutare la situazione generale della Nigeria e per aver omesso di considerare la sua condizione di vulnerabilità personale, in relazione alla situazione interna del paese di provenienza.

2. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2. Il ricorrente lamenta la mancata attivazione dei poteri istruttori officiosi ed il mancato espletamento del necessario giudizio comparativo tra la sua situazione di vulnerabilità e la situazione interna del paese di provenienza ai fini del riconoscimento della richiesta protezione umanitaria.

3. Il ricorso è inammissibile.

3.1 Già il primo motivo non supera il vaglio di ammissibilità.

Il motivo – articolato in relazione al diniego della reclamata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c – è inammissibile perchè volto a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione delle fonti informative per accreditare, in questo giudizio di legittimità, un diverso apprezzamento della situazione di pericolosità interna della Nigeria, giudizio quest’ultimo inibito alla corte di legittimità ed invece rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito, la cui motivazione è stata articolata – sul punto qui in discussione – in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, avendo specificato che negli Stati del sud della Nigeria non si assiste ad un conflitto armato generalizzato, tale da integrare il pericolo di danno protetto dalla norma sopra ricordata.

3.2 Il secondo motivo è del pari inammissibile, in ragione della sua evidente genericità di formulazione. Ed invero, non si indicano le condizioni di effettiva vulnerabilità del richiedente e dunque non si può neanche legittimamente invocare quella valutazione comparativa richiesta dalla giurisprudenza di questa Corte, in punto di riconoscimento della reclamata protezione umanitaria, e cioè quella valutazione comparativa tra la odierna situazione della ricorrente e la possibile compressione del nucleo dei suoi diritti fondamentali, in caso di rimpatrio (Cass. 4455/2018, per come confermata anche da Cass., ss.uu., sent. 29459/2019).

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, in mancanza di difese dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 aprile 2020

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