Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7671 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 30/03/2010, (ud. 09/02/2010, dep. 30/03/2010), n.7671

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

N.G., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GATTO VINCENZO, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N. 144,

presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA LUIGI, ROMEO LUCIANA,

che lo rappresentano e difendono, giusta procura speciale atto Notar

CARLO FEDERICO TUCCARI di ROMA del 27/04/06, rep. n. 70633;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 723/2005 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 19/07/2005 R.G.N. 332/00;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/02/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARCO PIVETTI, che ha concluso chiedendo che la Corte di Cassazione,

non ricorrendo le ipotesi di cui al primo e all’art. 375 c.p.c.,

comma 2, voglia rinviare la causa alla pubblica udienza. In subordine

chiede l’accoglimento parziale del ricorso.

 

Fatto

IN FATTO E DIRITTO

Rilevato in fatto che il ricorrente in epigrafe ha convenuto in giudizio l’INAIL per il riconoscimento della rendita per inabilità parziale permanente nella misura del 50%;

Che il giudice di primo grado ha accolto parzialmente la domanda ritenendo sussistente una percentuale d’inabilità pari al 25%;

Che la Corte di Appello di Messina ha respinto l’impugnazione dell’assicurato;

Che detta Corte ha posto a fondamento della propria decisione la condivisibilità della consulenza medico legale espletata nel corso del giudizio di secondo grado;

Che avverso tale sentenza l’assicurato ha proposto ricorso per cassazione affidato a due censure;

Che ha resistito con controricorso l’INAIL;

Che con il primo motivo il ricorrente ha dedotto violazione del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 2 e 78, sostenendo che la quota di efficienza causale in ipotesi addebitabile alla concausa di lesione preesistente non ha alcun valore sottrattivo;

Che con la seconda censura l’assicurato ha denunciato vizio di motivazione in ordine alla condivisione del parere espresso dal CTU;

Che secondo il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità una volta che il giudice di merito abbia optato per l’adesione a una delle conclusioni medico-legali, le stesse conclusioni della consulenza d’ufficio, disposta dal giudice e da questi fatta propria come premessa (tecnica) del giudizio, non possono utilmente essere contestate in sede di ricorso per Cassazione mediante la pura e semplice contrapposizione ad esse di diverse valutazioni (anche se espresse dal consulente d’ufficio di primo grado, in caso di adesione del giudice alla consulenza espletata in grado di appello; ovvero se formulate con richiamo a una consulenza di parte poichè tali contestazioni si rivelano dirette non già ad un riscontro della correttezza del giudizio formulato dal giudice di appello, bensì ad una diversa valutazione delle risultanze processuali;

Che in ogni caso la contestazione dì una decisione basata sul riferimento ad una delle consulenze tecniche acquisite – sorretta da una analitica disamina – non può essere adeguatamente censurata, in sede di legittimità, se le relative censure non contengono la denuncia di una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico-legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociali, atteso che, in mancanza di detti elementi, le censure configurano un mero dissenso diagnostico e, quindi, sono inammissibili in sede di legittimità (ex multis: Cass. n. 15796/2004;

Che corollario di tale principio è l’affermazione secondo cui qualora il giudice aderisca al parere del consulente la motivazione della sentenza è sufficiente – ed è escluso quindi il vizio deducibile in cassazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) – pur se tale adesione non sia specificamente giustificata, ove il parere- tecnico fornisca gli elementi che consentano, su un piano positivo, di delineare il percorso logico seguito e, sul piano negativo, di escludere la rilevanza di elementi di segno contrario, siano essi esposti in una prima difforme relazione, nella relazione di parte o aliunde deducibili (tra molte, Cass. n. 19256/2003, n. 3747/2002);

Che nella specie a fronte di una sentenza adeguatamente motivata le critiche svolte dal ricorrente si sostanziano in un mero dissenso diagnostico;

Che è indirizzo consolidato di questa Corte quello per cui il giudice d’appello non ha l’obbligo di rinnovare la consulenza tecnica e, se ritenga di condividere le conclusioni del CTU già nominato, non è neppure necessaria una esplicita motivazione in ordine alle ragioni del mancato rinnovo della consulenza, potendo quest’ultima essere ritenuta superflua anche per implicito (tra le molte, Cass. n. 2164/2002, n. 7013/2004);

Che, pertanto, il ricorso è manifestamente infondato;

Che conseguentemente con sentenza pronunciata, ex art. 375 c.p.c., comma 2, in Camera di consiglio il ricorso va rigettato;

Che nulla deve disporsi per le spese del giudizio di legittimità ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ., non trovando applicazione ratione temporis il disposto del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito in L. 24 novembre 2003 n. 326.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

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