Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7670 del 18/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 18/03/2021, (ud. 08/02/2021, dep. 18/03/2021), n.7670

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Anna Piera – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. MANCINI Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4221/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12

– ricorrente –

contro

B.C. (C.F.);

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Emilia Romagna, n. 2055/01/17, depositata il 23 giugno 2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’8 febbraio

2021 dal Consigliere Relatore D’Aquino Filippo.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

A seguito di una verifica fiscale nei confronti di terze società, venivano recuperate in danno della società Trademilia SRL, in relazione al periodo di imposta dell’esercizio 2004, maggiori IRES, IRAP e IVA con metodo induttivo a termini del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 2. L’accertamento aveva ad oggetto un maggior reddito quale provento da attività illecite, sul presupposto che la società contribuente avesse fatto da cartiera, quale tramite di acquisti e cessioni fittizie di prodotti alimentari, emettendo pertanto fatture per operazioni inesistenti. Stante la estinzione della società accertata per avvenuta cancellazione della stessa dal Registro delle Imprese in data 16 agosto 2005, l’avviso veniva notificato ai soci della suddetta società cancellata, tra i quali B.C.. Il contribuente ha eccepito la nullità della notifica, formulando ulteriori contestazioni, anche preliminari, di merito.

La CTP di Bologna ha accolto il ricorso e la CTR dell’Emilia Romagna, con sentenza in data 23 giugno 2017, ha rigettato l’appello dell’Ufficio e confermato la sentenza di primo grado, sul presupposto che l’atto impositivo fosse stato notificato al legale rappresentante della società contribuente cancellata (indicato come B.C.) e non al socio della stessa.

Propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a due motivi; l’intimato non si è costituito in giudizio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1 – Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per travisamento della prova e conseguente violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che l’atto impugnato sia stato notificato al legale rappresentante della società contribuente estinta e non al socio della stessa. Deduce il ricorrente come oggetto del ricorso sia (unitamente alle altre questioni indicate nella sentenza impugnata) l’avvenuta notificazione dell’atto impositivo ai soci della società cancellata.

Deduce il patrono erariale che l’atto impositivo sia stato notificato al socio Business Solution SRL, società che deteneva una partecipazione del 10% nella società Trademilia SRL, cancellata dal registro delle imprese, il cui legale rappresentante era il contribuente B.C. (già legale rappresentante di Trademilia SRL). Riproduce il ricorrente, per specificità, l’atto impositivo, dal quale emerge che il B. è stato evocato sia come legale rappresentante della società Trademilia SRL (cancellata e oggetto dell’accertamento), sia come legale rappresentante di Business Solution SRL (socio di Trademilia SRL). Evidenzia il ricorrente, inoltre, come lo stesso contribuente abbia speso, in sede di giudizio di merito, la duplice qualità sia di legale rappresentante della società Trademilia SRL, sia quella di legale rappresentante della società Business Solution SRL, socia di Trademilia SRL. Deduce, pertanto, il ricorrente travisamento della prova documentale relativa ai destinatari delle notifiche dell’avviso impugnato.

1.2 – Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e per ultrapetizione. Deduce l’Ufficio ricorrente che il contribuente aveva chiesto, in sede di il ricorso introduttivo (che viene trascritto in parte qua), di dichiarare la nullità della notifica dell’accertamento nei suoi confronti quale legale rappresentante della società accertata (estinta), non contestando che la notificazione fosse avvenuta anche nei suoi confronti quale legale rappresentante della società Business Solution SRL, di cui predicava l’estraneità ai fatti di causa. Deduce, pertanto, l’Ufficio ricorrente che parte contribuente non avrebbe contestato la legittimità dell’atto impositivo, bensì la sua inefficacia. Deduce, pertanto, il ricorrente che la CTP avrebbe erroneamente accolto il ricorso sul presupposto della notificazione al B. quale legale rappresentante della società accertata e deduce di avere proposto in appello (anch’esso riprodotto nel motivo di ricorso) la questi e della violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo il giudice di primo grado accolto una domanda diversa da quella proposta dal contribuente.

2 – Il primo motivo è fondato.

2.1 – Secondo una costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui ricorre il travisamento della prova – che non impinge in una valutazione dei fatti – nel caso in cui si accerti che un’informazione probatoria, utilizzata dal giudice ai fini della decisione, è contraddetta da uno specifico atto processuale, così che, a differenza del travisamento del fatto, può essere fatto valere mediante ricorso per cassazione, ove incida su un punto decisivo della controversia (Cass., Sez. III, 21 gennaio 2020, n. 1163), come nel caso in cui l’informazione probatoria sia stata acquisita e non valutata (Cass., Sez. I, 14 febbraio 2020, n. 3796; Cass., Sez. I, 25 maggio 2015, n. 10749). La fattispecie ricorre laddove venga accertato che una informazione probatoria, utilizzata dal giudice, è contraddetta da uno specifico atto processuale incidente su un punto decisivo della controversia (Cass., Sez. I, 14 febbraio 2020, n. 3796; Cass., Sez. III, 21 gennaio 2020, n. 1163; Cass., Sez. I, 25 maggio 2015, n. 10749).

Si tratta di fattispecie affatto differente dall’errore di valutazione in cui potrebbe incorrere il giudice del merito – il quale investe l’apprezzamento della fonte di prova come dimostrativa, o meno, del fatto che si intende provare, non censurabile in sede di legittimità che impinge nell’errore di percezione, da parte del giudice del merito, sulla ricognizione del contenuto oggettivo di un documento, qualora investa una circostanza che ha formato oggetto di discussione tra le parti. Tale errore è sindacabile in sede di legittimità a termini dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per violazione dell’art. 115 c.p.c., essendo fatto divieto di fondare la decisione su prove reputate dal giudice esistenti, ma in realtà mai offerte (Cass., Sez. Lav., 24 ottobre 2018, n. 27033) o, comunque, in contrasto con quanto risulti dagli atti del processo, in quanto frutto di una falsa percezione della realtà o in una svista materiale che abbia portato ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto decisivo incontestabilmente escluso, oppure l’inesistenza di un fatto positivamente accertato dagli atti o documenti di causa. Diversamente, ove l’errore riguardi un fatto “non controverso”, è esperibile il rimedio della revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, (Cass., Sez. Lav., 3 novembre 2020, n. 24395; Cass. Sez. III, 12 aprile 2017, n. 9356). Come è stato efficacemente osservato, “l’errore di percezione è quello che cade sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, ovvero sul demonstratum e non sul demonstrandum (…) altro è ricostruire il valore probatorio di un fatto od atto (attività di valutazione), altro è individuarne il contenuto oggettivo (attività di percezione)” (Cass., n. 9356/2017, cit.; conf. Cass., Sez. VI, 26 novembre 2020, n. 27039).

2.2 – Nella specie, risulta dalla trascrizione dell’atto impositivo in ossequio al principio di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 – che l’atto è stato indirizzato al socio della società contribuente, cancellata dal registro delle imprese e non (solo) al legale rappresentante della stessa, benchè entrambe le persone giuridiche fossero rappresentate dalla medesima persona fisica (il cui nominativo è, peraltro, erroneamente riportato nella sentenza impugnata). E’, pertanto, evidente l’errore di percezione in cui è caduto il giudice di appello (che non ha verificato che il B. era stato evocato anche nella spiegata qualità di legale rappresentante del socio della società cancellata accertata), nell’avere ritenuto la notificazione eseguita nei confronti della società oggetto di accertamento e cancellata e non anche nei confronti del proprio socio, costituito da altra società di capitali indicata nell’avviso impugnato.

La sentenza va, pertanto, cassata con rinvio alla CTR a quo per l’esame delle ulteriori questioni rimaste assorbite, oltre che per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

E’ assorbito, pertanto, l’esame del secondo motivo.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo motivo, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per la regolazione e liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2021

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