Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7667 del 04/04/2011

Cassazione civile sez. VI, 04/04/2011, (ud. 25/02/2011, dep. 04/04/2011), n.7667

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 6920/2010 proposto da:

R.I. (OMISSIS), R.M.

(OMISSIS), R.S. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FONTANELLA BORGHESE 72, presso

lo studio dell’avvocato VOLTAGGIO Paolo, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MOROSIN ALESSIO, giusta mandato a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

P.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1521/2009 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA

dell’8.6.09, depositata il 21/09/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE BUCCIANTE;

udito per i ricorrenti l’Avvocato Voltaggio Antonio (per delega avv.

Voltaggio Paolo) che si riporta agli scritti, insistendo per

l’accoglimento del ricorso.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. CARMELO

SGROI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, è del seguente tenore:

“Con sentenza del 23 agosto 2004 il Tribunale di Venezia, in accoglimento della domanda proposta da Ri.Se. nei confronti di P.A., pronunciò la risoluzione, ai sensi dell’art. 1489 c.c., del contratto preliminare in data 16 dicembre 2000, con cui il convenuto, per sè e per conto e nome delle figlie P.W. e T., si era obbligato a vendere all’attore un terreno in (OMISSIS), poi risultato gravato da una servitù di acquedotto.

Su gravame del soccombente, con sentenza del 21 settembre 2009 la Corte d’appello di Venezia ha dichiarato la nullità del giudizio di primo grado e ha rimesso le parti davanti al Tribunale, in applicazione dell’art. 354 c.p.c., rilevando che parti del contratto erano state anche P.W. e P.T., litisconsorti necessarie pretermesse.

Contro tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, in base a due motivi, R.S., R.I. e R. M., eredi di Ri.Se.. P.A. non ha svolto attività difensive nel giudizio di legittimità.

Con i due motivi addotti a sostegno del ricorso R.S., R.I. e R.M. lamentano che la Corte d’appello erroneamente e ingiustificatamente ha considerato P. W. e P.T. (nude proprietarie del fondo in questione) come parti necessarie, pur se era pacifico che non avevano rilasciato nella debita forma alcuna procura al padre (usufruttuario dell’immobile) e che non avevano ratificato il suo operato, sicchè egli aveva agito come loro falsus procurator.

La censura appare manifestamente infondata, poichè in effetti il contratto di cui si tratta è stato concluso da P.A., oltre che in proprio, anche in nome delle figlie. Stabilire se queste ultime fossero state da lui validamente rappresentante, o se avessero ratificato il negozio, era questione ulteriore rispetto a quella della legittimazione alla causa, da decidere nel contraddittorio tra tutte le parti interessate.

Si ritiene quindi possibile definire il giudizio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5, seconda ipotesi”;

– i ricorrenti hanno presentato una memoria; il loro difensore è comparso in Camera di consiglio, ribadendo la richiesta di accoglimento dell’impugnazione, mentre il Pubblico Ministero ha concluso in conformità con la relazione;

– il collegio concorda con le argomentazioni svolte nella relazione e le fa proprie, rilevando che non sono efficacemente contrastate dalle obiezioni formulate dai ricorrenti, i quali hanno richiamato un precedente non pertinente e hanno insistito sulla tesi dell’assenza del potere di rappresentanza esercitato da P.A. e del difetto di ratifica: questioni che soltanto in sede di rinvio potranno e dovranno essere affrontate e risolte;

– il ricorso va pertanto rigettato;

– non vi è da provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, nel quale l’intimato non ha svolto attività difensive.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2011

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