Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7665 del 04/04/2011

Cassazione civile sez. VI, 04/04/2011, (ud. 10/12/2010, dep. 04/04/2011), n.7665

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 82/2010 proposto da:

D.S.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA MUZIO CLEMENTI 68, presso lo studio dell’avvocato

DOMENICO DE STEFANO DONZELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato

SANTORO Pietro, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.R.M.A., BANCA NAZIONALE DEL LAVORO SPA,

CONDOMINIO DI (OMISSIS);

– intimati –

avverso il provvedimento n. R.G. 5423/04 del TRIBUNALE di MILANO,

depositato il 19/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

10/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

è presente il P.G. in persona del Dott. NICOLA LETTIERI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il 19 novembre 2009 il giudice istruttore del tribunale di Milano ha reso esecutivo, previa correzione relativa a una voce di spesa, “il piano di riparto approvato da tutte le parti”, nell’ambito del giudizio divisionale intrapreso il 21 gennaio 2004 da M.R. M. avverso il coniuge separato D.S.G..

Nel corso del giudizio, avente ad oggetto un appartamento sito in (OMISSIS) nel fabbricato condominiale di (OMISSIS), contumace il D.S. sono intervenuti la Banca Nazionale del Lavoro, titolare di credito ipotecario nei confronti delle parti, e il condominio.

Disposta ed eseguita la vendita; redatto progetto divisionale e fissatane la discussione, il giudice procedente emetteva l’ordinanza di cui sopra e contestualmente ordinava la cancellazione della causa dal ruolo.

Il D.S. ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 4 – 9 e 21 dicembre 2009.

La M. e gli altri soggetti intervenuti nel procedimento sono rimasti intimati.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in Camera di consiglio.

Il ricorso lamenta violazione dell’art. 789 c.p.c., in relazione all’omessa comunicazione al ricorrente dell’avvenuto deposito in cancelleria del progetto di divisione e dell’udienza fissata per la discussione dello stesso. Indica due punti, relativi a liquidazione di somme in favore degli intervenuti, su cui far valere l’illegittimità del provvedimento.

Il Collegio, disattendendo la relazione preliminare, giudica inammissibile il ricorso.

Va esaminata d’ufficio l’ammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost..

La giurisprudenza dominante (Cass. 21064/06; 14575/04, ma v. anche 1074 6/08) per lungo tempo ha ritenuto che in materia di scioglimento delle comunioni, l’ordinanza del giudice istruttore che, ai sensi dell’art. 789 cod. proc. civ., dichiara esecutivo il progetto divisionale, pur definita dalla legge non impugnabile, è ricorribile in cassazione “ex” art. 111 Cost., qualora risulti emanata in presenza di contestazioni e, quindi, in assenza dei presupposti che ne legittimano la pronuncia, assumendo essa, in tal caso, natura decisoria, poichè incide, sia pure in maniera abnorme, sui diritti delle parti, e non essendo previsto della legge processuale alcun mezzo di impugnazione.

Il principio soprariportato è stato di recente sottoposto a critica dalla sentenza n. 4245/2010 di questa Sezione, la quale ha rilevato che per effetto della novità portata dall’art. 50 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, il procedimento di scioglimento della comunione è trattato e deciso dal tribunale in composizione monocratica, non rientrando tra quelli per i quali è prevista riserva di collegialità.

Ne ha desunto che, ove il giudice istruttore provveda con ordinanza sulla vendita, nonostante siano sorte contestazioni al riguardo, il relativo provvedimento è pronunciato da un organo avente in ogni caso potere decisorio e pur non avendo la forma di sentenza di cui all’art. 788 cod. prod. civ., comma 2, ne ha comunque il contenuto, onde lo strumento di impugnazione esperibile avverso di esso è l’appello, e non il ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost.. A cagionare tale rimeditazione è stata la sopravvenuta evoluzione normativa, che ha considerato il venir meno della riserva di collegialità nel procedimento di divisione, ancorchè l’art. 788 c.p.c., comma 2, in tema di vendita di immobili nello scioglimento di comunioni, continui a prevedere che “Se sorge controversia, la vendita non può essere disposta se non con sentenza del collegio”. Il D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado) ha infatti sottratto il procedimento in esame (al contrario del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 48 nel testo sostituito dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 88) alla detta riserva di collegialità. Ne deriva – ha osservato Cass. 4245/10 – che, “essendo il procedimento di scioglimento di comunioni trattato e deciso davanti al tribunale in composizione monocratica, nell’art. 188 cod. proc. civ., non c’è più alcuna divergenza, sotto il profilo della composizione dell’organo decidente, tra la pronuncia del giudice istruttore ove non sia sorta controversia sulla necessità della vendita e quella resa dal giudice monocratico ove siano sorte contestazioni al riguardo: vi siano o meno contestazioni, la vendita (nella specie l’assegnazione), dopo la citata modifica normativa, è disposta comunque dal tribunale in composizione monocratica, rispettivamente con sentenza o con ordinanza. La sottrazione del giudizio di divisione al novero delle controversie riservate al collegio è destinata a far venir meno la qualificazione in termini di provvedimento abnorme per ragioni funzionali dell’ordinanza con cui il giudice istruttore dispone la vendita pur in presenza di contestazioni, essendo sempre il medesimo giudice, sia pure dopo avere messo in moto il meccanismo relativo alla fase decisoria e con provvedimento diverso, a pronunciare al riguardo. Allorchè nel procedimento di divisione il giudice istruttore provvede con ordinanza sulla vendita, pur essendo sorta controversia sul punto, il provvedimento, pronunciato in ogni caso da un organo munito di potere decisorio, diverge dalla sentenza di cui all’art. 188 c.p.c., comma 2 solo per la forma, ma è sentenza nel contenuto sostanziale. Ne deriva che – poichè l’impugnazione del provvedimento, a garanzia del diritto di difesa delle parti, non può dipendere dalla forma che gli ha fatto assumere il giudice, ma solo dal suo contenuto e quindi non può essere sufficiente l’errore di questo nell’individuazione della giusta forma del provvedimento a privare la parte del suo diritto all’impugnazione (principio della ed. prevalenza della sostanza sulla forma) – detta ordinanza è impugnabile con i rimedi ordinar, e quindi è, non ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost., ma appellabile”. Per tal via la Corte ha uniformato il trattamento dell’impugnazione dell’ordinanza irritualmente emessa nel procedimento di divisione alle stesse conclusioni cui era da tempo pervenuta la giurisprudenza in tema di ordinanza di convalida di licenza o di sfratto, di cui all’art. 663 cod. proc. civ., emessa fuori dai presupposti previsti dalla legge (da ultimo, Cass., 23 gennaio 2006, n. 1222).

Questo collegio condivide le argomentazioni svolte da Cass. 4245/10 (riprese nel 2010 da Cass. 22663 e Cass. 23840), che risultano applicabili nella specie, relativa a controversia iniziata nel 2004 e definita nel 2009 dall’ordinanza impugnata, con la conseguenza che la normativa del 98, che stabiliva la competenza monocratica, regolava la controversia.

Il ricorso straordinario per cassazione proposto dal D.S. lamentando la insussistenza delle condizioni per far luogo all’ordinanza di assegnazione va, pertanto, dichiarato inammissibile.

Non v’è luogo per la pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di attività difensiva degli intimati.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 10 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2011

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