Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 766 del 14/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 14/01/2011, (ud. 23/06/2010, dep. 14/01/2011), n.766

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CAPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale

dello Stato, nei cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi, 12, è

domiciliata;

– ricorrente –

contro

AZIENDA AGRICOLA NUOVA AGRICOLTRA Srl in liquidazione elettivamente

domiciliata in Roma, Via Monte Parioli, n. 48, nello studio dell’Avv.

Prof. MARINI Giuseppe, che la rappresenta e difende, unitamente

all’Avv. Carlo Amato, giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del

Veneto, n. 21/2004, depositata in data 14. 12.2004;

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza in data

23 settembre 2010 dal Cons. Dott. Pietro Campanile;

Udito l’Avv. Gen. dello Stato M. Letizia Guida;

Udito il difensore della controricorrente, Avv. Giuseppe Marini;

Udito il P.M., nella persona del Sost. Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del primo e del

secondo motivo del ricorso.

Fatto

1 – la Commissione tributaria provinciale di Treviso, pronunciando sull’opposizione proposta dalla S.r.l. Azienda Agricola Nuova Agricoltura, nonchè dei soci P. e B.M. avverso le cartelle relative al ruolo straordinario concernente la riscossione provvisoria delle maggiori imposte derivanti dagli avvisi di accertamento per l’anno 1994, riduceva a un terzo gli importi indicati nelle cartelle, rilevando, nel resto, un vizio del procedimento per la riscossione provvisoria, consistente nel difetto di autorizzazione dell’Intendente di Finanza.

1.1 – La Commissione tributaria regionale del Veneto, con la decisione indicata in epigrafe, pronunciava sull’appello proposto in via principale dall’Ufficio e sull’impugnazione incidentale della contribuente nei seguenti termini:

a) Rilevava il difetto di legittimazione della società concessionaria Uniriscossioni S.p.a. e sospendeva il giudizio nei confronti di B.P. e M., per aver costoro presentato istanze di definizione della lite ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16 (posizioni che risultano definite e che, quindi, esulano dal presente giudizio);

b) Affermava l’ammissibilità dell’appello incidentale, ancorchè proposto dalla società tardivamente;

c) Stigmatizzava l’errore in cui erano incorsi i giudici di primo grado, nel ritenere necessaria l’autorizzazione per l’emissione del ruolo straordinario anche dopo l’emanazione del D.Lgs. n. 46 del 1999;

d) Affermava l’insussistenza dei presupposti per il ruolo straordinario e, conseguentemente, in accoglimento del ricorso originario, annullava lo stesso e la carrella impugnata.

1.2 Per la cassazione di detta decisione ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate, deducendo tre motivi.

Resiste con controricorso la società.

Diritto

2 – In via preliminare va rilevato che la deduzione della controricorrente, secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile per aver l’Agenzia provveduto allo “sgravio” del ruolo dopo la decisione di secondo grado, oltre ad essere priva di qualsiasi supporto documentale, pur consentito dall’art. 372 c.p.c., è in ogni caso priva di pregio. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, l’acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329 c.p.c. (e configurabile solo anteriormente alla proposizione del gravame, giacchè successivamente allo stesso è possibile solo una rinunzia espressa all’impugnazione da compiersi nella forma prescritta dalla legge), consiste nell’accettazione della sentenza, ovverosia nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non impugnare, la quale può avvenire sia in forma espressa che tacita: in quest’ultimo caso, l’acquiescenza può ritenersi sussistente soltanto quando l’interessato abbia posto in essere atti da quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronunzia, e cioè gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione. Ne consegue che la spontanea esecuzione della pronunzia esecutiva favorevole al contribuente da parte della P.A., anche quando la riserva d’impugnazione non venga al medesimo da quest’ultima resa nota, non comporta acquiescenza alla sentenza preclusiva dell’impugnazione ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 329 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49, trattandosi di un comportamento che può risultare fondato anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione (v.

Cass., 20/8/2004, n. 16460; Cass., 2/3/2006, n. 4650; Cass., 6/12/2006, n. 26156; Cass., 27 maggio 2009, n. 12384).

2.1 – Ragioni di ordine logico e giuridico consigliano di esaminare preliminarmente il secondo motivo di ricorso, con il quale si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la decisione impugnata, a fronte dell’accertato deposito oltre il termine previsto da detta norma (che rinvia al precedente art. 23 del citato D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), sostenuto che “la tardività del deposito dell’appello incidentale non trova alcuna espressa sanzione nelle norme sul procedimento tributario e non ha pertanto rilevanza processuale, stante la regola generale della tassatività delle cause di nullità dettata dall’art. 156 c.p.c.”.

Il motivo è fondato, dovendosi applicare il principio, già affermato da questa Corte (Cass., 23 luglio 2007, n. 16285; Cass., 19 maggio 2006, n. 11809), ed al quale il Collegio intende dare continuità, secondo cui nel processo tributario l’appello incidentale deve essere proposto a pena d’inammissibilità entro 60 giorni dalla notificazione del gravame, e l’intempestività di esso è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo.

2.2 – La rilevata inammissibilità dell’appello incidentale della contribuente consente di delimitare il thema decidendum e, quindi, di verificare che l’esame delle questioni affrontate dalla Commissione tributaria regionale, diverse da quella, di cui si dirà, dedotta con l’impugnazione principale, ha comportato, come correttamente sostenuto dall’Agenzia delle Entrate con il terzo motivo di gravame, violazione del principio contenuto nell’art. 112 c.p.c..

Ben vero, avendo la decisione di primo grado rigettato le censure relative al difetto di motivazione della cartella esattoriale, in ordine a tale statuizione, dotata di una propria autonomia e quindi suscettibile di autonoma impugnazione in via incidentale (nella specie, per le ragioni indicate, non validamente proposta), si era formato il giudicato interno, preclusivo (Cass. Sez. Un., 23 dicembre 2008, n. 30057) di un nuovo intervento giudiziale.

Del pari precluso era l’esame della questione inerente al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, comma 1, non prospettato dalla parte e, di certo non rilevatale d’ufficio.

2.3 – In virtù delle superiori considerazioni, appare evidente la fondatezza del primo motivo di ricorso, con il quale si denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

La Commissione tributaria regionale, tenuto conto della evidenziata delimitazione del thema decidendum, ha errate nel riconoscere la fondatezza dell’unica censura proposta con l’appello principale (insussistenza della necessità dell’autorizzazione all’emissione del ruolo straordinario) e nel rigettare, al contempo, la medesima impugnazione, sulla base di argomentazioni che, come evidenziato, erano precluse.

2.4 – La sentenza impugnata deve essere quindi cassata, ricorrendo i presupposti, non essendo necessari ulteriori accertamenti, per la decisione nel merito, nel senso del rigetto de ricorso introduttivo.

Ricorrono giusti motivi, avuto riguardo alla complessità dell’intera vicenda processuale, per la compensazione integrale delle spese processuali relative all’intero giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo.

Compensa le spese processuali dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, il 23 settembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2011

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