Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7659 del 02/04/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/04/2020, (ud. 26/06/2019, dep. 02/04/2020), n.7659

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9808/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

P. & C. SPA, rappresentata e difesa dall’avv. Libranti

Andrea, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Alessi

Gaetano, in Roma, via Monte Zebio n. 28;

– controricorrente, ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia, sezione staccata di Catania, sezione n. 34, n. 217/34/14,

pronunciata l’11/12/2013, depositata il 22/01/2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 giugno

2019 dal Consigliere Guida Riccardo.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. L’Agenzia delle entrate ricorre, per due motivi, nei confronti della P. & C. Spa, che resiste con controricorso, contenente ricorso incidentale condizionato, affidato ad un motivo, supportato da una memoria ex art. 380-bis.1. c.p.c., avverso la sentenza della CTR della Sicilia, in epigrafe, che, disattendendo l’appello dell’ufficio, nel contraddittorio della contribuente, ha confermato la sentenza della CTP di Catania n. 333/1/12, che aveva accolto il ricorso di quest’ultima – avente sede legale in Catania, ossia in un comune della Sicilia orientale colpiti dal terremoto del 13-16 dicembre 1990 – avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria alla sua istanza di rimborso dei tributi versati, per gli anni d’imposta 1990, 1991, 1992, secondo la previsione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17;

2. la CTR ha ritenuto che, come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 1/10/2007, n. 20641), secondo un’interpretazione conforme a Costituzione dell’art. 9, comma 17, cit., il rimborso del 90% delle imposte integri un’agevolazione fiscale spettante ai residenti nei comuni siciliani colpiti dal sisma (compreso quello di Catania) che, al tempo dell’entrata in vigore della norma agevolativa, avessero già pagato le imposte;

inoltre, disattendendo l’eccezione di decadenza della domanda di rimborso sollevata dall’Amministrazione finanziaria, ha affermato che il termine biennale (D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 21) per chiedere il rimborso del 90% delle imposte versate, decorre dalla data in cui si è verificato il presupposto della restituzione, coincidente con l’entrata in vigore della L. n. 31 del 2008 (l’ultimo intervento normativo che ha prorogato tale dies a quo), ossia dal 31/03/2008, sicchè l’istanza della contribuente, presentata il 26/02/2009, deve considerarsi tempestiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo del ricorso principale, denunciando violazione e/o falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, comma 2, secondo periodo, del D.L. n. 248 del 2007, art. 36-bis, aggiunto dalla legge di conversione L. n. 31 del 2008, art. 2033 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e “ove occorrer possa” n. 4, l’Agenzia delle entrate censura la CTR per non avere considerato che l’istanza di rimborso era tardiva, perchè presentata in data 26/02/2009, oltre il termine di decadenza di due anni, ex art. 21, comma 2, cit., originariamente decorrente dall’entrata in vigore del detto art. 9, comma 17, (ossia dal 1/01/2003), a nulla valendo il fatto che la norma agevolativa fosse stata successivamente riproposta, quando ormai la società aveva definitivamente “consumato” il proprio diritto;

ha inoltre chiesto la sospensione del processo in quanto la Commissione Europea, con decisione (2012/C) n. 7128 del 17/10/2012, ha avviato la procedura formale di indagine, ai sensi dell’art. 108 TFUE, par. 2, ipotizzando che la riduzione delle imposte a favore dei contribuenti colpiti da eventi sismici ed altre misure analoghe si configurino come aiuti di Stato, incompatibili con i principi comunitari;

2. con il secondo motivo, denunciando nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere fatto erronea applicazione dei principi processuali in tema di acquisizione e di valutazione delle prove;

3. il primo motivo è fondato, con conseguente assorbimento del secondo;

3.1. questa Corte, anche di recente (Cass. 25/01/2019, n. 2208; conf.: Cass. 14/03/2019, n. 7261 riguardante le agevolazioni fiscali a favore dei soggetti colpiti dagli eventi alluvionali verificatisi nel nord Italia del novembre 1994), ha affermato che la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665 (Legge di stabilità 2015, vigente dal 1 gennaio 2015) ha stabilito che: “I soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’art. 3 dell’ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile 21 dicembre 1990, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, che hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modificazioni, hanno diritto, con esclusione di quelli che svolgono attività d’impresa, per i quali l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea, al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21, comma 2, e successive modificazioni. Il termine di due anni per la presentazione della suddetta istanza è calcolato a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 (…)”;

tale disposizione, emanata dopo che presso questa Corte si era formato un orientamento favorevole all’estensione del beneficio a favore anche di coloro che avevano già pagato le imposte dovute (Cass. n. 20641/2007; n. 11133/2010; n. 11247/2010; n. 9577/2012), costituisce norma di interpretazione autentica, sicchè i soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, i quali hanno versato imposte per il triennio 1990-1992 per un importo superiore al 10 per cento, previsto dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, hanno diritto al rimborso di quanto indebitamente versato, a condizione che abbiano presentato l’istanza di rimborso entro il termine di due anni decorrente dalla data di entrata in vigore della L. n. 31 del 2008 di conversione del D.L. n. 248 (Cass. 22/07/2016, n. 15252);

nella specie, la società ha tempestivamente depositato la propria istanza di rimborso in data 26/02/2009, tenuto conto della natura biennale di detto termine e della sua decorrenza (dal 1/03/2008) siccome individuati dalla normativa di interpretazione autentica;

3.2. la disposizione normativa sopra rammentata, però, oltre ad indicare il termine di decorrenza dell’istanza di rimborso, aggiunge che: “(…) l’applicazione dell’agevolazione è sospesa nelle more della verifica della compatibilità del beneficio con l’ordinamento dell’Unione Europea (…)” per quei contribuenti: “che svolgono attività d’impresa”;

nella fattispecie, la contribuente, quale società di capitali, rientra senz’altro in tale categoria di enti, ragione per cui si deve applicare la decisione n. C(2015) 5549 final, del 14/08/2015, della Commissione Europea, secondo cui, per quanto adesso rileva, le misure di aiuto di Stato in oggetto (L. 27 dicembre 2012, n. 289, art. 9, comma 17, e successive modifiche e integrazioni) e tutti gli atti esecutivi pertinenti, ivi previsti che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), sono incompatibili con il mercato interno;

la Commissione UE ha ritenuto che l’Italia avesse attuato illegittimamente le misure di aiuto in violazione dell’art. 108 TFUE, paragrafo 3, e poichè per le misure in questione non era possibile individuare alcun motivo di compatibilità, le stesse risultavano incompatibili con il mercato interno;

si è fatto, dunque, espresso divieto di concedere aiuti alle imprese interessate dagli eventi calamitosi;

l’organo comunitario ha precisato che il regime va considerato compatibile con il mercato interno, ai sensi dell’art. 107 TFUE, paragrafo 2, lett. b), a condizione che possa essere stabilito un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame, oppure nei casi in cui il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (paragrafi 136 e 157);

in altri termini, è fatta salva l’ipotesi che si tratti di un “aiuto individuale” che “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento (CE) n. 1407/2013 o dal regolamento (CE) n. 717/2014”, ovvero dai regolamenti che prevedono gli aiuti c.d. de minimis (p. 2 dec. cit.), o che, “al momento della sua concessione, soddisfa le condizioni previste dal regolamento adottato in applicazione dell’art. 1 del regolamento (CE) n. 994/98” (sull’applicazione degli artt. 92 e 93 – ora 87 e 88 – del Trattato a determinate categorie di aiuti di Stato orizzontali), “o da ogni altro regime di aiuti approvato”, ma “fino a concorrenza dell’intensità massima prevista per questo tipo di aiuti” (p. 3 dec. cit.);

secondo la Commissione UE “una decisione negativa in merito ad un regime di aiuti non pregiudica la possibilità che determinati vantaggi concessi nel quadro dello stesso regime non costituiscano di per sè aiuti di Stato o configurino, interamente o in parte, aiuti compatibili con il mercato interno (ad esempio perchè il beneficio individuale è concesso a soggetti che non svolgono un’attività economica e che pertanto non vanno considerati come ìmprese oppure perchè il beneficio individuale è in linea (con) il regolamento de minimis applicabile oppure perchè il beneficio individuale è concesso in conformità di un regime di aiuto approvato o un regolamento di esecuzione)” (p. 134 dec. cit.);

3.3. tali principi di diritto sono stati recepiti dalla giurisprudenza di legittimità che, con recenti decisioni (Cass. 25/01/2019, n. 2208; in senso conforme: Cass. 24/07/2018, n. 19577), ha espressamente stabilito che: “In tema di agevolazioni tributarie in favore di vittime di calamità naturali, la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, (recante benefici fiscali in favore delle vittime del sisma del 13 e 16 dicembre 1990 in Sicilia) non è applicabile ai contribuenti che svolgono attività d’impresa, costituendo un aiuto di stato illegittimo, ai sensi dell’art. 108 TFUE, par. 3, come stabilito dalla decisione della Commissione (UE) 2015/5549 del 14 agosto 2015, la quale ha pure precisato che, per quanto riguarda gli aiuti individuali già concessi prima della data di avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione, il regime va considerato compatibile con il mercato interno se, in virtù della deroga prevista dall’art. 107 TFUE, par. 2, lett. b), può essere stabilito un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dall’impresa in seguito alla calamità naturale e l’aiuto di Stato concesso, dovendosi evitare i casi di sovracompensazione rispetto ai danni subiti, dovuta al cumulo di aiuti, oppure se i benefici risultino in linea con il regolamento “de minimis” applicabile.”;

3.4. la CTR, quindi, alla quale la causa va rinviata, dovrà accertare che il beneficio individuale sia in linea con il regolamento de minimis applicabile (p.p. 2 e 3 della citata decisione), “tenendo conto, in specie, che la regola de minimis, stabilendo una soglia di aiuto al di sotto della quale l’art. 92 TFUE, n. 1, può considerarsi inapplicabile, costituisce un’eccezione alla generale disciplina relativa agli aiuti di Stato, per modo che, quando la soglia dell’irrilevanza dovesse essere superata, il beneficio dovrà essere negato nella sua interezza” (cfr. Cass. n. 22377/2017, che richiama Cass. 20/05/2011, n. 11228) e, in difetto, valutare la sussistenza delle condizioni che, secondo la decisione della Commissione UE del 14/08/2015, C(2015) 5549 final, fanno ritenere comunque compatibile gli aiuti in esame con il mercato interno, ai sensi dell’art. 107 TFUE, p. 2, lett. b), ovvero che si tratti di “aiuti destinati a compensare i danni causati da una calamità naturale” (p. 150, lett. b), sempre che sussista “un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame” (p. 136), che presuppone necessariamente (ma non unicamente) che il beneficiario abbia sede operativa nell’area colpita dalla calamità naturale al momento dell’evento, e che sia evitata una sovracompensazione rispetto ai danni subiti dalla impresa, scorporando dal danno accertato l’importo compensato da altre fonti (assicurative o altre misure di aiuto: cfr. p. 148 della decisione della Commissione);

3.5. nel rispetto del principio de minimis, inoltre, non basta che l’importo chiesto in rimborso ed oggetto del singolo procedimento sia inferiore alla soglia fissata del diritto dell’UE, dovendo invece la relativa prova riguardare l’ammontare massimo totale dell’aiuto rientrante nella categoria de minimis su un periodo di tre anni a decorrere dal momento del primo aiuto, comprendendovi qualsiasi aiuto pubblico accordato, anche quale aiuto de minimis (Cass. 9/06/2017, n. 14465);

premesso, a tale proposito, che la prova delle suddette circostanze è a carico del soggetto che invoca il beneficio, in sintonia con quanto affermato da Cass. n. 22377/2017, cit., si deve ricordare anche il principio, al quale dovrà attenersi la Commissione regionale, secondo cui, “posto che l’invocazione dello ius superveniens” (alla cui stregua va ricondotta la decisione della Commissione UE) “e il giudizio positivo sulla idoneità della nuova disciplina giuridica ad incidere sulla decisione della lite costituiscono fattori sufficienti e determinanti per la cassazione della sentenza, dev’essere consentita, in sede di rinvio, l’esibizione di quei documenti prima non ottenibili ovvero l’accertamento di quei fatti che in base alla precedente disciplina non erano indispensabili, ma che costituiscono il presupposto per l’applicazione della nuova regola giuridica” (cfr., in tal senso, già Cass. 26/05/1998, n. 5224);

giova ancora evidenziare che, benchè la Commissione UE abbia espressamente previsto un’eccezione all’obbligo di recupero degli aiuti già erogati, ove sia giustificata dalla scadenza del termine decennale di conservazione dei documenti contabili (p. 150 dec. cit.), tale eccezione va interpretata in maniera restrittiva;

non è, infatti, possibile autorizzare, per analogia, successivamente all’adozione della decisione impugnata, l’erogazione automatica degli aiuti dichiarati incompatibili, senza privare di efficacia pratica detta decisione e l’intero sistema di controllo degli aiuti di Stato (Trib. UE, 26/01/2018, Centro Clinico e Diagnostico G.B. Morgagni, p.p. 96-97 e 98-104);

resta in disparte ogni eventuale futura evoluzione nella disciplina Eurounitaria, che dovrà essere verificata sempre in sede di giudizio di rinvio (Cass. 19/01/2018, n. 1325, 3070/2018);

4. con l’unico motivo del ricorso incidentale condizionato, denunciando la nullità della sentenza d’appello per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 22,51 e 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, perchè il giudice d’appello non avrebbe rilevato che l’Agenzia, che aveva notificato l’atto d’appello a mezzo del servizio postale, non aveva depositato in segreteria, nel termine di trenta giorni prescritto dalla legge, la fotocopia della ricevuta di spedizione, sicchè, a causa di tale omissione, la CTR non era posta nella condizione di verificare ex officio la tempestività del gravame;

4.1. il motivo è infondato;

ed invero: “Nel processo tributario, non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso (o dell’appello), che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente (o l’appellante), al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purchè nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario. Solo in tal caso, infatti, l’avviso di ricevimento è idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione; invece, in loro mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso (o dell’appello), unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto (o della sentenza).”. (Cass. sez. un. 29/05/2017, n. 13452);

nel caso in esame, una volta stabilito che il deposito in segreteria della ricevuta di spedizione non costituisce, di per sè, motivo d’inammissibilità dell’appello, si appalesa altresì insussistente la prospettata, ipotetica tardività della notifica dell’appello, oltre il termine perentorio di sessanta giorni dalla notifica della sentenza di primo grado (30/05/2012), in virtù della “prova di resistenza” data dalla (non contestata) ricezione del piego postale contenente l’atto d’appello, da parte della societaria destinataria, in data 30/07/2012, ossia entro il termine di decadenza di sessanta giorni per l’impugnazione della sentenza di primo grado, giacchè la scadenza del sessantesimo giorno (29/07/2012), coincidendo con una domenica, ai sensi dell’art. 155 c.p.c., comma 4, era prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo (30/07/2012);

5. in definitiva, accolto il primo motivo del ricorso principale, dichiarato assorbito il secondo motivo, rigettato il ricorso incidentale condizionato, la sentenza impugnata è cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, alla quale è demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbito il secondo motivo, rigetta il ricorso incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2020

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