Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7658 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 30/03/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 30/03/2010), n.7658

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAVAGNANI Erminio – Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

N.M., selettivamente domiciliato in Roma, Piazzale Don

Minzioni 9, presso lo studio dell’Avv. AFELTRA Roberto, che lo

rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente, con l’Avv. Zezza

Luigi del foro di Milano per procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.p.A., in persona dell’Avv. S.A.,

responsabile della Direzione Affari Legali, giusta procura per atto

notaio Ambrosone di Roma rep. n. 36583 del 15.06.2005, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Po n. 25/b presso lo studio dell’Avv. Pessi

Roberto, che la rappresenta e difende, congiuntamente e

disgiuntamente, con l’Avv. Salvatore Trifiro’ per procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 773/05 della Corte di Appello di

Venezia del 28.06.2005/10.05.2006 (R.G. n. 644 dell’anno 2004);

Udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

27.01.2010 dal Cons. Dott. DE RENZIS Alessandro;

udito l’Avv. G. Gentile, per delega dell’Avv. Roberto Pessi, per la

controricorrente;

sentito il P.M., in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. VELARDI

Maurizio, che ha concluso per l’inammissibilita’ e, in subordine, per

il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Verona con sentenza n. 226 del 2004, rigettava la domanda proposta da N.M. di accertamento dell’illegittimita’ del licenziamento, intimatogli dalle Poste Italiane con lettera del 18.12.2002 e motivato sul superamento del periodo di comporto, con richiesta di reintegra nel posto di lavoro e di risarcimento dei danni.

Il provvedimento delle Poste Italiane era stato adottato dopo un periodo di assenza per malattia per complessivo giorni 366 (dal (OMISSIS)) e dopo un successivo periodo di un anno di aspettativa non retribuita ex art. 40 CCNL (dal 29.11.2001 al 28.11.2002) e senza che il lavoratore si fosse ripresentato in servizio fino al 18.12.2002.

Tale decisione, appellata dal N., e’ stata confermata dalla Corte di Appello di Venezia con sentenza n. 773 del 2005, che ha ritenuto, previo esame della documentazione acquisita, la legittimita’ del licenziamento per superamento del periodo del comporto alla luce della disciplina legale e contrattuale. Il N. ricorre per Cassazione con cinque motivi.

Le Poste Italiane resistono con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato rispettiva memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso il N. lamenta violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 2 e degli artt. 1175 e 1375 c.c., nonche’ vizio di motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5). In particolare il ricorrente osserva che con lettera del 22.01.2003 aveva chiesto di conoscere la motivazione del licenziamento ed il prospetto analitico del conteggio del periodo del comporto, ma tale documento non era stato considerato dal giudice di appello. Il motivo e’ infondato, in quanto la sentenza impugnata (pag. 5) ha escluso che la richiesta sia stata effettuata, sicche’, trattandosi di quaestio facti, non e’ suscettibile di riesame da parte del giudice di legittimita’.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 40 del CCNL, degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1367 c.c. e comunque vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) Il N. sostiene che la richiamata norma collettiva vieterebbe al datore di lavoro di respingere la domanda di aspettativa prima della fine del periodo di comporto e poi di procedere al licenziamento, una volta terminato tale periodo. La censura e’ inammissibile per difetto di interesse, in quanto il ricorrente e’ stato licenziato per superamento del periodo di comporto, e per non avere ripreso servizio una volta scaduta l’aspettativa: l’aspettativa era scaduta infatti il 28 novembre 2002 e il licenziamento era stato intimato il 18 dicembre 2002 senza che il lavoratore riprendesse servizio.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. e comunque vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

Il N. afferma che il giudice di appello non ha dato rilievo al comportamento concludente della datrice di lavoro, che aveva consentito al dipendente di rimanere in servizio in aspettativa non retribuita per un anno e, decorsi quasi due mesi dalla scadenza della medesima, lo aveva licenziato invocando l’avvenuto superamento del comporto. Lo stesso ricorrente contesta inoltre l’impugnata sentenza per avere ritenuto giustificato il diniego delle ferie da parte della societa’.

Il motivo e’ infondato.

Con riguardo al primo profilo, relativo alla tardivita’ del licenziamento, la sentenza impugnata correttamente ha evidenziato che il N. non poteva essere licenziato avendo chiesto l’aspettativa.

Con riguardo all’aspetto delle ferie la stessa sentenza ha ritenuto giustificato il rifiuto della loro concessione per evidenti ragioni di servizio, essendo state chieste dal lavoratore nel periodo natalizio. Tale statuizione non risulta sia stata fatta oggetto di specifico gravame.

4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 40 del CCNL, della L. n. 604 del 1966, art. 8 e dell’art. 2110 c.c. e comunque vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

Il N. deduce che illegittimamente sarebbero stati computati i giorni festivi non compresi nei certificati medici, ma tale assunto e’ infondato, avendo aderito la sentenza impugnata all’orientamento consolidato di questa Corte, secondo cui nel periodo di comporto per malattia vanno computati i giorni non lavorativi e le assenze intermedie del lavoratore tra una malattia e l’altra, dovendosi presumere, in difetto di prova contraria, la continuita’ dell’episodio morboso, onde grava sul lavoratore l’onere della prova contraria a tale presunzione (cfr. Cass. n. 1467 del 1997; Cass. n. 13244 del 1991).

Inammissibile e’ conseguentemente per difetto di interesse il motivo nella parte in cui deduce un’erronea interpretazione dell’art. 40 del CCNL, perche’, se anche l’espressione “dodici mesi” in esso contenuto dovesse interpretarsi come equivalente ad un anno e quindi a 365 giorni anziche’ 360 giorni, come ritenuto dall’impugnata sentenza, in ogni caso le assenze del ricorrente sono risultate superiori a tale periodo (cfr. pagg. 7 e 8 sentenza).

5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2118 e 2110 c.c. e della L. n. 604 del 1966, artt. 2 e 8 nonche’ vizio di motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5) Il ricorrente censura l’impugnata sentenza, per avere ritenuto, nel rigettare il sesto motivo di appello, che il superamento del periodo del comporto previsto dall’art. 2110 c.c. – non costituisca, di per se’ stesso, giusta causa e/o giustificato motivo del licenziamento.

Il motivo e’ infondato, giacche’ la sentenza impugnata ha applicato il principio di diritto, piu’ volte enunciato da questa Corte, secondo cui la fattispecie di recesso del datore di lavoro, per l’ipotesi di assenze determinate da malattia del lavoratore, e’ soggetta alle regole dettate dall’art. 2110 c.c., che prevalgono, per la loro specialita’, sia sulla disciplina generale della risoluzione del contratto per sopravvenuta impossibilita’ parziale della prestazione lavorativa, sia sulla disciplina limitativa dei licenziamenti individuali (ex plurimis Cass. n. 7047 del 2003; Cass. n. 5413 del 2003; Cass. n. 14065 del 1999; Cass. n. 6601 del 1995 ed altre conformi).

6. In conclusione il ricorso e’ destituito do fondamento e va rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna iji ricorrente alle spese, che liquida in Euro 51,00, oltre Euro 2000,00 per onorari ed oltre IVA, CPA e spese generali.

Cosi’ deciso in Roma, il 27 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

 

 

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