Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7658 del 02/04/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7658 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: TRICOMI LAURA

SENTENZA

sul ricorso 26326-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2014
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SPALAZZI SERGIO;
– intimato –

Nonché da:
SPALAZZI SERGIO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA NIZZA 53, presso lo studio dell’avvocato D’ANGELO

Data pubblicazione: 02/04/2014

DONATO, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVINI
RICCARDO giusta delega a margine;
– controricorrente con ricorso incidentale
condizionato contro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controri corrente al ricorso incidentale
condizionato –

avverso la sentenza n. 204/2007 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 12/09/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/01/2014 dal Consigliere Dott. LAURA
TRICOMI;
udito per il ricorrente l’Avvocato BACHETTI che si
riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato D’ANGELO
delega Avvocato SALVINI che si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro

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RITENUTO IN FATTO
1. L’Amministrazione finanziaria emetteva nei confronti di Spala7zi
Sergio — esercente una attività di impresa per il trattamento ed il
rivestimento dei metalli – un avviso di accertamento avente ad oggetto
maggiore IVA ed IRPEF per l’anno di imposta 1996, in applicazione dei

2. L’atto impositivo veniva impugnato dal contribuente dinanzi alla
CTP di Roma che rigettava il ricorso. L’appello proposto dal contribuente
Acti)
dinanzi alla CTR di Roma veniva accolto con la sentenza EU 1/04/07
depositata il 12.09.2007.
2.1. Con tale decisione il giudice di seconde cure annullava l’atto di
accertamento, ritenendo che fosse stato formato con mero riferimento ai
coefficienti presuntivi di reddito di cui al D.P.C.M. 27.03.1997, da ritenersi
presunzioni semplici, senza che l’Ufficio avesse fornito a conforto ulteriori
gravi, precisi e concordanti elementi dallo stesso accertati.
3. Per la cassazione della sentenza n. n.204/05/07 ha proposto ricorso
l’Agenzia delle Entrate affidato a tre motivi. L’intimato ha replicato con
controricorso e ricorso incidentale condizionato, affidato ad un motivo, al
quale la Agenzia delle Entrate ha replicato con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1. Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia la
violazione dell’art.132 cpc e dell’art.36 del DLGS n.546/92 in relazione
all’art.360, comma 1 n.4, cpc e deduce la nullità della sentenza. Si duole la
ricorrente per la carenza strutturale della motivazione della sentenza
impugnata e £1011a mancanza di una esposizione dei fatti di causa, sia pure
sintetica.
1.2. Il motivo è infondato, in quanto va esclusa la sussistenza del
vizio di omessa pronuncia.
1.3. Come più volte ribadito da questa Corte, ad integrare gli estremi
del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa
statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso

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Cons. est. Laura Tricorni

parametri di cui alla L. n.549/1995.

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il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso
concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la
reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito
una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita
di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non
espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-

particolare, si è precisato (Cass. civ., 14 marzo 2006, n. 5444), la differenza
fra l’omessa pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c. e l’omessa motivazione su un
punto decisivo della controversia di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, si coglie nel
senso che, nella prima, l’omesso esame concerne direttamente una domanda
od un’eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d’appello,
uno dei fatti costituitivi della “domanda” di appello), là dove, nel caso
dell’omessa motivazione, l’attività di esame del giudice che si assume
omessa non concerne la domanda o l’eccezione direttamente, bensì una
circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa
decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e,
quindi su uno dei tatti principali della controversia.
1.4. Nel caso in esame il fatto, e cioè l’accertamento compiuto con
metodo sintetico sulla scorta dei coefficienti presuntivi di reddito di cui al
D.P.C.M. 27.03.1997, appare delineato, sia pure in estrema sintesi, e la
sentenza nell’escludere la rilevanza probatoria dei coefficienti presuntivi,
considerati presunzioni semplici, ha seguito in maniera stringata, ma
inequivocabile, un percorso logico incompatibile con gli argomenti
riproposti dall’Amministrazione finanziaria a fondamento del secondo
motivo di ricorso, anche se ha omesso di esplicitarlo, come meglio chiarito
sub 3.3.
2.1. Con il secondo motivo la ricorrente contesta la violazione di legge
sull’art. 3, comma 181, della L. n.549/1995 in combinato disposto con
l’art.2728 cc e l’ art.2697 cc, con riferimento all’art.360, comma 1 n.3, cpc.
Secondo la ricorrente la CTR avrebbe violato tali disposizioni non
riconoscendo il valore di presunzione legale ai parametri presuntivi ex lege

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giuridica della pronuncia (Cass. n. 20311/2011, Cass. n. 3756/2013). In

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n.549/95 — elaborati tenendo conto delle specifiche caratteristiche delle
attività esercitate ai sensi dell’art.3, comma 184, – pretendendo viceversa
altri elementi a sostegno della presunzione già creata dal legislatore.
2.2. Il secondo motivo è fondato e va accolto.
Come affermato dalle Sezioni Unite della Corte (sent. n. 26635/2009)
“La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante

unitario che non si colloca all’interno della procedura di accertamento di cui
all’art. 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma la affianca, essendo
indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui
regolarità, per i contribuenti in contabilità semplificata, non impedisce
l’applicabilità dello “standard”, né costituisce una valida prova contraria,
laddove, per i contribuenti in contabilità ordinaria, l’irregolarità della stessa
costituisce esclusivamente condizione per la legittima attivazione della
procedura standardizzata.” Tale procedura costituisce “un sistema di
presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex
lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli
“standards” in sé considerati – meri strumenti di ricostruzione per
elaborazione statistica della normale redditività – ma nasce solo in esito al
contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità
dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di
provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di
condizioni che giustificano l’esclusione dell’impresa dall’area dei soggetti
cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica realtà dell’attività
economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto di
accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve
essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello
“standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le
contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia,
non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice
tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso
concreto, da dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta

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l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema

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dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate
nella fase del procedimento amministrativo e dispone della più ampia
facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia risposto
all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal
caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in
quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base

costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale invito,
ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta
all’invito”.
Anche di recente questa Corte ha ribadito che “In tema di
accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la
determinazione effettuata con metodo sintetico, sulla base degli indici
previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992,
riguardanti il cosiddetto redditometro, da un lato non pone alcun problema
di retroattività, per i redditi maturati in epoca anteriore, stante la natura
procedimentale degli strumenti normativi secondari predetti (emanati ai
sensi dell’art. 38, comma quarto, del d.P.R. n. 600 del 1973); dall’altro, essa
dispensa l’amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto
all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, giacché codesti
restano individuati nei decreti medesimi. Ne consegue che è legittimo
l’accertamento fondato sui predetti fattori-indice, provenienti da parametri e
calcoli statistici qualificati, restando a carico del contribuente, posto nella
condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di quei fattori,
l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura
inferiorel. i (Cass. n. 9539/2013). Tale principio rimane valido anche per i
successivi aggiornamenti dei fattori-indice della capacità contributiva. La
procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione
dei parametri e degli studi di settore costituisce infatti un sistema unitario,
frutto di un processo di progressivo affinamento degli strumenti di
rilevazione della normale redditività per categorie omogenee di contribuenti,
che giustifica la prevalenza, in ogni caso, e la conseguente applicazione

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dell’applicazione degli “standards”, dando conto dell’impossibilità di

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retroattiva dello strumento più recente rispetto a quello precedente, in
quanto più affinato e, pertanto, più affidabile. (Cass. SSUU, sent. n.
26635/2009).
Nel caso in esame la CTR, senza peraltro offrire alcuna informazione
sugli specifici elementi presuntivi del caso concreto, ha errato nel ritenere
che tali presunzioni semplici dovessero essere confortate dar ulteriori

invece di prendere in considerazione il comportamento del contribuente,
della cui eventuale attività difensiva nulla è detto.
3.1. Con il terzo motivo la ricorrente deduce l’insufficiente
motivazione su un fatto decisivo della controversia in relazione all’art.360,
comma 1 n.5, cpc, e cioè sulle giustificazioni circa lo scostamento tra le
risultanze dei parametri presuntivi di reddito e la dichiarazione del
contribuente.
Formula il seguente momento di sintesi “Sul fatto decisivo costituito
dalla sussistenza dello scostamento tra il reddito dichiarato e quello
accertato per mezzo dei parametri, la motivazione della sentenza della CTR
non ha dato conto delle circostanze ritenute dal giudice giustificative dello
scostamanto stesso, con conseguente deficienza del percorso logico
argomentativo” (fol.7 ricorso).
3.2. Il terzo motivo è fondato e va accolto.
3.3. Ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il
giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il
giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perché questo è il solo
contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve
impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale
è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione
finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto
“dinamico” della dichiarazione stessa. (Cass. sent. n. 1236/2006). Ed ancora,
come affermato di recente dalle Sezioni Unite, la motivazione omessa o
insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice
di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale

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elementi, gravi precisi e concordanti, accertati dall’Ufficio, omettendo

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obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione,
ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della
medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base
degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece,
vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente
sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati,

revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa
all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla
natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. SSUU n.24148/2013).
3.4. Nel caso in esame la breve sentenza si sostanzia nella mera
enunciazione del principio errato, quello secondo cui i coefficienti
presuntivi vanno considerati presunzioni semplici, senza tuttavia che il
giudice di merito abbia esposto il procedimento logico in ragione del quale è
stato indotto sulla base degli elementi acquisiti, ed in particolare dello
scartamento tra il reddito dichiarato e quello accertato in concreto, ad
applicare tale principio. Nella sentenza in esame infatti manca del tutto
l’esplicitazione degli elementi probatori sottoposti al giudice dalle parti e
presi in considerazione e della valutazione critica alla quale sono stati
sottoposti, anche in relazione alle contrapposte argomentazioni di parte.
4.1 Con un unico motivo di ricorso incidentale condizionato Spalazzi
Sergio deduce, a sostegno delle proprie ragioni, il vizio di omessa
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione
all’art.360, comma 1 n.5, cpc, e fa osservare che la CTR ha omesso di
considerare e decidere circa le giustificazioni addotte dal contribuente a
prova contraria rispetto alle risultanze dei parametri presuntivi dei ricavi.
4.2. L’unico motivo di ricorso incidentale è inammissibile in quanto
manca il quesito.
Come affermato dalle SS.UU. “È inammissibile per violazione
dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dall’art. 6 del d.lgs. n. 40 del 2006,
il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei singoli motivi non sia
accompagnata dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da

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risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di

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INIINTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.P.R. 26/4/1986
N. 131 TAB. ALL. B. – N. 5
MATERIA TRIDUTAMA

circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un
rigetto del quesito formulato dalla parte. (Cass. SS.UU. sent. n. 7258/2007).
5. Conclusivamente la sentenza impugnata va cassata con
accoglimento dei motivi secondo e terzo del ricorso principale, rigettato il
primo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale integralmente, e
va rinviata alla CTR del Lazio in altra composizione perché provveda ad

diritto prima enunciati, operando la comparazione degli elementi acquisiti
nel corso del giudizio anche da parte del contribuente, nonché a liquidare le
spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il ricorso in ordine ai motivi secondo e terzo, infondato il
primo motivo di ricorso ed inammissibile l’unico motivo di ricorso
incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR
Lazio, che provvederà anche in relazione alle spese del giudizio di
legittimità.
Così deciso in Roma, camera di consiglio del 14 gennaio 2014
Il Co igliere est sore

emendare i vizi motivazionali e logici riscontrati, attenendosi ai principi di

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