Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7657 del 18/04/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7657 Anno 2016
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 1878-2014 proposto da:
D’AMORE RAFFAELE DNIRREI54C01D799K, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA FUCINI 63, presso lo studio dell’avvocato
CARLA MONTANARO, rappresentato e difeso dagli avvocati
GIUSEPPE MENALE, LUCIO SAGLIOCCO, giusta procura in
calce al ricorso e costituzione di nuovo difensore in aggiunta
depositata in data 26/02/2015;
– ricorrente nonché contro
AMMINISTRAZIONE DELLE FINANZE DELLO STATO;
– intimati nonché contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

Data pubblicazione: 18/04/2016

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATLIRA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– resistente avverso la sentenza n. 46/44/2013 della COMMISSIONE

depositata il 06/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/02/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOL(.),

Ric. 2014 n. 01878 sez. MT – ud. 18-02-2016
-2-

TRIBUTARIA REGIONALE di NAPO1A del 22/11/2012,

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:

Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,
letti gli atti depositati,

La CTR di Napoli ha accolto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la
sentenza n.649/0812010 della CTP di Caserta che aveva a sua volta accolto il
ricorso del contribuente D’Amore Raffaele- ed ha così annullato l’avviso di
accertamento per IRPEF IRAP relative all’anno d’imposta 2005, avviso
adottato sulla scorta di indagini sui conti bancari intestati al ricorrente, donde
erano risultate operazioni non giustificate che l’Ufficio aveva imputato
all’attività libero professionale svolta dal D’Amore (urologo in intramoenia),
per quanto il contribuente avesse invece protestato che si trattava di redditi
percepiti con l’esercizio di attività agricola e già tassati con criterio “catastale”.
La predetta CTR —dopo avere evidenziato che l’Ufficio aveva già accolto parte
delle giustificazioni addotte dal contribuente a riguardo di specifici movimenti e
che in un verbale di data 11.3.2005 si era appunto chiarito nel contraddittorio tra
ufficio e contribuente l’ambito dell’attività di imprenditore agricolo con
allevamento- ha motivato la decisione ritenendo che ulteriori redditi dovessero
considerarsi riferibili all’attività libero-professionale. D’altronde il contribuente
non aveva contestato le movimentazioni bancarie e —a fronte del delineato
quadro logico- non aveva fornito la prova del riferimento delle ulteriori
movimentazioni all’attività agricola.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia non si è difesa.

Ricorso n. 1878/2014 R.G.

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osserva:

Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore,
componente della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi
dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di impugnazione (centrato sulla “violazione e falsa
applicazione di norme di diritto”, che sono rimaste indeterminate e, contempo,

duole che il giudice di appello abbia omesso di esaminare compiutamente le
circostanze oggetto di discussione tra le parti rilevanti ai fini della riferibilità
degli ulteriori redditi all’impresa agricola.
Si tratta di motivo inammissibilmente formulato, perché la parte ricorrente (sotto
le spoglie dell’omesso esame, peraltro di una congerie giustapposta ed
inestricabile di elementi di fatto, di valutazioni e di atti di indirizzo
dell’Amministrazione fiscale) ripropone sostanzialmente alla valutazione della
Corte l’intera questione di merito, domandando un riesame già esplicato dal
giudice del merito ed improponibile in questa sede, non potendo la Corte
assumere funzioni di giudice dell’esame del fatto storico.
Con il secondo motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’art.32 del
DPR n.600/1973 e, contempo, sull’omesso esame di un fatto decisivo) la parte
ricorrente si duole —ancora promiscuamente e perciò stesso inammissibilmentedi ciò che definisce “un sillogismo” (evidentemente riferendosi ad un
“apriorismo”) che il giudice del merito avrebbe commesso ritenendo che
“l’accertamento di ulteriori redditi è riferibile all’attività professionale di
medico”. A tal proposito, la parte ricorrente ribadisce di avere “fornito
spiegazione di tutte le movimentazioni bancarie” sicché, una volta fornita tale
spiegazione, sarebbe spettato all’ufficio motivare la ragione per la quale dette
spiegazioni non dovrebbero considerarsi sufficienti.
Anche detto motivo appare inammissibile, oltre che per la ragione già dianzi
segnalata circa i limiti del sindacato della Corte, anche per il fatto che l’assunto
di parte ricorrente (ancor prima di valutare se detto assunto è inquadrabile nelle
Ricorso n. 1878/2014 R.G.

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sull’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio) ta parte ricorrente si

tipologie di vizio qui promiscuamente valorizzate) suppone delle circostanze di
fatto (l’avvenuta esplicazione dei flussi monetari sottesi alle movimentazioni
bancarie) sulle quali la parte ricorrente non ha fornito dettaglio alcuno, così
violando il canone di autosufficienza del ricorso per cassazione.
Con il terzo motivo (centrato sulla violazione degli art.32 e 39 del DPR

fatto decisivo) la parte ricorrente si duole del fatto che la CTR non abbia tenuto
conto dell’eccezione di parte contribuente (formulata a pag.14 del ricorso
introduttivo) volta ad ottenere (in via di subordine) il computo dei costi
presuntivamente correlati alla produzione del maggior reddito accertato, almeno
in via forfetaria e con l’abbattimento del 25%, quali sono necessariamente da
considerarsi in ipotesi di “accertamento induttivo puro”.
Anche detto motivo appare inammissibilmente formulato, per difetto di
attinenza e correlazione alla ratio della pronuncia impugnata.
Ed invero, nella sentenza oggetto di censura non vi è argomento alcuno che sia
riferito alla questione dei “costi” che la parte ricorrente assume essere oggetto di
indefettibile computo. Ciò implica di necessita che la parte ricorrente —
dolendosi di non avere ricevuto risposta alle espresse doglianze proposte a
riguardo dell’avviso di accertamento- avrebbe semmai dovuto qui perorare
l’esistenza di una violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il
pronunciato e non la violazione di specifiche norme dì diritto (il cui dettato,
comunque, non è stato neanche posto in diretta correlazione con l’asserito errore
commesso dal giudicante, così rimanendo “mera enunciazione” di violazione
normativa), promiscuamente valorizzate insieme con l’asserito omesso esame di
un indefinito fatto decisivo.
Non gusta peraltro rimarcare anche in questa sede —dopo avere premesso del
tutto riassuntivamente che quello oggetto di esame non può considerarsi
“induttivo puro”, essendo accertamento che deriva dalla specifica
considerazione analitica di poste contabili singolarmente considerate e sia pure
Ricorso n. 1878/2014 R.G.

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n.60071973 e dell’art.53 Cost così come, contempo, sull’omesso esame di un

imputate a ricavo per presunzione- che la giurisprudenza di codesta Corte ha
molteplici volte incontrato e risolto la questione posta dalla parte ricorrente,
finendo con il ritenere costantemente che: “In tema di accertamento delle
imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria, in sede di accertamento
induttivo, deve procedere alla ricostruzione della situazione reddituale

del reddito che siano comunque emerse dagli accertamenti compiuti, ovvero
siano state indicate e dimostrate dal contribuente, dovendosi, peraltro, escludere
l’automatica inclusione, fra le componenti negative, delle operazioni di prelievo
effettuate dal contribuente dai conti correnti a lui riconducibili, in quanto le
operazioni sui conti medesimi, sia attive che passive, vanno considerate ricavi,
essendo posto a carico del contribuente l’onere di indicare e provare eventuali
specifici costi deducibili” (Sez. 5, Sentenza n. 5192 del 04/03/2011; Sez. 5,
Sentenza n. 25317 del 28/11/2014 Sez. 5, Sentenza n. 5192 del 04/03/2011; Sez.
5, Sentenza n. 14675 del 23/06/2006); ed ancora:” In tema di ricorso per
cassazione, in ossequio al principio di autosufficienza, il contribuente che
denuncia la violazione di legge nei riguardi di una sentenza che abbia
identificato l’entità dei maggiori ricavi con l’ammontare dei movimenti bancari
rilevati sui conti correnti, senza detrarre l’incidenza percentuale dei costi relativi,
deve indicare specificamente i documenti prodotti da cui desumere la prova di
tali costi, precisandone il contenuto ed il rilievo probatorio, non essendo
altrimenti possibile verificare se la documentazione attiene all’estraneità delle
movimentazione bancarie a fatti imponibili oppure a specifici costi deducibili.
(Sez. 5, Sentenza n. 20679 del 01/10/2014; Sez. 5, Sentenza n. 16896 del
24/07/2014)
Ciò implica che solo a fronte di espresse e specifiche indicazioni di parte
contribuente (di cui qui non si rinviene traccia) l’Amministrazione sarebbe stata
onerata di tenere in considerazione anche eventuali costi, in detrazione del
maggior accertato, non potendosi d’altronde avere riferimento ad un “id quod
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complessiva del contribuente, tenendo conto anche delle componenti negative

plaerumque accidit”, anche alla luce del notorio fatto che i costi di una attività
professionale non sono affatto proporzionali all’ammontare degli incassi, così
che provvedere ad illogiche forfetizzazioni significherebbe —nella maggior parte
dei casi- duplicare la detrazione di oneri che sono stati già specificamente portati
in detrazione. Negli stessi termini anche Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18016 del

corrispondono costi occulti, mentre a ricavi occulti possono accompagnarsi costi
dichiarati in misura maggiore del reale”.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità.
Roma, 30 luglio 2014

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va
rigettato;
che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte
vittoriosa non si è costituita.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del DPR 11.115 del 2002, la Corte dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13. (‘
Così deciso in Roma il 18 febbraio 2016

( Mar

09/09/2005 la quale ha argutamente rilevato che “non sempre a ricavi occulti

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