Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7657 del 02/04/2020

Cassazione civile sez. trib., 02/04/2020, (ud. 26/06/2019, dep. 02/04/2020), n.7657

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2260/2014 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

B.C., rappresentato e difeso dall’avv. Riccardo Vianello e

dall’avv. Roberto Masiani, elettivamente domiciliato presso lo

studio di quest’ultimo, in Roma, piazza Adriana, n. 5.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Veneto, sezione n. 25, n. 31/25/13, pronunciata il 29/01/2013,

depositata il 29/05/2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 giugno

2019 dal Consigliere Riccardo Guida.

Fatto

RILEVATO

che:

1. l’Agenzia delle Entrate propone ricorso, sulla base di un unico motivo, avverso la sentenza della CTR del Veneto, indicata in epigrafe, che, nel contraddittorio dell’Ufficio, ha accolto l’appello di B.C., consulente aziendale, avverso la sentenza della CTP di Treviso (n. 102/2011), che, a sua volta, ne aveva respinto il ricorso contro il silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria all’istanza di rimborso delle somme che egli aveva versato, a titolo d’IRAP, per gli anni 2006-2009, sull’assunto che per la sua attività di consulente aziendale egli si fosse avvalso di prestazioni di lavoro dipendente;

2. la CTR ha motivato nei seguenti termini il rigetto del gravame: “Nel caso di specie appare palese al Collegio che il contribuente abbia dimostrato tramite la produzione di documenti, mod. unico, quadro RE, note contabili, di non possedere il requisito della “struttura organizzata” il fatto che abbia versato i contributi previdenziali a favore della moglie per effetto della sentenza di separazione è ininfluente nei rispetti dell’essenza dell’autonoma organizzazione e non appare pertanto l’impiego di beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio delle attività anche in assenza di organizzazione.” (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata);

3. il contribuente resiste con controricorso;

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con l’unico motivo del ricorso, denunciando, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: “1) Omessa, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (…)”, l’Agenzia censura la sentenza impugnata che, discostandosi dai principi sanciti da questa Corte in tema di autonoma organizzazione, ne ha esclusa la ricorrenza, senza considerare che il contribuente, negli anni d’imposta in esame, si era avvalso, in modo non occasionale, retribuendola, della collaborazione della moglie ( D.P.T.) che, dal 2007, era stata assunta come dipendente a tempo indeterminato;

1.1. il motivo è inammissibile;

posto che la sentenza della CTR è stata pubblicata il 29/05/2013, il motivo di ricorso è quello dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella nuova formulazione introdotta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, che si applica in relazione alle sentenze d’appello pubblicate a partire dall’11/09/2012;

secondo l’insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte: “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (Cass. sez. un. 7/04/2014, n. 8053);

ciò premesso, nella fattispecie, l’Agenzia, in modo non consentito, ha fatto valere il “vecchio” motivo di ricorso per cassazione, ossia, come suaccennato, l’omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, anzichè, come avrebbe dovuto, il vizio dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, secondo l’attuale formulazione;

2. le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

3. atteso che è soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere Amministrazione pubblica, difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, (Cass. 29/01/2016, n. 1778).

P.Q.M.

la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna l’Agenzia delle entrate a corrispondere al contribuente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00, a titolo di compenso, oltre a Euro 200,00 per esborsi, al 15% sul compenso, a titolo di rimborso forfetario delle spese generali, e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 2 aprile 2020

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