Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7655 del 02/04/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7655 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: TRICOMI LAURA

SENTENZA

sul ricorso 7833-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

12,

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2014
261

DI DIO ROCCO in proprio e quale titolare dell’omonima
ditta individuale, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA NIZZA 59, presso lo studio dell’avvocato BATTAGLIA
EMILIO, che

lo

rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DE RISI FABRIZIO giusta delega in calce;

Data pubblicazione: 02/04/2014

- controricorrente

avverso la sentenza n. 2/2007 della COMM.TRIB.REG. di
MILANO, depositata il 30/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/01/2014 dal Consigliere Dott. LAURA

udito per il ricorrente l’Avvocato BACHETTI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

TRICOMI;

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RITENUTO IN FATTO.
1. A seguito di processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia
di Finanza di Gallarate in data 12.10.1998, l’Ufficio notificava a Di Dio
Rocco, titolare della omonima impresa familiare, in data 03.11.98, un avviso
di rettifica ai fini IVA per l’anno di imposta 1994, con il quale
l’Amministrazione finanziaria accertava un debito di imposta di

notificava in data 26.08.99 un avviso di accertamento per l’IRPEF dovuta
per il medesimo periodo di imposta, con il quale l’Amministrazione
finanziaria elevava il reddito dichiarato di £.16.809.000 a £.101.758.000
(già al netto delle quote di partecipazione dei familiari) per costi fittizi
conseguenti all’annotazione, nella contabilità dell’impresa familiare di Di
Dio Rocco di quattro fatture emesse dalla ditta individuale “Le Piramidi” di
Zago Salvatore.
2. Gli atti impositivi venivano impugnati dal contribuente dinanzi alla
CTP di Varese che, riuniti i ricorsi, li rigettava. L’appello proposto dal
contribuente dinanzi alla CTR di Milano veniva accolto con la sentenza
n.2/19/07 depositata il 30.01.2007.
2.1. Con tale decisione il giudice di seconde cure riteneva, in
considerazione del rilevante volume di affari (pari a £.178.645.000)
realizzato dall’impresa familiare di Di Dio Rocco per la sua committente
principale SNC M.C.Prefabbricati di Cera e Mari per l’anno 1994 – per la
quale svolgeva collaborazione ed assistenza nelle varie attività preliminari
all’installazione di cantieri edili, la cui effettività non era stata posta in
discussione dall Guardia di Finanza -, e della limitatissima struttura
aziendale dell’impresa familiare, che fosse verosimile che la stessa avesse
fatto ricorso al subappalto di buona parte dei lavori nei confronti della ditta
“Le Piramidi” di Zago Salvatore, che li aveva eseguiti utilizando
manodopera “in nero”, ricompensata per contanti e che, in ragione del
mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sugli Uffici impositori
ai sensi dell’art.2697 cc, nella fattispecie non fosse riscontrabile

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Cons. est. Laura Tricorni

£.15.914.000, nonché un credito di imposta non riconosciuto di £.227.000, e

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l’annotazione di fatture relative ad operazioni commerciali inesistenti
emesse dalla ditta “Le Piramidi” di Zago Salvatore.
3. Per la cassazione della sentenza n. n.4/19/07 ha proposto ricorso
l’Agenzia delle Entrate affidato a due motivi, ai quali l’intimato ha replicato
con controricorso.

1.1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate denuncia
la violazione dell’art.36 n.4 DLGS 546/92 in relazione all’art.360, comma 1
n.4, cpc, deducendo che la sentenza si pone al disotto della soglia minima
necessaria per il rispetto della prescrizione in ordine alla motivazione in
quanto difetta di ogni precisazione circa gli aspetti di fatto e di diritto sui
quali la CTR ha espresso la propria valutazione in punto di onere probatorio.
1.2. Il primo motivo è infondato, in quanto va esclusa la sussistenza
del vizio di omessa pronuncia.
1.3. Come più volte ribadito da questa Corte, ad integrare gli estremi
del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa
statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso
il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso
concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la
reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito
una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita
di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non
espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logicogiuridica della pronuncia (Cass. n. 20311/2011, Cass. n. 3756/2013)). In
particolare, si è precisato (Cass. n.5444/2006), la differenza fra l’omessa
pronuncia di cui all’art. 112 c.p.c. e l’omessa motivazione su un punto
decisivo della controversia di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, si coglie nel senso
che, nella prima, l’omesso esame concerne direttamente una domanda od
un’eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d’appello,
uno dei fatti costituitivi della “domanda” di appello), là dove, nel caso
dell’omessa motivazione, l’attività di esame del giudice che si assume

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Cons. est. Laura Tricorni

CONSIDERATO IN DIRITTO

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omessa non concerne la domanda o l’eccezione direttamente, bensì una
circostanza di fatto che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa
decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un’eccezione e,
quindi su uno dei tatti principali della controversia.
1.4. Nel caso in esame il fatto, e cioè l’accertamento compiuto a
seguito di controllo eseguito dalla Guardia di Finanza, appare ben delineato,

alcune specifiche considerazioni, ha seguito in maniera sommaria, ma
inequivocabile, un percorso logico incompatibile con gli argomenti
riproposti dall’Amministrazione finanziaria a fondamento del secondo
motivo di ricorso, anche se ha omesso di esplicitarlo, come meglio chiarito
sub 2.3.
2.1. Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate lamenta
l’omessa motivazione su fatti controversi e decisivi in relazione all’art.360,
comma 1 n.5, cpc.
Si duole invero la ricorrente del fatto che la CTR, senza prendere in
considerazione gli elementi indiziari e presuntivi ritenuti decisivi dalla CTP
con riferimento alle modalità di pagamento delle operazioni in discussione,
(pagamento con assegni regolarmente versati, con prelievo ravvicinato di
somme quasi pari), alla destinazione delle merci acquistate dalla ditta Le
Piramidi verso cantieri non riferibili all’impresa Di Dio, alla mancanza di
struttura organizzativa e di personale de Le Piramidi, abbia poi valorizzato
circostanze di per sé affatto significative, e cioè il contrasto tra “la
limitatissima struttura aziendale” dell’impresa familiare di Di Dio Rocco ed
“il rilevante volume di affari” realizzato dalla stessa nell’anno in esame,
oltre che l’ “effettività delle prestazioni fatturate e resa nei confronti della
MC” dall’impresa di Di Dio Rocco.
2.2. Il secondo motivo è fondato e va accolto.
2.3. Osserva il Collegio che secondo il principio affermato dalle
Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sent. n.24148/2013 “La
motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal
ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza

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Cons. est. Laura Tricorni

e la sentenza, nell’escludere la fondatezza dell’accertamento in ragione di

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impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero
condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva
carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico
che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento,
ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle
deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo

in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del
convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia
sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di
cassazione.”.
Tanto premesso va osservato che nel caso in esame si controverte in
tema di fatture per operazioni ritenute inesistenti, operazioni che, in
considerazione della mancata individuazione di un soggetto terzo a cui
ricondurre l’esecuzione delle stesse, vanno qualificate come operazioni
oggettivamente inesistenti e si traducono in costi fittizi. In proposito va
ribadito l’orientamento consolidato della Suprema Corte secondo il quale
“In tema di I.V.A., la fattura è documento idoneo a rappresentare un costo
dell’impresa, attesa la disciplina del suo contenuto di cui all’art. 21 del
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, sicché in ipotesi di fatture che
l’Amministrazione ritenga relative ad operazioni oggettivamente o
soggettivamente inesistenti, ha l’onere di provare che l’operazione
commerciale oggetto della fattura non è stata posta in essere. Tale prova, ai
sensi degli artt. 39, comma primo, lett. d), e 40 del d.P.R. 29 settembre
1973, n. 600, e 54, comma secondo, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633,
potrà essere fornita anche mediante presunzioni, nel qual caso passerà sul
contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni
contestate, a norma dell’art. 2697, secondo comma, cod. civ. Pertanto il
giudice tributario, qualora ritenga gli elementi addotti dall’Amministrazione
dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve passare a
valutare la prova contraria offerta dal contribuente.” (Cass. sent.
n.9108/2012, sent. n.27844/2013).

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attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso

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Orbene nel caso in esame la CTR non ha proceduto alla disamina
degli elementi raccolti dalla Amministrazione ed offerti al giudice per la sua
valutazione, e cioè: a) le modalità di pagamento delle operazioni in
discussione, in contanti o con assegni regolarmene versati seguiti da
prelievo ravvicinato di somme quasi pari, b) la destinazione delle merci
acquistate da Le Piramidi verso cantieri non riferibili all’impresa di Di Dio,

nonostante che tali elementi fossero stati posti a fondamento della sentenza
della CTP. La CTR invero inopinatamente non ha sottoposto ad alcun esame
critico gli elementi forniti dalla Amministrazione ed ha omesso ogni
motivazione sul perché gli stessi non siano stati ritenuti utili ai fini
probatori. Ha invece rivolto la propria attenzione ad elementi non
direttamente ed evidentemente significativi dell’esistenza di un rapporto
commerciale tra l’impresa Di Dio e l’impresa Le Piramidi, e segnatamente
a) lo svolgimento dell’attività di installazione cantieri da parte dell’impresa
Di Dio prevalentemente per la SNC Prefabbricati di Cera e Mari con
realizzazione di circa quaranta/cinquanta cantieri nel 1994, b) la modestia
delle forze lavoro della impresa Di Dio (costituite dal titolare e da due suoi
fratelli), c) il rilevante volume di affari realizzato dall’impresa Di Dio per
l’anno 1994 (pari a £.178.645.000), tutti elementi tra loro apparentemente
confliggenti, relativi solo alla impresa Di Dio e sui quali peraltro non
sembra che l’impresa Di Dio abbia fornito chiarimenti. La decisione della
CTR risulta fondata su una errata interpretazione dell’art.2697 cc e su
argomenti assertivi e solo apparentemente logici, e cioè che queste
circostanze “inducono a ritenere più verosimile — anche in virtù del mancato
assolvimento dell’onere probatorio gravante sugli Uffici impositori ai sensi
dell’art.2697 cc — che nella fattispecie non sia riscontrabile l’annotazione di
fatture relative ad operazioni commerciali inesistenti emesse dalla ditta “le
Piramidi” di Zago Salvatore”. Per completezza va osservato che non si
comprende da quali elementi la CTR abbia desunto che la impresa “Le
Piramidi” abbia effettivamente eseguito i lavori, considerato che questi
sarebbero stati realizzati — secondo la CTR – utilizzando manodopera “al

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c) la mancanza di struttura organizzativa e di personale de Le Piramidi: ciò

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OSENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.P.R. 26/411986
N. 131 TAB. ALL. B. N. 5.

MATERIA TRIBUTARIA
nero” ricompensata per contanti, argomento di per sé palesemente vago e
sfuggente per la sua genericità.
3. Conclusivamente, rigettato il primo motivo, il ricorso va accolto in
relazione al secondo. La sentenza impugnata va cassata con rinvio al altra
sezione della CTR della Lombardia per un nuovo esame della fattispecie
concreta e adeguata motivazione in forza dei suddetti principi (v. sub 2.3.),

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso in relazione al secondo motivo, dichiarato
infondato il primo, e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra
sezione della CTR Lombardia che deciderà anche in relazione alle spese del
giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, camera di consiglio del 27 gennaio 2014.

la quale deciderà anche in relazione alle spese del giudizio di legittimità.

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