Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7654 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 30/03/2010, (ud. 20/01/2010, dep. 30/03/2010), n.7654

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. MORCAVALLO Ulpiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI

RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato BOER PAOLO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIAMBARBA MICHELE;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, BIONDI GIOVANNA, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, giusta

mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1973/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 09/01/2006 r.g.n. 1401/04;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

20/01/2010 dal Consigliere Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella;

udito l’Avvocato BOER PAOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 9 gennaio 2006 la Corte d’appello di Torino – riformando la decisione del Tribunale di Cuneo che aveva accolto la domanda proposta da C.A., collocato in pensione presso il Fondo di previdenza del personale di volo (cd.

fondo volo), per ottenere la rideterminazione della quota di pensione in capitale, ai sensi della L. n. 859 del 1965, art. 34, mediante applicazione del coefficiente previsto dal D.M. 19 febbraio 1981, anziche’ di quello applicato dall’INPS – riteneva la decadenza dall’azione giudiziale in applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 (nel testo di cui al D.L. n. 103 del 1991, art. 6 conv. in L. n. 166 del 1991 e al D.L. n. 384 del 1992, art. 4, conv. in L. n. 438 del 1992), osservando che al decorso del termine decadenziale previsto dalla suddetta disposizione normativa non e’ di ostacolo la presentazione del ricorso amministrativo che sia intervenuta, come nella specie, dopo la scadenza dei termini (300 giorni) previsti per l’esaurimento del procedimento aperto dalla istanza dell’assicurato.

Aggiungeva la Corte che identica conclusione comportava l’applicazione del disposto della L. n. 859 del 1965, art. 55 specificamente riferito ai ricorsi – amministrativi e giudiziali – esperibili nei confronti dei provvedimenti dell’INPS concernenti le prestazioni previste dalla stessa legge per gli iscritti al “Fondo volo”.

Di questa sentenza il pensionato domanda la cassazione deducendo due motivi di impugnazione, illustrati con memoria. L’INPS resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con i due motivi di censura, denunciando, rispettivamente, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, commi 2 e 5, come interpretato, integrato e modificato dal D.L. n. 103 del 1991, art. 6 (conv. in L. n. 166 del 1991) e dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4 (conv. in L. n. 438 del 1992), violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c. nonche’ violazione e falsa applicazione della L. n. 859 del 1965, art. 34 e D.M. 19 febbraio 1981, tab. 3, il ricorrente censura la sentenza impugnata osservando che la decadenza non poteva operare, sia per non avere l’INPS indicato – nel provvedimento che definiva la domanda di riliquidazione della quota – i rimedi amministrativi e giudiziali contro di esso esperibili, sia perche’ la prestazione domandata non rientrava tra quelle (temporanee ovvero erogate sotto forma di rendita periodica) indicate nell’art. 47 citato, sia, infine, perche’ la domanda in questione non aveva ad oggetto la prestazione in se’ (l’INPS non aveva negato ne’ il diritto a pensione, ne’ il diritto alla capitalizzazione di una sua quota) ma soltanto la corretta quantificazione di quella gia’ riconosciuta dall’ente previdenziale.

Chiede, conseguentemente, (nel secondo motivo) che la causa sia rinviata ad altro giudice, non essendosi la Corte d’appello pronunciata sul merito della domanda di riliquidazione.

Il ricorso e’ fondato.

Va premesso che, nella specie, trova applicazione il D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 (nel testo interpretato e modificato dalle citate disposizioni di legge), avendo la norma disciplinato ex novo tutta la materia della decadenza dall’azione giudiziale in materia di prestazioni previdenziali. La decadenza ivi prevista puo’ essere rilevata d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, in ragione della sua piena compatibilita’ con il principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost. (cfr. Cass., sez. un., n. 26019 del 2008), e opera anche in mancanza della avvenuta comunicazione del provvedimento amministrativo di rigetto (cfr. Cass., sez. un., n. 12718 del 2009).

Tuttavia, in relazione alla domanda proposta nella controversia qui in esame, la ripetuta decadenza non puo’ operare.

Decisivo e’ il rilievo che, nella sentenza n. 12720 del 2009, le Sezioni unite di questa Corte, componendo un contrasto di giurisprudenza sorto nell’ambito della Sezione lavoro, hanno affermato il principio che la decadenza prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47 non puo’ trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non gia’ il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in se’ considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione gia’ riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale.

Tale principio torna applicabile nella specie, essendosi accertato nel giudizio di merito che il ricorrente aveva chiesto in via amministrativa la capitalizzazione di una quota di pensione ai sensi della L. n. 859 del 1965, art. 34 e che l’Istituto, nel provvedere sulla domanda, aveva liquidato la prestazione in misura inferiore a quella richiesta, applicando coefficienti di capitalizzazione diversi da quelli pretesi dall’interessato; ne consegue che ai fini della proposizione della domanda giudiziale intesa al riconoscimento del diritto alla riliquidazione della prestazione nella misura asseritamente dovuta non poteva operare la decadenza, che, come detto, riguarda solo la domanda di prestazione previdenziale, e non gia’ la sua corretta determinazione.

Va percio’ cassata la sentenza impugnata, che ha erroneamente applicato la decadenza alla domanda di riliquidazione proposta; e la causa va rinviata alla stessa Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, perche’ provveda alla definizione della controversia attenendosi al principio sopra enunciato.

Lo stesso giudice di rinvio provvedera’ sulle spese del giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, il 20 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

 

 

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