Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7651 del 02/04/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7651 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: OLIVIERI STEFANO

SENTENZA

sul ricorso 27512-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

PORTFOLIO SRL;
– intimato –

sul ricorso 31664-2007 proposto da:
PORTFOLIO SRL in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA PO

Data pubblicazione: 02/04/2014

9,

presso

lo

studio

dell’avvocato

NAPOLITANO

FRANCESCO, che lo rappresenta e difende giusta delega
a margine;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

– intimato –

avverso la sentenza n. 143/2006 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 14/09/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/01/2014 dal Consigliere Dott. STEFANO
OLIVIERI;
udito per il ricorrente l’Avvocato BACHETTI che si
riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato MILITERNO
delega Avvocato NAPOLITANO che ha chiesto il rigetto
del ricorso principale, accoglimento incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso principale, accoglimento o
assorbimento ricorso incidentale.

AGENZIA DELLE ENTRATE;

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria della regione Lazio , con sentenza in data 14.9.2006 n. 143,
rigettava l’appello principale dell’Ufficio Roma 2 della Agenzia delle Entrate e l’appello

aveva annullato l’avviso di rettifica della dichiarazione IVA relativa all’anno 1995,
limitatamente al rilievo fiscale concernente la omessa fatturazione, registrazione e
dichiarazione di ricavi per l’importo di lire 304.678.105 fondato sulle movimentazioni
rilevate sul conto bancario intestato all’amministratore della società.

I Giudici di appello rilevato che la questione relativa alla applicabilità o invece alla
intervenuta abrogazione tacita dell’art. 12 della legge n. 516/1982 doveva ritenersi
superata a seguito della pronuncia della Corte costituzionale 23.7.1997 n. 264, hanno
ritenuto che correttamente la CTP aveva posto a fondamento dell’annullamento parziale
dell’atto impositivo la sentenza penale di assoluzione pronunciata dal GIP del Tribunale
di Roma in data 26.2.1998 nei confronti dell’AU della società, atteso che la coincidenza
dei fatti materiali accertati nel giudizio penale -definito con formula assolutoria piena
“perché il fatto non sussiste”- e posti a fondamento della pretesa fiscale, impediva al
Giudice tributario di pervenire ad una diversa valutazione. Quanto alla prova dei
maggiori ricavi non fatturati, accertati dall’Ufficio, la CTR riteneva che gli elementi
indiziari forniti dalla PA -costituiti dalle movimentazioni bancarie rilevate sul conto
personale dell’amministratore unico- erano insufficienti a dimostrare la esistenza di
ricavi occulti imputabili direttamente alla società.

Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle
Entrate deducendo tre motivi.

i

RG n. 27512+31644/2007
ric. Ag.Entrate c/ Portfolio s.r.l.

C
est.
ieri
Stefano

incidentale proposto da Portfolio s.r.1., confermando la decisione di prime cure che

Resiste la società contribuente con controricorso e ricorso incidentale condizionato
affidato a quattro motivi.

Motivi della decisione

applicazione dell’art. 654 c.p.p., in relazione all’art. 12 DL n. 429/82 conv. in legge n.
516/1982 (primo motivo), sostenendo la non automatica trasponibilità del giudicato
penale nel giudizio tributario, in considerazione sia della mancata partecipazione
dell’Amministrazione finanziaria al procedimento penale, sia del differente regime di
ammissibilità dei mezzi di prova nei due giudizi disciplinato dalle norme processuali; b)
per vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 51co2 Dpr n. 633/72 (secondo
motivo), atteso che la norma prevede una presunzione legale “juris tantum” di maggiori
ricavi, desunta da movimentazioni bancarie non altrimenti giustificate dal contribuente,
con la conseguenza che la CTR, ritenendo insufficiente tale prova, avrebbe di fatto
illegittimamente invertito l’ “onus probandi” posto a carico del contribuente; c) per vizio
di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (terzo motivo) in quanto la CTR
non avrebbe considerato che dalle emergenze istruttorie risultava che le movimentazioni
rilevate sul conto corrente intestato all’AU si riferivano ad “operazioni societarie” con
conseguente imputazione diretta alla società dei maggiori ricavi occultati.

Inammissibile il terzo motivo con il quale si deduce vizio logico della motivazione
della sentenza di appello, avendo omesso la parte ricorrente di formulare la “chiara
indicazione del fatto controverso” in relazione alla quale viene svolta la critica di
insufficienza rivolta all’apparato motivazionale della decisione della CTR (tale “sintesi”,
infatti, come è dato evincere dall’art. 366 bis c.p.c., non si identifica con il requisito di specificità
del motivo ex art. 366co1 n. 4 c.p.c., ma assume una propria autonoma funzione volta a consentire
la immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il
fatto ritenuto determinante -ove correttamene valutato- ai fini della decisione favorevole al
2
RG n. 27512+31644/2007
ric. Ag.Entrate c/ Portfolio s.r.l.

Stefan

est.
livieri

La Agenzia fiscale censura la sentenza impugnata: a) per vizio di violazione e falsa

ricorrente: cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 20603 del 01/10/2007; id.. III sez. 7.4.2008 n.
8877; id. III sez. n. 16567/2008; id. SU n. 11652/2008; id. Sez. 3, Sentenza n. 11019 del
19/05/2011; id. Sez. 5, Sentenza n. 5858 del 08/03/2013) e risultando il motivo altresì carente

del requisito di autosufficienza ex art. 366co l n. 4) c.p.c., non essendo stati individuati
nella esposizione delle ragioni a sostegno della censura gli specifici elementi di prova
“decisivi”, ai sensi dell’art. 360co 1 n. 5 c.p.c., che il Giudice di appello avrebbe

fondati il primo ed il secondo motivo di ricorso.

La CTR laziale ha confermato la decisione di prime cure (che aveva annullato
l’avviso di rettifica limitatamente alla pretesa fiscale della maggiore debenza IVA per
omessa fatturazione di ricavi realizzati dalla società nell’anno 1995) sostenendo che il
Giudice penale, con sentenza 26.2.1998 aveva accertato la “non sussistenza dei fatti
materiali ascritti all’imputato” e dunque rimaneva precluso al Giudice tributario
procedere ad una diversa valutazione dei medesimi fatti materiali posti a fondamento
dell’avviso.

La motivazione della Commissione tributaria regionale contrasta con i principi
espressi dalla giurisprudenza di questa Corte in materia di efficacia esterna del giudicato
penale e che possono essere riassunti nella seguente massima consolidata e tralatizia
secondo cui “i ‘art. 654 cod. proc. pen., che stabilisce l’efficacia vincolante del giudicato
penale nel giudizio civile ed amministrativo nei confronti di coloro che abbiano
partecipato al processo penale -norma operante, in base all’art. 207 disp. att., anche per i reati
previsti da leggi speciali, ed avente, quindi, portata immediatamente modificativa dell’art. 12 del
D.L. 10 luglio 1982, n. 429 (conv. in legge 7 agosto 1982, n. 516), disposizione che regolava
l’autorità del giudicato penale in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, poi
espressamente abrogata dall’art. 25, lett. d), del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74-, la sottopone alla

duplice condizione che nel giudizio civile o amministrativo (e, quindi, anche in quello
tributario) la soluzione dipenda dagli stessi fatti materiali che furono oggetto del
giudicato penale e che la legge civile non ponga limitazione alla prova

“della posizione

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RG n. 27512+31644/2007
ric. Ag.Entrate c/ Portfolio s.r.l.

Stefa

est.
livieri

trascurato di considerare od avrebbe inesattamente valutato, debbono ritenersi, invece,

soggettiva controversa”. Atteso che nel processo tributario vigono i limiti in materia di
prova posti dall’ art. 7, comma quarto, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 546 (e, in
precedenza, dall’art. 35, comma quinto, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636), e trovano ingresso,

con rilievo probatorio, in materia di determinazione del reddito d’impresa e di recupero
di imponibile ai fini IVA, anche presunzioni semplici (art. 39, secondo comma, del
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600) prive dei requisiti prescritti ai fini della formazione di

processo penale (art. 192, comma secondo, cod. proc. pen.), la conseguenza del mutato
quadro normativo è che nessuna automatica autorità di cosa giudicata può più
attribuirsi nel separato giudizio tributario alla sentenza penale irrevocabile, di
condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati tributari, ancorché i fatti accertati
in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso
l’accertamento nei confronti del contribuente. Pertanto, il giudice tributario non può
limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza definitiva in materia di reati tributari,
estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all’azione accertatrice del
singolo ufficio tributario, ma, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione
della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 cod.
proc. civ.), deve, in ogni caso, verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è
destinato ad operare” (cfr. Corte cass. V sez. 21.6.2002 n. 9109. Vedi: Corte cass. V sez.
8.3.2001 n. 3421; id. 25.1.2002 n. 889; id. 19.3.2002 n. 3961; id. 24.5.2005 n. 10945; id.
12.3.2007 n. 5720; id. 18.1.2008 n. 1014 -in materia di fatturazione per operazioni inesistenti:

ribadisce che la efficacia del giudicato concerne solo circostanze fattuali specifiche, ma non può
estendersi anche agli elementi di valutazioni di quei fatti-; id. 17.2.2010 n. 3724; id. 8.10.2010 n.
20860; id. 23.5.2012 11. 8129).

Nella specie il Giudice di appello, da un lato, si è limitato alla astratta affermazione
del principio che “se il fatto materiale su cui è fondato l’atto impositivo è riconosciuto
come non sussistente in ambito penale, ciò non può che avere rilevanza anche in ambito
tributario” senza tuttavia poi specificare quali fossero le ipotesi di reato contestate e
quali accertamenti in fatto ed elementi probatori erano stati in concreto presi in esame
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RG n. 27512+31644/2007
ric. Ag.Entrate c/ Portfolio s.r.l.

siffatta prova tanto nel processo civile (art. 2729, primo comma, cod. civ.), che nel

del Giudice penale e da questi ritenuti rilevanti ai fini della pronuncia assolutoria;
dall’altro ha giustificato la decisione adottata, ribadendo che “a mente dell’art. 12 della
legge n. 516/82 le circostanze accertate nel corso del giudizio penale assumono
rilevanza anche ai fini tributari “, con ciò intendendo fare applicazione della norma
richiamata (“la sentenza irrevocabile di condanna o di proscioglimento pronunciata in seguito a
giudizio relativa a reati previsti in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto
che

sono stati oggetto del giudizio penale”) che estende al giudizio tributario l’accertamento in

fatto contenuto nella sentenza penale assolutoria pronunciata nei confronti
dell’amministratore unico della società, per un verso, non considerando la intervenuta
abrogazione tacita dell’art. 12 del DL n. 429/82 conv. in legge n. 516/82, ad opera del
combinato disposto dell’art. 654 c.p.p. e dell’art. 207 disp. att. c.p.p. (quest’ultima norma
dispone che “Le disposizioni del codice si osservano nei procedimenti relativi a tutti i reati anche se
previsti da leggi speciali…”, tra le quali rientrano anche le leggi penali tributarie), secondo la

uniforme interpretazione che di tali norme processuali è stata fornita dalla Corte (cfr.
Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 9410 del 17/07/2000; id. Sez. 5, Sentenza n. 3421 del 08/03/2001;
id. Sez. 5, Sentenza n. 19481 del 29/09/2004; id. Sez. 5, Sentenza n. 3724 del 17/02/2010), e gli

espressi limiti soggettivi alla efficacia del giudicato penale previsto dalle nuove norme,
ritenendo erroneamente estendibile la efficacia dell’accertamento contenuto nella
sentenza penale anche nei confronti dell’Amministrazione finanziaria sebbene questa -il
fatto è incontroverso- non fosse stata parte in quel giudizio, così incorrendo nella

violazione del chiaro disposto dell’art. 654 c.p.p. (che in relazione a tale specifica condizione
ha innovato alla disciplina del precedente art. 28 c.p.p. : Corte cass. Sez. 5, Sentenza n. 19481 del
29/09/2004; id. Sez. 3, Sentenza n. 20325 del 20/09/2006; id. Sez. 2, Sentenza n. 10817 del
11/05/2009; id. Sez. 2, Sentenza n. 4961 del 02/03/2010). Per altro verso non ha considerato

che la estensione della efficacia dell’accertamento penale non poteva operare nel caso di
specie in quanto, anche nella vigenza dell’abrogato art. 12 DL n. 429/1982, tale efficacia
era subordinata alla sentenza emessa in seguito a giudizio dibattimentale, mentre

-a

il giudizio penale era stato definito con

quanto risulta dalla stessa sentenza della CTR-

sentenza di “non luogo a procedere perchè il fatto non sussiste”, emessa in data
5
RG n. 27512+31644/2007
ric. Ag.Entrate c/ Portfolio s.r.l.

ha autorita’ di cosa giudicata nel processo tributarioper quanto concerne i fatti materiali

26.2.1998 dal GIP presso il Tribunale Ordinario di Roma, ai sensi degli artt. 424 e 425
c.p.p., all’esito della udienza preliminare (cfr. Corte cass Sez. 5, Sentenza n. 586 del
13/01/2006; id. Sez. U, Sentenza n. 674 del 19/01/2010 -con riferimento al giudizio abbreviato-).

Il Giudice di appello, in ogni caso, ha omesso del tutto di verificare, alla stregua
dell’art. 654 c.p.p. (che subordina la efficacia del giudicato penale nel diverso giudizio —civili,
amministrativo e tributario- alla condizione che la legge “non ponga limitazioni alla prova della

penale per escludere il fatto-reato (e che a quanto appare riferire la stessa resistente -controric.
pag. 3- erano fondati prevalentemente su esami testimoniali) fossero compatibili con i limiti

propri del regime probatorio del giudizio tributario (in cui non è ammessa la prova
testimoniale: art. 7 comma 4 Dlgs n. 546/1992) e fossero idonei a superare la presunzione

legale “juris tantum”, in tema di accertamento dell’IVA, stabilita dall’art. 51, secondo
comma, n. 2, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.633, secondo la quale i singoli dati ed
elementi risultanti dai conti bancari sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti
previsti dagli artt. 54 e 55 del medesimo decreto presidenziale, se il contribuente non
dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad
operazioni imponibili, presunzione legale che ha un contenuto complesso, consentendo
di riferire i movimenti bancari all’attività svolta in regime IVA, e di qualificare gli
accrediti come ricavi e gli addebiti come corrispettivi degli acquisti: la presunzione
legale “juris tantum”, può essere vinta soltanto nel caso in cui il contribuente offra la
prova liberatoria che dei movimenti sui conti bancari egli ha tenuto conto nelle
dichiarazioni, o che questi non si riferiscono ad operazioni imponibili (cfr. Corte eass.
Sez. 5, Sentenza n. 26692 del 06/12/2005; id. Sez. 5, Sentenza n. 20199 del 24/09/2010 —secondo
cui, ai sensi degli artt. 32 e 37 del d.P.R. n. 600 del 1973, in materia di imposte sui redditi di società
di capitali, l’utilizzazione dei dati risultanti dalle copie dei conti correnti bancari acquisiti dagli
istituti di credito non può ritenersi limitata ai conti formalmente intestati all’ente, ma riguarda anche
quelli formalmente intestati ai soci, amministratori o procuratori generali, allorché risulti provata
dall’Amministrazione finanziaria, anche tramite presunzione, la natura fittizia dell’intestazione o,
comunque, la sostanziale riferibilità all’ente dei conti medesimi o di alcuni loro singoli dati-; id.
Sez. 5, Sentenza n. 21132 del 13/10/2011; id. Sez. 5, Sentenza n. 26173 del 06/12/2011 -secondo

cui la intestazione del conto a soggetto diverso, nella specie il coniuge, non impedisce la riferibilità
6
RG n. 27512+31644/2007
ric. Ag.Entrate c/ Portfolio s.r.l.

Cons. es
Stefano

posizione soggettiva controversa”) se gli elementi probatori ritenuti determinati dal Giudice

dei prelievi e versamenti alla attività imponibile del contribuente in presenza di indici sintomatici
della disponibilità effettiva del conto determinata dalla stretta contiguità tra i soggetti e dalla
assenza di compatibili fonti di reddito in capo al titolare formale del conto-; id. Sez. 5, Sentenza n.
12625 del 20/07/2012; id. Sez. 5, Sentenza n. 1418 del 22/01/2013; id. Sez. 5, Sentenza n. 21303

del 18/09/2013 -secondo cui la prova liberatoria deve essere analitica, con riferimento a ciascun

La sentenza della CTR non si è attenuta ai principi indicati e deve, pertanto, essere
cassata con rinvio della causa al Giudice di appello per nuovo specifico esame dei fatti
materiali, come in concreto accertati nella sentenza penale, e conseguente valutazione
della idoneità di tale accertamento, avuto riguardo ai limiti delle fonti di prova
utilizzabili nel giudizio tributario (cfr. Corte cass. V sez. 24.5.2005 n. 10945; id. V sez.
8.10.2010 n. 20860), a superare la presunzione legale di cui all’art. 51conama 2 Dpr n.

633/1972, dovendo precisarsi, al riguardo, che nel compiere la disamina dei fatti
accertati in sede penale, il Giudice del rinvio dovrà distinguere nettamente le prove dei
fatti raccolte e verificate nel processo penale dalla valutazione di tali prove compiuta dal
Giudice -ai fini del giudizio di responsabilità dell’imputato- all’esito di quello stesso
procedimento e compendiata nella motivazione della sentenza (nel caso di specie
assolutoria). Ed infatti i principi di diritto enunciati da questa Corte in ordine alla
utilizzabilità da parte del Giudice tributario di prove atipiche e di prove acquisite in altri
giudizi diversi da quello tributario (cfr. Corte cass. V sez. 2.12.2002 n. 17037; id. III sez.
4.3.2004 n. 4394 secondo cui il Giudice tributario “può legittimamente porre a base del proprio
convincimento, in ordine alla sussistenza dei fatti costitutivi dell’obbligazione tributaria in lite, le
prove assunte in un diverso processo e anche in sede penale, quali prove atipiche idonee a fornire
elementi di giudizio sufficienti, se ed in quanto non smentite dal raffronto critico – riservato al
giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, se congruamente motivato – con le altre
risultanze del processo”; id. V sez. 21.2.2007 n. 4054), e che trovano diretto riscontro

normativo negli artt. 33 Dpr n. 600/1973 (con riferimento alle imposte sui redditi) e
63co1 Dpr n. 633/1972 (con riferimento all’IVA), non possono evidentemente estendersi
all’intero apparato motivazionale della sentenza penale che, per quanto concerne al suo
7
RG n. 27512+31644/2007
ric. Ag.Entrate c/ Portfolio s.r.l.

Cons. ‘st.
vieri
Stefa

importo oggetto di rimessa o prelevamento rilevato dal conto-).

contenuto critico-valutativo (dei fatti provati processualmente), non assolve direttamente
ad alcuna funzione dimostrativa di un fatto storico.

Alla stregua delle considerazioni sopra svolte si palesa, pertanto, inconferente il
richiamo, operato dalla società resistente, alla pronuncia del Giudice del Leggi che ha

secondo comma, del d.l. 10 luglio 1982, n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982, n.
516, ritenendo che la definitività dell’atto impositivo non impedisse comunque al
contribuente, mandato assolto per i fatti materiali accertati in sede penale, di richiedere
alla Amministrazione finanziaria -in applicazione della norma scrutinata- di revocare gli
accertamenti già notificati e le pene pecuniarie già irrogate, atteso che la norma in
questione deve ritenersi inapplicabile “ratione temporis” alla fattispecie dedotta nel
presente giudizio in quanto, come sopra evidenziato, al tempo dei fatti (1995) risultava
già (implicitamente) abrogata dalle norme del nuovo codice di procedura penale (1988).

Con il primo motivo del ricorso incidentale condizionato la società deduce il vizio di
omessa motivazione in relazione all’art. 360co 1 n. 5 c.p.c., censurando la sentenza di
appello che, in relazione ai motivi di gravame dedotti con appello incidentale dalla stessa
società, si era limitata a respingere in modo apodittico la impugnazione affermando
semplicemente “che appare priva di fondamento giuridico”.

Il motivo supera il vaglio di ammissibilità avendo la società riprodotto i motivi di
gravame dell’appello incidentale (concernenti:

1-la illegittimità dell’avviso di rettifica

“parziale” in quanto emesso in difetto dei presupposti di cui all’art. 54co5 Dpr n. 633/72; 2-la
illegittima irrogazione della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 41co6 del Dpr n. 633/72, dovendo
farsi luogo, in applicazione del principio del “favor rei”, alla disposizione sanzionatoria più
favorevole introdotta dall’art. 6co8 del Dlgs n. 471/1997; 3-la insussistenza dell’illecito contestato
per irregolare tenuta della contabilità mediante sistemi meccanografici ai sensi del DL 10.6.1994 n.
357, o comunque la erronea determinazione della entità della sanzione irrogata, avendo la società
provveduto ad inserire i dati delle fatture contabili nel proprio sistema informatico esponendo i
8
RG n. 27512+31644/2007
ric. Ag.Entrate c/ Portfolio s.r.l.

est.
Stefano livieri

dichiarato, tra l’altro, non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12,

corrispettivi nella dichiarazione annuale IVA), specificando che le medesime questioni erano

state dedotte con il ricorso introduttivo (il cui contenuto è stato riportato per riassunto alla pag.
5 e 6 del controricorso) e rigettate dal Giudice di prime cure.

Tanto premesso il motivo di ricorso incidentale con il quale si deduce il vizio di
carenza motivazionale è fondato, non essendo dato verificare alla stregua degli enunciati

condotto al “decisum”, risultando enucleato nella sentenza -con affermazioni meramente
assertive- il solo giudizio conclusivo.

Come noto la motivazione della sentenza si articola in una sequenza passaggi logici
che possono scomporsi: 1-nella ricognizione dei fatti rilevanti in ordine alla questione in
diritto controversa; 2-nella individuazione degli elementi probatori dimostrativi dei
predetti fatti e nella selezione di quelli che si assumono decisivi ai fini del
convincimento del Giudice; 3-nella individuazione della “regula iuris” da applicare al
rapporto controverso. La carenza nell’impianto motivazionale della sentenza di alcuno
dei momenti logici indicati configura un “vulnus” al principio generale secondo cui tutti
i provvedimenti giurisdizionali debbono essere motivati (art. 111co6 Cost.) che può
spaziare, secondo la gravità, dal vizio logico (art. 360co1 n. 5 c.p.c.) fino alla totale
difformità della sentenza dal modello legale per assenza dell’indicato requisito
essenziale (art. 360co1 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 132co2 n. 4 c.p.c. ed all’art. 118col disp.
att. c.p.c.).

Più in generale deve ravvisarsi il vizio di carenza di motivazione tutte le volte in cui la
sentenza non dia conto dei motivi in diritto sui quali è basata la decisione (cfr. Corte cass.
V sez. 16.7.2009 n. 16581; id. I sez. 4.8.2010 n. 18108) e dunque non consenta la

comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, non evidenziando gli elementi di
fatto considerati o presupposti nella decisione (cfr. Corte cass. V sez. 10.11.2010 n. 2845)
ed impedendo ogni controllo sul percorso logico-argomentativo seguito per la
formazione del convincimento del Giudice (cfr. Corte cass. III sez. 3.11.2008 n. 26426, con
riferimento al ricorso ex art. 111 Cost; id. sez. lav. 8.1.2009 n. 161).
9
RG n. 27512+31644/2007
ric. Ag.Entrate c/ Portfolio s.r.l.

Con est.
Stefan
wieri

della sentenza impugnata quali siano le premesse in fatto ed in diritto che hanno

La sentenza impugnata non disvela alcuno dei presupposti fattuali dai quali procede la
valutazione conclusiva della mancanza di

“fondamento giuridico” dell’appello

incidentale proposto dalla società, risolvendosi pertanto la pronuncia di rigetto in una di
affermazione meramente tautologica e non esplicativa-logica, difettando tanto la
individuazione dei fatti rilevati, quanto il criterio logico utilizzato per pervenire
all’enunciato valutativo su quei fatti.
La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio della causa al Giudice di appello
affinché provveda ad emendare il vizio logico riscontrato, risultando assorbiti
nell’accoglimento del primo motivo di ricorso incidentale -dovendo essere riproposti
avanti il Giudice del rinvio-, gli altri motivi (secondo, terzo, quarto) in quanto formulati
in via alternativa-subordinata.

In conclusione il ricorso principale deve essere accolto, quanto al primo e secondo
motivo (inammissibile il terzo); il ricorso incidentale trova accoglimento, quanto al
primo motivo (assorbiti gli altri); la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa va
rinviata alla Commissione tributaria della regione Lazio in diversa composizione
affinché, attenendosi ai richiamati principi di diritto in materia di estensione del
giudicato penale nel giudizio tributario, provveda ad emendare i vizi logici riscontrati,
nonché a liquidare anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.
La Corte :

tu), …1……. s : al e.c..:
;

– accoglie il ricorso principale

a il ricorso incidentale condizionato, cassa la sentenza

impugnata e rinvia la causa alla Commissione tributaria della regione Lazio, in diversa
composizione, affinché, attenendosi ai richiamati principi di diritto in materia di
estensione del giudicato penale nel giudizio tributario, proceda a nuovo esame,
emendando i vizi logici riscontrati, e provveda a liquidare anche le spese del presente
giudizio.

10
RG n. 27512+31644/2007
ric. Ag.Entrate c/ Portfolio s.r.l.

Cmst
Stefano irivieri

.

XMITE DA REGISTIN”
Al SENSI DEL D.R1k, Ma%
14. 131 TAB.ALL.W N. 5

MATFAIA TRIBUTARIA

Così deciso nella camera di consiglio 27.1.2014

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