Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7650 del 18/04/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 7650 Anno 2016
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 28696-2013 proposto da:
CURTO SALVATORE CARMELO CRTSVT51A03B792H,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CORNELIO NEPOTE 21,
presso lo studio dell’avvocato GABRIELE CORONA, rappresentato
e difeso dall’avvocato ANGELO ROVEGNO, giusta procura in calce
al ricorso;

– ricorrentecontro
AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE
PAVIA, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende, ope legis;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 18/04/2016

avverso la sentenza n. 73/11/2013 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di MILANO del 22/03/2013,
depositata il 23/04/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
17/02/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CARACCIOLO;

RiC. 7013 n. 78696 se,. MT ud, 17-02-201b

-2-

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
11 relatore cons. Giuseppe Caracciolo,
letti gli atti depositati,

La CTR di Milano ha accolto l’appello dell’Agenzia -appello proposto contro la
sentenza n.65/0312012 della CTP di Pavia che aveva accolto il ricorso di Curto
Salvatore Carmelo- ed ha così confermato l’avviso di accertamento per IRPEF
relativa all’anno d’imposta 2005 adottato con modalità induttiva e sulla scorta
degli indici di capacità contributiva indicati nei DM 10.9.1992 e 19.11.1992.
La predetta CTR ha motivato la decisione ritenendo che non vi era prova che il
coniuge del contribuente avesse posseduto alcun reddito negli anni oggetto di
accertamento, per cui (anche considerando che il Curto aveva dichiarato moglie
e figlio fiscalmente a suo carico) le spese di gestione degli immobili
appartenenti alla coniuge non potevano escludersi ai fini del computo della
capacità contributiva del Curto. D’altronde, lo scostamento rilevato tra reddito
dichiarato e reddito accertato superava abbondantemente la percentuale
normativamente richiesta.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
L’Agenzia si è difesa con controricorso.

osserva:

Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore,
componente della sezione di cui all’art.376 cpc- può essere definito ai sensi
dell’art.375 cpc.
Infatti, con il primo motivo di impugnazione (centrato dell’art.53
D.Lgs.546/1992) la parte ricorrente si duole che il giudicante non abbia fatto
rilievo del difetto di specificità dei motivi dell’appello, che si sostanziavano “in
semplici critiche alla sentenza della Commissione Trbutaria di primo grado”.

Ricorso n.28696/2013 R.G

3

Il motivo di impugnazione è inammissibilmente formulato.
Ed infatti è indirizzo costante di questa Corte quello secondo cui:” Ai fini della
specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 cod. proc. civ.,
l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame,
possono sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte

specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di
percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni
adottate dal primo giudice” (per tutte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 25218 del
29/11/2011).
Consegue da ciò che la parte oggi ricorrente, per contrastare la valutazione del
giudice di appello, avrebbe dovuto —preliminarmente- dettagliare nell’atto di
ricorso per cassazione (punto per punto) quali erano state le statuizioni della
pronuncia di primo grado e quali le specifiche censure a riguardo di ciascuna di
esse proposte in atto di appello, non potendosi limitare ad assumere che un vago
difetto di specificità dei motivi di parte appellante. In difetto di una analitica e
dettagliata rappresentazione delle ragioni su cui si fonda l’assunto di specificità
dell’atto di appello, non può che concludersi per l’inammissibilità del motivo di
impugnazione qui in rassegna.
Con il secondo motivo (che dal contesto si desume centrato sulla violazione
degli art.57 e 58 del D.Lgs.546/1992) la parte ricorrente si duole della dal
giudice di appello ritenuta ammissibilità sia della produzione di documenti in
appello (dichiarazione dei redditi di Carlotta Dolores) che dell’accezione (nuova
in appello) in ordine al “mutuo di euro 132.000,00”.
Il motivo appare inammissibilmente formulato per violazione del canone di
autosufficienza (oltre al resto).
Nulla rinvenendosi nella pronuncia qui impugnata a proposito vuoi della
produzione dei documenti vuoi della formulazione del motivo di censura in
appello (che parte ricorrente definisce “eccezione”), sarebbe spettato alla parte
Ricorso n.28696/2013 R.G

nel giudizio di primo grado, purché ciò determini una critica adeguata e

ricorrente anzitutto dettagliare l’antefatto ed il fatto processuale, onde consentire
alla Corte di apprezzare la rilevanza della doglianza qui in esame. In difetto di
ciò, non è chi non veda che non può essere superato lo scoglio di ammissibilità
del motivo.
Con il terzo motivo di impugnazione (intestato:”assoluta mancanza di

l’omessa dichiarazione dei redditi per gli anni 2005 e 2007 “non è assolutamente
imputabile” ad esso contribuente, essendo responsabile dell’omissione tale rag.
Berri che —incaricato della predisposizione e deposito della dichiarazione- non vi
provvedeva. Di ciò era stata fatta denuncia penale, con procedimento ancora
pendente.
Anche detto motivo appare inammissibilmente formulato, per difetto di
attinenza.
Non vi è infatti correlazione alcuna tra detto motivo ed un qualche argomento
tra quelli valorizzati dal giudicante, sicchè la censura ora in esame è da
considerarsi del tutto frustranea.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
inammissibilità.
Roma, 30 luglio 2015.

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va
rigettato;
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di
Ricorso n.28696/2013 R.G

,

responsabilità da parte del contribuente”) la parte ricorrente evidenzia che

lite di questo giudizio, liquidate in € 4.000,00 oltre spese prenotate a debito ed
accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13 comma 1 quater del DPR 11.115 del 2002, la Corte dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il

Così deciso in Roma il 17 febbraio 2016

Il

ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13.

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