Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7648 del 02/04/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7648 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 12092-2008 proposto da:
STANISCI DOMENICO, elettivamente domiciliato in ROMA
VIALE DEL VIGNOLA 5, presso lo studio dell’avvocato
RANUZZI LIVIA, rappresentato e difeso dall’avvocato
QUERCIA LUIGI giusta delega in calce;
– ricorrente 2014
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contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 02/04/2014

avverso la sentenza n. 93/2006 della COMM.TRIB.REG.
di BARI, depositata il 27/03/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/01/2014 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;

si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito per il controricorrente l’Avvocato BACHETTI che

RITENUTO IN FATTO.
1. A seguito di processo verbale di constatazione, redatto dalla Guardia di Finanza di Monopoli del 16.6.00, veniva notificato a Stanisci Domenico, in data 22.4.02, un
avviso di accertamento parziale, con il quale l’ Ufficio
recuperava a tassazione la maggiore IVA dovuta per l’anno
1997, conseguente dell’omessa regolarizzazione di acquilative ad operazioni attive imponibili, alla violazione
dell’obbligo della dichiarazione di inizio di attività, e
alla mancata tenuta dei registri di cui agli artt. 23-25
del d.P.R. 633/72.
2. L’atto impositivo veniva impugnato dal contribuente
dinanzi alla CTP di Bari, che accoglieva il ricorso.
3. L’appello avverso la pronuncia di primo grado, proposto dall’Agenzia delle Entrate veniva, peraltro, accolto
dalla CTR della Puglia, con sentenza n. 93/3/06, depositata il 27.3.07, con la quale il giudice di seconde cure
riteneva legittimo l’accertamento induttivo dell’Ufficio,
alla stregua delle risultanze del processo verbale di
constatazione del 16.6.00, fondato sulle indagini bancarie esperite dai verbalizzanti, e non avendo il contribuente fornito elementi di prova di segno contrario.
4. Per la cassazione della sentenza n. 93/3/06 ha proposto, quindi, ricorso Stanisci Domenico affidato a quattro
motivi. L’Agenzia delle Entrate ha replicato con controricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con i quattro motivi di ricorso – che, per la loro
evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente Stanisci Domenico denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 54 e 55 d.P.R. 633/72 e 2697 c.c., in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., nonché l’ insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.
1.1. La CTR, a parere del ricorrente, avrebbe erroneamente ritenuto – peraltro con motivazione del tutto incongrua – fondata e legittima la rettifica emessa dall’ Ufficio per l’anno 1997, sulla base delle sole risultanze

sti senza fattura, alla mancata emissione di fatture re-

bancarie, senza che risultasse dimostrato dall’ Amministrazione finanziaria lo svolgimento da parte del medesimo, nell’anno in contestazione, di un’attività commerciale imponibile ai fini IVA.
In particolare, l’Ufficio – a parere dello Stanisci – non
sarebbe stato legittimato da alcuna risultanza istruttoria a presumere che i movimenti sui conti bancari esamiin nero ed a conseguenti ricavi. Dallo stesso processo
verbale di constatazione della Guardia di Finanza – richiamato per relationem nell’atto impositivo – era, difatti, possibile desumere che, dalla risposta data dai
clienti al questionario inviato loro dall’ Amministrazione finanziaria, era risultato che il contribuente aveva
iniziato l’attività di vendita di autovetture soltanto a
decorrere dall’1.7.98.
1.2. Del tutto erroneo si paleserebbe, poi, l’assunto
della CTR, secondo la quale cederebbe a carico del contribuente l’onere di dimostrare che le movimentazioni registrate sui suoi conti bancari, nell’anno 1997, fossero
imputabili ad operazioni non imponibili. Ben al contrario, ad avviso dello Stanisci, sarebbe stato onere
dell’Ufficio di provare che il contribuente sottoposto a
verifica era soggetto IVA, avendo svolto, nell’anno in
contestazione, un’attività commerciale, alla quale fossero – in ipotesi – riferibili le movimentazioni bancarie
riscontrate.
1.3. Difettando, dunque, la prova della sussistenza,
nell’anno 1997, di operazioni imponibili, del tutto erroneo sarebbe, altresì, l’ulteriore assunto della CTR, laddove ha ritenuto che l’accertamento induttivo dell’ Ufficio fosse legittimo, anche sull’insussistente presupposto
che il contribuente fosse tenuto a presentare, per l’anno
in discussione, la dichiarazione annuale IVA, e che ne
avesse, invece, omesso la presentazione.
2. Le censure suesposte sono infondate.
2.1. Va osservato, infatti, che, in materia di IVA, allorquando l’Amministrazione finanziaria proceda ad accer-

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nati, relativi all’anno 1997, si riferissero ad acquisti

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tamento induttivo, utilizzando i dati risultanti dai conti correnti bancari, al fine di superare la presunzione
posta a carico del contribuente dall’art. 51, co. 2, n.
2, del d.P.R. n. 633/72 (in virtù della quale le movimentazioni di denaro, nella specie bancarie, risultanti dai
dati acquisiti dall’Ufficio si presumono conseguenza di
operazioni imponibili), non è sufficiente una prova genesomme sui conti correnti. Il contribuente è, per vero,
gravato – a fronte di tale presunzione – dall’onere di
fornire la prova analitica della riferibilità di ogni
singola movimentazione alle operazioni già evidenziate
nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse
alla sua attività, con conseguente non rilevanza fiscale
dei movimenti rilevati sui suoi conti bancari (Cass.
1739/07; 13818/07; 1418/13; 21303/13).
2.2. Orbene, nel caso concreto, l’Ufficio procedeva
all’accertamento induttivo ex art. 55 d.P.R. 633/72 – come si evince dal processo verbale di constatazione, trascritto nei suoi punti essenziali dallo stesso ricorrente
– sulla base del riscontro dell’omessa regolarizzazione
di acquisti senza fattura, della mancata emissione di
fatture relative ad operazioni attive imponibili, della
violazione dell’obbligo della dichiarazione di inizio di
attività, e della mancata tenuta dei registri di cui agli
artt. 23-25 del d.P.R. 633/72. Constatata, pertanto, la
totale inadempienza dello Stanisci agli obblighi previsti
dalla normativa in materia di IVA, l’Ufficio provvedeva
all’invio al clienti del medesimo di appositi questionari, ai sensi dell’art. 51, co. 2 n. 4 d.P.R. 633/72, onde
acquisire ulteriori elementi di valutazione, ai fini
dell’emissione del conseguente atto impositivo.
Ebbene, dalle risposte date dai clienti a detti questionari, emergeva che sicuramente a partire dall’1.7.98, e
fino al 19.2.00, lo Stanisci aveva effettivamente venduto
autovetture a diversi clienti, i quali confermavano di
non avere mai ricevuto fatture per tali vendite, effettuate, pertanto, “in nero”.

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rica circa ipotetiche, distinte, causali dell’affluire di

2.3. E tuttavia, la Guardia di Finanza rilevava, sugli
stessi conti bancari utilizzati per gli anni successivi,
movimentazioni in uscita ed in entrata per somme ingenti,
anche nel precedente anno 1997, in relazione alle quali
lo Stanisci non era in grado di fornire alcuna giustificazione, essendosi limitato ad asserire, senza peraltro
allegare alcun elemento di riscontro di segno contrario,
conti personali, non fossero riconducibili ad operazioni
imponibili da lui svolte. Ne discende che, in relazione a
tali risultanze dei conti del contribuente è da ritenersi, senza dubbio, operativa la presunzione, prevista
dall’art. 51, co. 2 n. 2 d.P.R. 633/72, che i prelevamenti dissimulassero acquisti in nero ed i versamenti i relativi ricavi. Sicchè – contrariamente all’assunto del
ricorrente – alcun onere probatorio poteva ritenersi gravante sull’ Amministrazione finanziaria, poichè assistita
dalla suddetta presunzione, non smentita da risultanze
probatorie di segno opposto fornite dal contribuente.
2.4. Né giova a quest’ultimo appellarsi – quale elemento
decisivo e dirimente qualsiasi dubbio circa lo svolgimento di attività di impresa nell’anno 1997 – alle risposte
fornite dai clienti ai questionari inviati loro dall’ Amministrazione finanziaria, ed in forza delle quali
l’inizio dell’attività sarebbe databile soltanto a partire dall’1.7.98.
2.4.1. Va – per vero – osservato al riguardo che le risposte a tali questionari sono idonee a fornire
all’Amministrazione finanziaria soltanto uno degli elementi indiziari di valutazione, cui essa può fare ricorso
ai fini dell’emissione di un eventuale atto impositivo
(cfr. Cass. 1942/07. Tale elemento indiziario, pertanto,
ben può essere superato o smentito da risultanze ulteriori più decisive sul piano probatorio. E, nel caso concreto, tali risultanze sono costituite dalle movimentazioni
bancarie dell’anno 1997, della stessa natura di quelle
riscontrate negli anni successivi, operate sugli stessi

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che tali movimentazioni, che avevano interessato i suoi

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conti, e per le quali – come dianzi detto – mancano giustificazioni di sorta da parte del contribuente.
2.4.2. Siffatte risultanze degli accertamenti bancari,
dunque, sono da ritenersi suscettibili di dimostrare, in
assenza di una diversa, comprovata, versione dei fatti,
ed in mancanza – come in precedenza rilevato – perfino
della dichiarazione di inizio dell’attività di impresa,
contribuente in forma occulta, rispetto alla data indicata nei suddetti questionari. Deve, invero, rilevarsi in
proposito che – ben al contrario di quanto sostenuto dallo Stanisci – l’utilizzazione dei dati acquisiti, ai fini
IVA, presso le aziende di credito, ai sensi dell’art. 51,
co. 2, n. 2, del d.P.R. n. 633/72, non è subordinata alla
prova che il contribuente eserciti attività d’impresa o
di lavoro autonomo. E difatti, tali dati risultanti dai
conti correnti bancari, legittimamente acquisiti
dall’Ufficio anche tramite la Guardia di Finanza (ex art.
63 del decreto cit.), ben possono essere utilizzati sia
per dimostrare l’esistenza di un’eventuale attività occulta (impresa, arte o professione), sia per quantificare
il reddito ricavato da tale attività, incombendb al contribuente l’onere di dimostrare che i movimenti bancari
che non trovano giustificazione sulla base delle sue dichiarazioni non sono fiscalmente rilevanti (cfr. Cass.
9573/07; 21132/11).
2.5. In conseguenza di tutto quanto suesposto, pertanto,
è del tutto evidente l’infondatezza anche della censura
relativa alla pretesa illegittimità dell’accertamento induttivo, nella parte in cui è stato emesso dall’Ufficio,
in relazione all’omessa presentazione della dichiarazione
IVA annuale per l’anno 1997. Ed infatti, l’accertato compimento di operazioni imponibili nell’anno in discussione
comporta, ai sensi dell’art. 28 d.P.R. 633/72, l’obbligo
per il contribuente di presentare la dichiarazione annuale, la cui omissione espone il contribuente medesimo
all’accertamento induttivo ai sensi dell’art. 55 del decreto cit. (Cass. 22118/07).

anche una retrodatazione dell’attività stessa, svolta dal

ESENTE DA REGISTRAZIONE
Al SENSI DEL D.P.R. 26/4/1986
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N. 131TAB. ALL. B. – N. 5

MATERIA TRIBUTARIA

3. Per tutte le ragioni che precedono, pertanto, le censure in esame non possono che essere disattese.
4. Il ricorso proposto dallo Stanisci non può, di conseguenza, che essere integralmente rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alle spese del presente
giudizio, nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese del
presente giudizio, che liquida in 7.500,00, oltre alle
spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 27.1.2014.

La Corte Suprema di Cassazione;

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