Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7646 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 30/03/2010, (ud. 12/01/2010, dep. 30/03/2010), n.7646

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE EUROPA n. 175,

presso lo studio dell’avvocato URSINO ANNA MARIA ROSARIA, che la

rappresenta e difende giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.L., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato SCOGNAMIGLIO CLAUDIO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato BEGLIUOMINI

ALDO, giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 807/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 24/05/2005 R.G.N. 1117/03;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

12/01/2010 dal Consigliere Dott. MONACI Stefano;

udito l’Avvocato PORCELLI VINCENZO per delega SCOGNAMIGLIO RENATO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia trova origine nell’impugnazione, da parte della dipendente signora L.L. del recesso dal rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro. Ente Poste italiane, per risoluzione automatica del rapporto stesso a seguito del compimento di quaranta anni di anzianita’ contributiva. La domanda veniva respinta in primo ed in secondo grado, ma accolta, per quanto di ragione, da questa Corte con sentenza n. 12582 del 27 agosto 2002, che rinviava per la determinazione dell’entita’ del risarcimento del danno alla Corte d’Appello di Firenze.

Secondo quella prima sentenza di legittimita’, a partire dal momento della contrattualizzazione e del conseguente assoggettamento al diritto comune, del rapporto di lavoro dei dipendenti postali, doveva ritenersi illegittima la previsione, contenuta nel contratto integrativo al CCNL 26 novembre 1994, della risoluzione automatica del rapporto al raggiungimento della massima anzianita’ contributiva.

Di conseguenza il rapporto doveva ritenersi giuridicamente pendente, senza soluzione di continuita’, ed il creditore aveva diritto al risarcimento del danno, secondo la previsione di cui all’art. 1223 c.c..

Nella determinazione del risarcimento il giudice di rinvio doveva, peraltro, applicare il principio della compensalo lucri cum damno.

Con sentenza n. 807/2005, depositata in cancelleria il 24 maggio 2005, il giudice di rinvio accoglieva l’appello della L. e condannava le Poste Italiane s.p.a. al pagamento di una somma di denaro a titolo di differenza tra la retribuzione perduta (fino al raggiungimento del limite di eta’ per il pensionamento) ed il trattamento di pensione percepito. Il giudice di rinvio teneva conto nel calcolo anche delle competenze accessorie, ritenendo che non potessero essere esclusi.

Avverso la sentenza di appello, che non risulta notificata, la societa’ Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso per Cassazione, con quattro motivi, notificato, in termine, il 22 maggio 2006.

L’intimata signora L.L. ha resistito con controricorso notificato, in termine, il 30 giugno 2006, e successivamente ha depositato una memoria difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Nei primi due motivi le Poste lamentano, rispettivamente, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1223 c.c., e degli artt. 1362 e 1363 c.c. in relazione agli artt. 67, 68 e 69 del CCNL 26 novembre 1994, nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di punto decisivo della controversia prospettato dal ricorrente. I due motivi, peraltro, sono trattati unitariamente.

Secondo la societa’ non si applicava il criterio della retribuzione globale di fatto, e la retribuzione da prendere a base per il risarcimento del danno era soltanto quella ordinaria o normale, non sussistendo un principio generale di onnicomprensivita’ della retribuzione.

Non vi erano ricomprese, percio’, le altre indennita’ estranee alla retribuzione ordinaria e legate all’effettiva prestazione di lavoro.

Nei due motivi successivi, peraltro anch’essi trattati unitariamente, la societa’ ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione, rispettivamente della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 53 (norma che aveva disposto la fruizione da parte dei dipendenti dell’Ente Poste del trattamento di fine rapporto dalla data di trasformazione dell’Ente Pubblico Economico in societa’ per azioni) in relazione all’art. 2120 c.c., e della L. n. 71 del 1994, art. 6, commi 7, 8 e 9 (sulla ripartizioni degli oneri di carattere previdenziale), ed infine del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, artt. 1, 2, 3, 4 e 5 (in materia di indennita’ di buonuscita).

La ricorrente lamenta che la Corte d’Appello di Firenze abbia riconosciuto alla controricorrente il trattamento di fine rapporto dal 10 febbraio 1996 al 31 dicembre 2002, senza tener conto del fatto, posto in evidenza dalle stesse Poste, che fino al 28 febbraio 1998, quando l’Ente pubblico si era trasformato in societa’ regolata dal diritto privato, continuava a permanere l’indennita’ di buonuscita la cui erogazione spettava ad un apposito istituto previdenziale, l’IPOST. 2. Il ricorso non e’ fondato, e non puo’ trovare accoglimento.

I primi due motivi, strettamente connessi tra loro, debbono essere trattati unitariamente, cosi’ come, del resto, ha fatto la societa’ ricorrente.

Altrettanto vale, del resto, per gli ultimi due motivi, anch’essi strettamente connessi tra loro.

I primi due motivi sono infondati.

Come riconosciuto da questa Corte nella precedente sentenza n. 12582/2002, il recesso anticipato da parte delle Poste per superamento, da parte della dipendente signora L.L., della massima anzianita’ contributiva, era illegittimo, e, di conseguenza, la dipendente stessa aveva diritto al risarcimento dei danni.

In quella sentenza questa Corte ha anche precisato che nel commisurare il danno il giudice di rinvio avrebbe dovuto tener conto di quanto la L. aveva percepito nello stesso periodo a titolo di trattamento di quiescenza in conseguenza della cessazione del rapporto.

Quello da corrispondere alla lavoratrice ingiustamente licenziata e’, pero’, un trattamento risarcitorio che come tale non puo’ essere limitato alla retribuzione di base, ma deve necessariamente ricomprendere tutto quanto la dipendente avrebbe dovuto percepire tenendo conto anche delle differenti voci accessorie di retribuzione, quelle legate all’effettiva prestazione; se, infatti, non fosse stata licenziata illegittimamente, la signora L. avrebbe continuato a svolgere la propria attivita’ lavorativa, e, percio’, avrebbe percepito tutte le diverse retributive, comprese quelle connesse all’effettivita’ delle prestazioni.

E’ inconferente, percio’, prima ancora che infondato, l’argomento relativo all’inapplicabilita’ del criterio della retribuzione globale di fatto.

3. Come si e’ detto, anche il terzo ed il quarto motivo di impugnazione sono strettamente connessi tra loro, e come tali non possono che essere trattati unitariamente.

I due motivi sono inammissibili perche’ tardivi.

Non si rinviene traccia delle argomentazioni svolte ne’ nella sentenza di rinvio ora impugnata, ne’ nella precedente sentenza di legittimita’ n. 12582/2002.

Ne’ la parte ricorrente indica quando e dove quegli argomenti sarebbero stati propositi in modo da consentire alla Corte di effettuare i necessari riscontri.

4. Il ricorso, percio’, e’ infondato, e deve essere rigettato. Tenuto conto della complessita’ della fattispecie, quale risultante anche dal diverso esito della controversia nei successivi gradi di giudizio, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Cosi’ deciso in Roma, il 12 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

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