Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7642 del 24/03/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 24/03/2017, (ud. 19/01/2017, dep.24/03/2017),  n. 7642

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26483-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 90/2011 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

BRESCIA, depositata il 22/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2017 dal Consigliere Dott. TRICOMI LAURA;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

MASELLIS MARIELLA che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sezione dist. di Brescia, con la sentenza n. 90/63/11, depositata il 22.03.2011 e non notificata, respingendo l’appello dell’Agenzia delle entrate, ha confermato la prima decisione che aveva accolto l’impugnazione proposta da B.M., esercente l’attività di trasporto merci su strada, avverso l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) fondato sull’applicazione degli studi di settore, con il quale venivano recuperati a tassazione ai fini IVA, IRPEF ed IRAP sui maggiori ricavi per l’anno di imposta 2004.

2. Il giudice di appello, dopo aver sostenuto che gli studi di settore non integravano una presunzione legale con inversione dell’onere della prova, ma presunzione semplice, di per sè inidonea a fondare l’accertamento senza l’ausilio di ulteriori elementi indiziari, di guisa che l’accertamento era meritevole di annullamento, osservava che, nello specifico, l’entrata derivante dalla cessione del leasing, come sostenuto dalla parte privata, doveva confluire nella valutazione dello studio di settore, in quanto sopravvenienza attiva espressamente considerata come componente dei ricavi ai sensi dell’art. 88 del TUIR, e che a ciò conseguiva la congruità dei ricavi.

3. La Agenzia contribuente ricorre per cassazione su due motivi. L’intimato non svolge difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con entrambi i motivi si denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. D), e del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, e dell’art. 2697 c.c., anche in combinato disposto con l’art. 88, comma 5, del TUIR (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

1.2. Nel primo caso per avere erroneamente ritenuto la CTR che gli studi di settore non erano sufficienti ad integrare prova della maggior reddito, una volta che era stato svolto regolarmente il contraddittorio, e sostenuto che a carico dell’Amministrazione incombeva invece l’onere di ulteriore prova.

1.3. Nel secondo caso per avere la CTR ritenuto erroneamente che l’incremento della disponibilità finanziaria del contribuente, conseguente alla cessione del contratto di leasing, conferisse congruità ai ricavi dichiarati nel 2004, laddove, secondo l’Agenzia, tale incremento era da ritenersi componente straordinaria del reddito e, pertanto, non poteva essere considerata un ricavo tipico dell’attività imprenditoriale rilevante per l’applicazione dello studio di settore.

Nello specifico, il contribuente, in sede di contraddittorio, aveva sostenuto che i ricavi risultavano congrui rispetto allo studio di settore se veniva sommato all’importo dei ricavi dichiarati, ammontanti ad Euro 234.105,00 ed indicati al rigo F14 del Modello Unico 2004, l’importo della somma di Euro 50.610,00 riscossa a titolo di cessione di contratto di leasing ed indicata al rigo F28 tra gli oneri straordinari.

Tale ragionamento non era stato condiviso dall’Amministrazione, la quale aveva rimarcato che i ricavi da indicare al rigo F14, rilevanti per valutarne la congruità rispetto allo studio di settore, come peraltro fatto dal contribuente, erano solo quelli derivanti dalla gestione caratteristica dell’attività di impresa e non i proventi straordinari estranei alla gestione della stessa, come doveva ritenersi l’importo conseguito per la cessione del contratto di leasing, anche se ciò non aveva convinto la Commissione territoriale.

2.1. I motivi vanno accolti perchè fondati.

2.2. Giova ricordare che questa Corte ha affermato che “I parametri o studi di settore previsti dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 181 e 187, rappresentando la risultante dell’estrapolazione statistica di una pluralità di dati settoriali acquisiti su campioni di contribuenti e dalle relative dichiarazioni, rilevano valori che, quanto eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico – induttivo, il D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d, che deve essere necessariamente svolto in contraddittorio con il contribuente, sul quale, nella fase amministrativa e, soprattutto, contenziosa, incombe l’onere di allegare e provare, senza limitazioni di mezzi e di contenuto, la sussistenza di circostanze di fatto tali da allontanare la sua attività dal modello normale al quale i parametri fanno riferimento, sì da giustificare un reddito inferiore a quello che sarebbe stato normale secondo la procedura di accertamento tributario standardizzato, mentre all’ente impositore fa carico la dimostrazione dell’applicabilità dello “standard” prescelto al caso concreto oggetto di accertamento (Cass. n. 14288/2016, v. anche Cass. SU n. 26635/2009).

2.3. Nel caso in esame la CTR non ha fatto corretta applicazione di questi principi, laddove ha ritenuto che ulteriori oneri probatori gravassero sulla Amministrazione, nonostante la regolare instaurazione del contraddittorio con il contribuente ed la conseguente inversione dell’onere probatorio a suo carico.

2.4. Anche il secondo motivo è fondato.

2.5. Ricorda la Corte che il D.P.R. n. 917 del 1986, art. 88, nel testo vigente ratione temporis, intitolato “Sopravvenienze attive”, recita al comma 1 “1. Si considerano sopravvenienze attive i ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi e i ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito in precedenti esercizi, nonchè la sopravvenuta insussistenza di spese, perdite od oneri dedotti o di passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi”; quindi nei commi successivi esamina una pluralità di fattispecie che vengono ricondotte o vengono escluse dalla categoria delle sopravvenienze attive; infine, al comma 5, detta la disposizione rilevante nel caso di specie “5. In caso di cessione del contratto di locazione finanziaria il valore normale del bene costituisce sopravvenienza attiva.”.

Dalla lettura complessiva della norma si evince che i ricavi rientrano nella più ampia e generale voce delle sopravvenienze attive, comprendente “ricavi ed altri proventi”, e che non tutti gli “altri proventi” costituiscono “sopravvenienze attive”, di guisa che va esclusa la sovrapponibilità concettuale tra sopravvenienze e ricavi, costituendo le prime un più ampio insieme all’interno del quale si collocano i ricavi.

2.6. Passando alla disciplina degli studi di settore si deve osservare che il D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, prevede che gli accertamenti di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), possono essere fondati anche “sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell’art. 62 – bis del presente decreto.”.

Raffrontando le due disposizioni, sia sul piano letterale che su quello logico e giuridico, risulta evidente la infondatezza dell’interpretazione propugnata dalla CTR.

Invero la disposizione relativa agli studi di settore individua come voci rilevanti “i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati” da raffrontare con l’estrapolazione statistica realizzata sulle medesime voci che risultino “fondatamente desumibili dalle caratteristiche delle condizioni di esercizio della specifica attività svolta” al fine di riscontrare l’esistenza o meno di gravi incongruenze. Se ne deduce che le voci rilevanti non sono tutte quelle riconducibili nella ampia categoria delle sopravvenienze attive, ma solo alcune, e che, per omogeneità con l’estrapolazione statistica, devono essere prese in considerazione solo le voci che normalmente connotano in modo sintomatico ed ordinario la specifica attività, di guisa che debbono ritenersi escluse le voci attive che non rientrano nelle categorie indicate o che si connotano come straordinarie.

Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto erroneamente dalla CTR, nel caso in esame, l’entrata derivante dalla cessione del contratto di leasing non poteva essere sommata al dichiarato, per dimostrarne la congruità allo studio di settore, perchè non era conseguita all’attività ordinaria, ma era una sopravvenienza straordinaria estranea alla gestione dell’impresa, che la stessa contribuente non aveva indicato tra gli elementi rilevanti per l’applicazione dello studio di settore.

Invero, poichè gli studi di settore sono basati su estrapolazioni statistiche, gli eventi economici straordinari ne possono eventualmente giustificare lo scostamento, ma non la congruenza.

3.1. In conclusione il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso originario.

3.2. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo e le spese delle fasi di merito si compensano per equità.

PQM

– accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario;

– condanna l’intimato alla refusione delle spese del giudizio di legittimità che liquida nel compenso di Euro 3.800,00=, oltre spese prenotate a debito, e compensa le spese di giudizio per le fasi di merito tra le parti.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2017

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