Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7642 del 02/04/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7642 Anno 2014
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: CIRILLO ETTORE

SENTENZA
sul ricorso 16592-2008 proposto da:
CANNAVALE ACHILLE, elettivamente domiciliato in ROMA
VIA SICILIA 66, presso lo studio dell’avvocato
FANTOZZI AUGUSTO, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati GIULIANI FRANCESCO, BELLI
CONTARINI EDOARDO giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 02/04/2014

- controricorrente
avverso

la

sentenza

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST.

n.

517/2007

di LATINA,

della

depositata il

22/10/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
27/01/2014

dal Presidente e Relatore

Dott. ETTORE CIRILLO;
udito per il ricorrente l’Avvocato CUTARELLI delega
Avvocato BELLI CONTARINI che si riporta;
udito per il controricorrente l’Avvocato BACHETTI che
si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
l’accoglimento del 3 ° motivo del ricorso, assorbiti
gli altri.

udienza del

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza del 22 ottobre 2007 la sezione di Latina della

Commissione tributaria laziale ha rigettato l’appello proposto da Achille
Cannavale nei confronti dell’Agenzia delle entrate, confermando la
decisione di primo grado che aveva dichiarato inammissibile il ricorso
contro la cartella di pagamento notificata 1’8 ottobre 2005 per l’importo
di 378.479,86 C iscritto a ruolo nel 2000 per IVA, interessi e sanzioni

che, in data 13 marzo 1998, avevano confermato gli avvisi rettifica
emessi per gli anni d’imposta 1985, 1986 e 1987.
Per quanto qui interessa, il giudice d’appello ha motivato al sua
decisione affermando quanto segue:
«…in sostanza per i primi giudici e in ogni caso secondo questa
Commissione, visto che dalla cartella (notificata 1’8.10.05) risultava la
data in cui il ruolo era stato reso esecutivo (26.10.2000), e che quindi
l’ufficio, per quanto titolare del credito erariale, non poteva comunque
essere ritenuto responsabile della asserita tardività della notifica di
esclusiva competenza del concessionario,

[il ricorso] andava proposto

proprio e necessariamente ai sensi dell’art.18 c.2 lett. c) del d.lgs.
546/92, con la consequenziale inapplicabilità nella fattispecie della
chiamata in causa (successiva) del concessionario ex art.14».

2. Propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, il contribuente;
il fisco resiste con controricorso. Il ricorrente replica con memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3.

Con il

primo motivo,

il ricorrente – denunciando «Violazione

dell’art.112 c.p.c.. Nullità delle sentenza impugnata per omessa
pronuncia (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.)» – interroga la Corte
sul seguente quesito di diritto:
«tenuto conto che nella specie i giudici di appello non si sono affatto
pronunciati su una questione di diritto decisiva per la controversia in
esame – rappresentata dall’applicabilità nel concreto dell’art.25 del
d.p.r. n.602/1973, nel testo derivante dalla modifiche apportate
dall’art.11 del d.lgs. n.46/1999, per effetto, del quale risultava evidente,
da un lato, il venir meno e, quindi, l’illegittimità della pretesa tributaria
del fisco recata dalla cartella di pagamento in oggetto, in quanto
1

dovute in forza di tre sentenze della commissione tributaria centrale

notificata oltre il termine perentorio previsto dalla legge e, dall’altro lato,
l’illegittimità delle declaratoria d’inammissibilità del ricorso del
contribuente da parte dei primi giudici, in quanto correttamente
notificato al solo ente impositore, titolare del credito vantato – e,
conseguentemente, tenuto conto che gli stessi giudici hanno omesso di
adottare il provvedimento decisorio indispensabile per la soluzione del
caso concreto, la sentenza impugnata deve essere dichiarata nulla per

4. Col secondo motivo, il ricorrente – denunciando «Illegittimità della
sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art.25 del
d.p.r. n.602/1973 (art.360 n, comma 1, n.3 c.p.c.» – interroga la Corte
sul seguente quesito di diritto:
«tenuto conto che, nella sentenza impugnata, i giudici di appello hanno
omesso di dichiarare l’illegittimità della cartella di pagamento perché
notificata olre il termine di decadenza di cui all’art.25 del d.p.r.
n.602/1973, nel testo applicabile ratione temporis alla fattispecie,
derivante dalle modifiche apportate dall’art.11 del d.lgs. n.46/1999, in
base al quale il concessionario deve notificare la cartella di pagamento
entro un termine perentorio (cioè, entro l’ultimo giorno del quarto mese
successivo a quello della consegna del ruolo), scaduto il quale
l’amministrazione decade da qualsiasi pretesa tributaria, e quindi tenuto
conto che gli stesi giudici hanno, conseguentemente omesso di
dichiarare l’illegittimità della pretesa tributaria fatta valere dall’ente
impositore mediante la predetta illegittima cartella, deve ritenersi violato
l’art. 25 del d.p.r. n. 602/1973 nel testo applicabile al caso di specie?».

5. Col terzo motivo, il ricorrente – denunciando «Illegittimità dela
sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art.18,
comma 4, del d.lgs. n. 546/1992 (art.360, comma 1, n.3 c.p.c.)» interroga la Corte sule seguente quesito di diritto:
«tenuto conto che, con la sentenza impugnata, i giudici di appello hanno
confermato la sentenza pronunciata dai giudici di primo grado, in ordine
alla declaratoria di inammissibilità del ricorso del contribuente,
affermando che “il vizio afferente alla fase della notifica delle cartella di
pagamento … doveva essere contestato mediante chiamata in causa del
concessionario del servizio di riscossione tributi che ha emesso la
cartella e non con evidente errore di competenza mediante ricorso

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omessa pronuncia ai sensi dell’art.112 c.p.c.?».

proposto nei confronti del solo ufficio impositore soggetto carente di
legittimazione passiva in ordine a tale vizio”, deve ritenersi violato
l’art.18, comma 4, del d.lgs. n.546/1992, che prevede invece
l’inammissibilità del ricorso solo se manca o è assolutamente incerta
l’indicazione del soggetto nei cui confronti si propone il ricorso,
circostanza quest’ultima che, tuttavia, nella specie, non si è verificata,
avendo il contribuente legittimamente e correttamente individuato quale

6. Il primo mezzo è inammissibile.
Esso, denunciando l’omessa pronuncia sulla pretesa decadenza ex art.
25 d.p.r. 602, non coglie nel segno.
La ratio decidendi della sentenza d’appello riguarda esclusivamente la
carenza di legittimazione ad causam dell’Agenzia delle entrate, essendo
a suo dire legittimato passivo solo il concessionario per la riscossione.
Invero, il quesito di diritto, che deve delimitare i confini
dell’impugnazione devoluta a questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 7258
del 26/03/2007, Rv. 595864), non attinge direttamente l’unica
statuizione emessa ma solo l’effetto derivante dall’assorbimento della
questione di merito rispetto alla preliminare execeptio litis ingressum
impediens accolta dal giudice di merito.

7. Anche il secondo mezzo è inammissibile.
Esso riguarda la questione di merito sulla pretesa decadenza ex art. 25
d.p.r. 602; ma trattasi di questione non decisa dal giudice di merito in
ragione del rilievo logicamente e giuridicamente assorbente della
questione preliminare.
Si rammenta che nel giudizio di cassazione non trova applicazione il
disposto dell’art. 346 cod. proc. civ.; pertanto, le questioni non decise
perché implicitamente dichiarate assorbite dal giudice di merito devono
essere riproposte e decise nell’eventuale giudizio di rinvio. (Sez. 2,
Sentenza n. 1566 del 24/01/2011, Rv. 615963)

8. Infine, pure il terzo mezzo è va disattèso:
Esso mira a circoscrivere le ipotesi d’inammissibilità del ricorso
introduttivo, nel processo tributario, alla s’ora peculiare fattispecie di cui
al comma 4 dell’articolo 18 d.lgs. 546/92.

3

legittimato passivo l’ente impositore? ».

?SENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.P.R. 26/4/190
5
N. 131 TAB. ALL. B. MATERIA TRIBUTAR
Invece, è ben noto che il difetto di legitimatio ad causam

comporta, di

per sé stesso e in tesi generale, la dichiarazione d’inammissibilità
dell’atto introduttivo del giudizio (Sez. 5, Sentenza n. 5375

del

04/04/2012, Rv. 622277), dovendosi, in via preliminare rispetto al
merito, verificare la coincidenza della parte istante e della controparte
con i soggetti che, secondo la legge che regola il rapporto dedotto in
giudizio, sono destinatari degli effetti della pronuncia richiesta (Sez. U,

E’ vero che il giudice del gravame, anche di legittimità, può rilevare
d’ufficio il difetto di uno dei presupposti della legittimazione ad agire, ma
sempre che sulla questione non si sia formato il giudicato interno
espresso (Sez. 5, Sentenza n. 20978 del 13/09/2013 (Rv. 628501); il
che è accaduto nel caso di specie essendo mancata l’impugnazione, con
motivo specifico e corredato da idoneo quesito di diritto, della
statuizione d’appello sulla legitimatio ad causam.

9. Al rigetto del ricorso consegue la regolazione delle spese del presente
giudizio di legittimità secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il contribuente alle spese del
giudizio di legittimità liquidate in C 12.000 per compensi, oltre alle spese
prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2014.

Sentenza n. 1912 del 09/02/2012, Rv. 620484).

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