Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7641 del 18/04/2016


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 7641 Anno 2016
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA
sul ricorso 561-2014 proposto da:
DOCKS TRENTINI SRL 01230620229, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
VARRONE 9, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO
VANNICELLI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
FEDERICA PEZZATO, giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE 11210661002, in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

Data pubblicazione: 18/04/2016

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrente nonché contro

UFFICIO CONTROLLI;

intimata

avverso la sentenza n. 55/01/2013 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA II GRADO di TRENTO del 22/04/2013, depositata il
20/05/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
17/02/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO CIGNA;
udito l’Avvocato SILVIA MARIA CINQUEMANI, giusta delega
allegata al verbale dell’Avvocato VANNICELLI, difensore del
ricorrente, che si riporta agli scritti e deposita nota spese.
SVOLGIMENTO PROCESSO
Docks Trentini srl ha proposto separati ricorsi presso la Commissione
Tributaria di primo grado di Trento avverso due avvisi con i quali la
locale Agenzia delle Entrate aveva accertato maggior imponibile IRAP
rispettivamente per gli anni di imposta 2004 e 2005; a sostegno dei
ricorsi ha sostenuto la violazione dell’art. 12, comma 7, L. 212/2000
per avere l’Ufficio emesso gli avvisi impugnati senza l’osservanza del
termine ivi previsto, nonostante l’insussistenza di ragioni di particolare
urgenza.
L’adita Commissione, riuniti i ricorsi, ha rigettato quello relativo
all’anno 2004, in quanto l’Ufficio aveva proceduto al controllo solo
sulla base di dati in suo possesso e del bilancio depositato presso la
Camera di Commercio, in assenza quindi di alcuna richiesta alla
Ric. 2014 n. 00561 sez. MT – ud. 17-02-2016
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AGENZIA ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE TRENTO

contribuente di fornire chiarimenti e documentazione; ha invece
accolto quello relativo all’anno 2005, in quanto la su citata disposizione
non faceva distinzione tra accertamenti interni ed esterni e tra verifiche
eseguite in luoghi particolari.
Con sentenza depositata il 20 maggio 2013 la Commissione Tributaria

oggetto l’accertamento 2005, ritenendo (in riforma -sul punto- della
decisione di primo grado) corretto l’operato dell’Ufficio, ed ha invece
rigettato quello del contribuente, avente ad oggetto l’accertamento
2004; in particolare la Commissione ha evidenziato che, in base al cit.
art. 12, le garanzie ivi previste trovano applicazione solo in caso di
accessi, ispezioni e verifiche fiscali compiute nei locali del
contribuente, e non invece quando (come nel caso di specie) si è in
presenza solo di un mero controllo contabile eseguito
dall’Amministrazione finanziaria nei propri Uffici; in tale ultima
ipotesi, regolamentata dagli artt. 32 dpr 600/73 (ILDD) e 51 dpr
633/1972 (IVA), l’Agenzia può invitare il contribuente ad esibire atti e
documenti relativi all’accertamento (come avvenuto nel caso di specie,
attraverso invito notificato alla società), senza dover eseguire nessun
altra formalità; in ogni modo, secondo la Commissione, l’atto
impugnato non potrebbe comunque essere dichiarato nullo, non
essendo il rispetto del termine in questione prescritto a pena di nullità.
Avverso detta sentenza propone ricorso per Cassazione la società
contribuente affidato a due motivi ed illustrato anche da successiva
memoria ex art. 378 cpc.
L’Agenzia resiste con controricorso.
All’udienza del 6-11-2014 il giudizio è stato rinviato a nuovo ruolo in
attesa di decisione delle sezioni unite di questa Corte; intervenuta detta
decisione (Cass. sez. unite 24823/2015), è stata nuovamente fissata
Ric. 2014 n. 00561 sez. MT – ud. 17-02-2016
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di secondo grado di Trento ha accolto l’appello dell’Agenzia, avente ad

l’udienza di discussione e la società ha presentato altra memoria ex art.
378 cpc.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo morivo il contribuente, denunziando —ex art. 360 n. 4
cpc- nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cpc, si duole che

la Commissione di secondo grado non si sia in alcun modo
pronunciata sull’autonoma domanda di appello da esso contribuente
formulata in relazione al capo si sentenza di primo grado che aveva
rigettato il ricorso relativo all’anno 2004.
Il motivo è infondato.
La Commissione di secondo grado, invero, accogliendo l’appello
dell’Ufficio (relativo all’accertamento 2005) sulla base della ritenuta
non applicabilità delle garanzie di cui al cit. art. 12 alle verifiche
eseguite dall’Amministrazione nei propri uffici (come pacificamente
avvenuto nel caso di specie per entrambi gli anni in questione), ha in
tal modo implicitamente motivato anche il rigetto (peraltro
espressamente contenuto nel dispositivo) dell’appello del contribuente
(relativo all’accertamento 2004), avente ad oggetto (in sintesi)
l’applicabilità di dette garanzie a tutte le operazioni di controllo, senza
alcuna distinzione.
Con il secondo motivo di ricorso il contribuente, denunziando -ex art.
360 n. 3 cpc- violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, L.
212/2000, si duole che la Commissione di secondo grado abbia
ritenuto la detta disposizione applicabile solo ad operazioni di verifica
condotto dagli organi dell’amministrazione Finanziaria nei locali del
(

contribuente destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali,
agricole, artistiche o professionali, e non invece a tutte le verifiche
eseguite dall’Amministrazione, a prescindere dal luogo ove esse si
siano svolte; sostiene, inoltre, che, contrariamente a quanto affermato
Ric, 2014 n. 00561 sez. MT – ud. 17-02-2016
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nell’impugnata sentenza ed in conformità a quanto statuito da Cass.
sez. unite 18184/2013 , la violazione delle garanzie di cui al cit. art. 12
comporta sempre la nullità dell’avviso, anche se non espressamente
prevista dalla detta norma.
Anche detto motivo è infondato.

sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio
2000, n. 212 deve essere interpretato nel senso che l’inosservanza del
termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di
accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui
confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica
nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo
verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che
ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto
impositivo emesso “ante tempus”, poiché detto termine è posto a
garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il
quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione
costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e
contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della
potestà impositiva. Il vizio invalidante non consiste nella mera omessa
enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato
l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito
(esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella
concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata
dall’ufficio” (Cass. sez. unite 18184/2013).
Questa Corte, tuttavia, nella sentenza a sez. unite 24823/2015,
nell’affrontare la questione ad essa rimessa (e cioè se le garanzie di
carattere procedimentali predisposte dall’art. 12, comma 7, L.
212/2000 si applichino soltanto agli accertamenti emessi in esito ad
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E’ vero, infatti, che “in tema di diritti e garanzie del contribuente

accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita
l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente ovvero se
esse —in quanto espressione di un generalizzato obbligo di
contradditorio nell’ambito del procedimento amministrativo di
formazione dell’atto fiscale- operino pure in relazione agli accertamenti

relazione agli accertamenti derivanti da verifiche effettuate presso la
sede dell’Ufficio, in base alle notizie acquisite da altre P.A., da terzi
ovvero dallo stesso contribuente, in conseguenza della compilazione di
questionari o in sede di colloquio -c.d. verifiche a tavolino-), ha
dapprima precisato che le dette garanzie procedimentali trovano
applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti
ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si
esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente;
tanto anche per la peculiarità di tali verifiche, caratterizzate
dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di
pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutatiti a
lui sfavorevoli; peculiarità che giustifica, quale controbilanciamento, il
contradditorio; la Corte ha poi escluso, sulla base della normativa
nazionale, l’esistenza di una clausola generale di contradditorio
endoprocedimentale, e cioè di un principio generale per il quale
l’Amministrazione, anche in assenza di specifica disposizione, sia
tenuta ad attivare, pena la nullità dell’atto, il contradditorio
endoprocedimentale ogni qualvolta debba essere adottato un
provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente; la
Corte, inoltre, sulla base dell’ordinamento europeo (in particolare: art.
41 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea), ha invece
ritenuto il rispetto del contradditorio nel procedimento tributario
principio fondamentale dell’ordinamento europeo, la cui violazione
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conseguenti ad ogni altro tipo di verifica fiscale e, in particolare, in

tuttavia può determinare l’annullamento dell’atto soltanto se, in
mancanza di tale irregolarità, il detto procedimento “avrebbe potuto
comportare un risultato diverso”; di conseguenza, secondo la Corte,
per i “tributi non armonizzati” (cioè per i tributi soggetti solo alla
disciplina nazionale ed estranei quindi alla sfera di competenza del

in questione —IRAP-), l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il
detto contradditorio, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente
in relazione alle ipotesi in cui tale obbligo sia previsto da specifica
norma di legge.
Nell’ipotesi in questione (verifiche “a tavolino”), pertanto, non
essendo (come detto) prescritto il citato obbligo, correttamente la
Commissione di secondo grado ha ritenuto validi gli accertamenti
impugnati.
Con la memoria ex art. 378 cpc il contribuente solleva questione di
legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 7, L. 212/2000 (come
interpretato dalla su menzionata decisione delle sez. unite 24823/2015,
ritenuta costituire “diritto vivente”), per violazione del principio di
uguaglianza ex art. 3 Cost. nonché del canone di ragionevolezza
intrinseca ex art. 97 Cost. e del diritto di difesa ex art. 24 Cost, anche
in riferimento all’art. 111 Cost.
La questione è manifestamente infondata.
Come evidenziato, invero, dalla stessa su esaminata sentenza
24823/2015 delle sez. unite, il dato testuale del detto art. 12, comma 7,
L. 212/2000, univocamente tendente alla limitazione della garanzia del
contradditorio procedimentale alle sole “verifiche in loco”, è da
ritenersi ” non irragionevole”, in quanto giustificato dalla peculiarità
stessa di tali verifiche, ‘caratterizzate dall’autoritativa intromissione
dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla
Ric. 2014 n. 00561 sez. MT – ud. 17-02-2016
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diritto dell’Unione Europea; in particolare: i tributi diretti, quale quello

diretta ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli; peculiarità che
giustifica, quale controbilanciamento, il contradditorio al fine di
correggere, adeguare e chiarire, nell’interesse del contribuente e della
stessa Amministrazione, gli elementi acquisiti presso i locali aziendali”;
siffatta peculiarità, differenziando le due ipotesi di verifica (“in loco” o
`a tavolino”), giustifica e rende non irragionevole il differente

trattamento normativo delle stesse, con conseguente manifesta
infondatezza della sollevata questione di costituzionalità con
riferimento agli artt. 3 e 97 Cost..; né una questione di costituzionalità,
sempre con riferimento all’art. 3 della Cost. può porsi per la duplicità
di trattamento giuridico tra “tributi armonizzati” e “tributi non
armonizzati”, atteso che, come anche in tal caso evidenziato dalla su
menzionata sentenza delle sez. unite 24823/2015, l’assimilazione tra i
due trattamenti è preclusa in presenza di un quadro normativo
univocamente interpretabile nel senso dell’inesistenza, in campo
tributario, di una clausola generale di contradditorio procedimentale
L’affermata insussistenza, nell’ordinamento tributario nazionale, di una
cluausola generale di contradditorio endoprocedimentale non viola,
inoltre, né l’art. 24 Cost. né l’art. 111 Cost., atteso che, come
espressamente affermato da questa Corte nella su richiamata sentenza
a sez. unite 24823/2015, le garanzie di cui all’art. 24 “attengono,
testualmente, all’ambito giudiziale”, né l’art. 111 Cost., in quanto il
giudizio tributario, pur nella sua particolarità, è comunque rispettoso
del principio della c.d. “parità delle armi”, giacché, fermo restando il
divieto di ammissione della prova testimoniale sancito dall’art. 7 d.lgs.
546/1992, il potere di introdurre in giudizio dichiarazioni rese da terzi
in sede extraprocessuale, con il valore probatorio proprio degli
elementi indiziari, compete non solo all’Amministrazione finanziaria,
che tali dichiarazioni abbia raccolto nel corso d’indagine
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,

amministrativa, ma, altresì, con il medesimo valore probatorio, al
contribuente.
In conclusione, quindi, il ricorso va rigettato.
In considerazione del solo recente intervento delle sezioni unite sulle
questioni oggetto di causa, si ritiene sussistano giusti motivi per

legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, dpr115/2002, si dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso principale , a norma del comma 1 bis del cit. art.
13.

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; dichiara compensate tra le parti le spese del
presente giudizio di legittimità; dà atto della sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso principale
C

deciso in R ma 11 17-2-2016
onsiglier

Il Prente
dott. Mar

• Iacobellis

dichiarare compensate tra le parti le spese del presente giudizio di

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