Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7635 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. III, 30/03/2010, (ud. 19/02/2010, dep. 30/03/2010), n.7635

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10938/2006 proposto da:

G.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA DEI MARTIRI DI BELFIORE 2 SC. D INT. 10, presso lo

studio dell’avvocato TAMBURRO LUCIANO, rappresentato e difeso dagli

avvocati SUTTI Stefano, SIMONA CAZZANIGA giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

GRUPPO UGO MURSIA EDITORE SPA, D.S.E., D.S.

G.;

– intimati –

sul ricorso 13263/2006 proposto da:

GRUPPO UGO MURSIA EDITORE SPA (OMISSIS) in persona del Presidente

M.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. NICOTERA

29 PAL. 9 INT. 5, presso lo studio dell’avvocato ASSUMMA GIORGIO, che

la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ZORZOLI VOLPI

MASSIMO, BIANCOLELLA GIAN PIERO giusta delega in calce al

controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

P.E., D.S.E., D.S.G.;

– intimati –

sul ricorso 15997/2006 proposto da:

D.S.E., D.S.G. (OMISSIS) in

qualità di eredi di D.S.C., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORE

IGNAZIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato VACIRCA

SERGIO giusta delega a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– ricorrenti –

contro

G.P. in qualità di tutore di P.E.,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA DEI MARTIRI DI BELFIORE 2,

presso lo studio dell’avvocato TAMBURRO LUCIANO, rappresentato e

difeso dagli avvocati SUTTI STEFANO, CAZZANIGA SIMONA giusta delega

in calce al ricorso principale;

– controricorrente –

e contro

GRUPPO UGO MURSIA EDITORE SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 666/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Sezione Prima Civile, emessa il 12/1/2005, depositata il 14/02/2005,

R.G.N. 7746/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

19/02/2010 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato MARCONI FRANCESCO per delega dell’Avvocato GIAN

PIERO BIANCOLELLA; udito l’Avvocato SERGIO VACIRCA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale e accoglimento dei ricorsi incidentali.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 10 ottobre 2001 il Tribunale di Roma, per quel che interessa in questa sede:

a) riconosceva l’applicabilità dell’esimente del diritto di cronaca in ordine a quanto narrato da D.S.C. nel libro ” (OMISSIS)”, pubblicato per i tipi del Gruppo Mursia, concernente la pratica di torture disumane nell’interrogatorio dei resistenti all’occupazione nazista, espletato nella prigione di (OMISSIS);

b) riteneva la responsabilità solidale del D.S. e dell’editore per “la grave violazione dell’obbligo di rigorosa corrispondenza tra i fatti accaduti e quelli narrati, secondo il principio di verità, escludendo la scriminante della verità putativa in ordine al c.d. episodio di (OMISSIS), ove furono uccisi più di una decina di partigiani ed attribuito alla responsabilità del P. (p. 5 sentenza impugnata).

Avverso siffatta decisione proponeva appello principale il P., tramite il suo tutore, e proponevano appelli incidentali gli eredi del D.S. e il Gruppo Mursia.

La Corte di appello di Roma con sentenza 14 febbraio 2005 rigettava l’appello principale e parzialmente accoglieva gli appelli incidentali.

Contro questa sentenza propone ricorso principale il P., affidandosi a nove motivi.

Resistono con controricorso e a loro volta propongono ricorso incidentale il Gruppo Mursia e ricorso incidentale condizionato i D. S., affidandosi entrambi ad un unico motivo, sostanzialmente identico anche se con profili diversi.

Resiste al ricorso incidentale dei D.S. il P. con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – I tre ricorsi ex art. 335 c.p.c., vanno riuniti.

Osserva il Collegio che preliminarmente va esaminata la eccezione, espressa nel controricorso dei D.S. riguardante la inammissibilità del ricorso del P. per tardività.

Ad avviso dei resistenti e ricorrenti incidentali, vertendosi in tema di obbligazioni solidali da responsabilità aquiliana non vi sarebbe inscindibilità di cause, perchè tra i due convenuti – l’autore del libro e l’editore – non sussisterebbe litisconsorzio necessario, per cui sarebbe irrilevante la circostanza che il ricorso sia stato tempestivamente notificato all’editore (p. 5-6 controricorso).

La sentenza è stata depositata il 14 febbraio 2005; il ricorso risulta consegnato per la notifica il 5 aprile 2006, quando era ben decorso l’ultimo termine utile.

A tale proposito il P. fa presente che le cause non sono scindibili, essendovi litisconsorzio necessario tra l’autore e l’editore (p. 4 controricorso P.), con ciò chiaramente riconoscendo la tardiva notifica della presente impugnazione ai D. S..

La controdeduzione del ricorrente principale non è corretta, per cui rilevata la tardività del ricorso proposto contro i D.S., il ricorso nei loro confronti va dichiarato inammissibile.

Infatti, è giurisprudenza, anche se remota, ma in termini, di questa Corte, da cui non è il caso di discostarsi (Cass. n. 587/69) secondo la quale la domanda, diretta a far dichiarare che l’opera, come realizzata dall’autore, viola il diritto alla reputazione dell’attore ed a fare eliminare la fonte della violazione, è inquadrabile nello schema dell’art. 2043 c.c., in quanto proposta a tutela di un diritto della personalità, che si assume violato dal fatto illecito concorrente dell’autore e dell’editore e di cui si chiede la reintegrazione, per quanto possibile, con un provvedimento assimilabile al risarcimento in forma specifica.

Siffatta domanda non da luogo ad un litisconsorzio necessario fra l’autore e l’editore (obbligati solidali), potendo la sentenza essere utilmente data anche nei confronti di uno di essi.

Ne consegue l’assorbimento del ricorso incidentale dei D.S., espressamente condizionato all’ammissibilità del ricorso principale (v. p. 9 controricorso D.S.).

2. – Osserva il Collegio che per ragioni logiche va esaminato per prima il ricorso incidentale del Gruppo Mursia.

Infatti, con l’unico motivo (omessa o insufficiente motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’esimente putativa del diritto di cronaca relativamente al secondo passo del libro – art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4) il Gruppo Mursia assume che l’esclusione in capo al P. della responsabilità nei fatti di (OMISSIS) sia stata motivata in modo insufficiente.

A suo avviso, il giudice dell’appello non avrebbe ritenuto, così come, invece, da lui richiesto, la esimente putativa, pur in presenza di circostanze analiticamente dedotte in quella sede e soprattutto in primo grado, al punto che la nella decisione impugnata si userebbe il condizionale, attuando, quindi, un giudizio di legittimità e non di merito (p. 15-21 del ricorso).

Ritiene il Collegio che le censure, per come formulate, non meritino accoglimento.

Con siffatte censure, per la verità, si attacca la valutazione delle prove operate al riguardo dal giudice del merito, con un ragionamento immune dal vizio denunciato e di cui la sentenza da conto a p. 6.

Peraltro, è giurisprudenza di questa Corte, quella secondo la quale la c.d. esimente putativa necessita della dimostrazione dell’involontarietà dell’errore, dell’avvenuto controllo – con ogni cura professionale, da rapportare alla gravità della notizia e all’urgenza di informare il pubblico della fonte e della attendibilità di essa -, onde vincere dubbi e incertezze in ordine alla verità dei fatti narrati (Cass. n. 2271/05).

In estrema sintesi, occorre che colui che ha divulgato la notizia abbia effettuato un doveroso controllo delle fonti da cui l’ha appresa, soprattutto quando, come nella specie, la stessa presenta una sua intrinseca gravità (Cass. n. 9391/97).

Nel caso in esame, il Tribunale prima e il Giudice dell’appello, poi, hanno avuto ben presenti le dichiarazioni rese dal D.S. sulla “incertezza” degli elementi all’udienza avanti al Tribunale militare del 27 maggio 1996 e il fatto che, malgrado ciò, il D.S. aveva l’anno successivo, senza esitazione, pubblicata la notizia sulla “base delle sole generiche notizie di stampa indicate”, ovvero omettendo il doveroso controllo richiesto.

Si tratta di accertamento in fatto, che, congruamente motivato, sfugge al sindacato di questa Corte.

Ne consegue che va confermata la decisione del giudice dell’appello sulla ritenuta natura “diffamatoria” del racconto nelle pagine del libro circa la episodio di (OMISSIS).

E, quindi, si deve ritenere in thesi che questa diffamazione avrebbe potuto incidere negativamente sulla reputazione del ricorrente.

Di ciò, che costituisce specifico motivo di doglianza si dirà infra, allorchè si esamineranno le censure di cui ai n. 7-9 del ricorso principale.

3. – Passando all’esame delle questioni poste dal ricorso principale il Collegio osserva quanto segue.

Il ricorso presenta due gruppi di censure.

I primi quattro motivi attengono alla ritenuta insussistenza del carattere diffamatorio delle pagine 266-267 del libro del D. S.; gli altri cinque riguardano l’accoglimento parziale degli appelli incidentali circa il risarcimento riconosciuto dal primo giudice del danno morale.

2.1. – I primi quattro motivi per la loro interconnessione vanno esaminati congiuntamente.

3.1.1. – Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c.) il ricorrente lamenta che, analogamente a quanto deciso dal Tribunale, il giudice dell’appello avrebbe escluso la portata dell’opera del D.S. “sulla base di documenti successivi alla pubblicazione del volume e comunque mai prodotti dal De Simone medesimo (nè dall’editore)” ed evidenzia che i convenuti, poi appellati, “hanno sempre e solo dedotto, quali fonti in grado di asseritemene scriminare l’opera del D.S., le sentenze penali militari, entrambi posteriori alla redazione del volume”.

Ritenendo che il D.S. abbia potuto utilizzare gli atti del processo penale delle (OMISSIS), nonchè le testimonianze rese in detto processo del 23 maggio, 5 e 6 giugno 1997, come si legge nella sentenza impugnata a p. 5, il giudice dell’appello non avrebbe deciso iuxta alligata et provata partium, per cui dovevano essere considerate irrilevanti le “fonti” in questione e, quindi, sarebbe dovuta “cadere l’allegata e non creduta efficacia scriminante” (p. 4 ricorso).

3.1.2. – Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in quanto i verbali, cui accenna la sentenza impugnata, non sarebbero mai stati acquisiti al processo, “nè della verbalizzazione in questione è pacifica la esistenza e rilevanza” (p. 4-5 ricorso).

3.1.3. – Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 596 bis c.p..

Egli lamenta che, comunque, pur ammesso che gli appellati avessero effettivamente allegato e/o prodotto le risultanze probatorie in questione (n.d.r. i verbali) e le stesse fossero effettivamente rilevanti per la ricostruzione del fatto storico, in base all’art. 596 c.p., l’autore della diffamazione non è ammesso a provare a sua discolpa la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa, mentre l’unica prova “potenzialmente idonea a scriminare la condotta è quella data con sentenza di condanna dell’autorità giudiziaria come emergerebbe dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 1952/00), che richiama (p. 6 ricorso).

3.1.4. – Con il quarto motivo (carente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo:le testimonianze rese nel processo penale militare) il ricorrente si duole che “nè il Tribunale nè la Corte di appello si siano dati cura di disaminare le testimonianze in questione, giacchè in nessuna di esse è dato leggere quanto poi pubblicato dalla Mursia (sottolineatura del ricorso a p. 7).

Come appare evidente, il ricorrente, in estrema sintesi, sostiene la erroneità della decisione impugnata perchè fondata su sentenze successive all’edizione del libro, tra le quali quelle della Corte di appello militare, che avrebbe, invece, a quanto riportato dal D. S., escluso dall’oggetto del proprio giudizio le eventuali responsabilità del ricorrente per le torture (p. 6 ricorso sub terzo motivo), nonchè su verbali di testimonianze a suo dire mai acquisite al processo.

3.2. – Tutti e quattro i motivi vanno disattesi.

Di vero, il giudice dell’appello ha preso atto della verità storica del fatto e correttamente ha ritenuto “irrilevante sapere se, nella redazione della quarta edizione del volume, il D.S. si sia avvalso o meno delle risultanze processuali del Tribunale e della Corte di appello militari; in ogni caso, nella esclude (nè il P. ha provato il contrario – n.d.r.) che il D.S. abbia potuto utilizzare gli atti del processo penale delle (OMISSIS), nonchè le testimonianze rese in detto processo alle udienze del 23 maggio, 5 e 6 giugno 1997” (p. 5 sentenza impugnata).

Con siffatta argomentazione il giudice dell’appello si è conformato alla giurisprudenza di questa Corte in sede penale e che puntualmente richiama (p. 5 sentenza impugnata) che ha statuito che, ai fini del corretto esercizio del diritto di cronaca e di critica, è rilevante che il fatto sia vero e non possano sussistere limiti al diritto di fornire la prova della verità del fatto medesimo.

Ne consegue che tale prova può essere fornita o integrata anche per mezzo di documenti successivi alla pubblicazione della notizia ed il cui contenuto sia stato eventualmente ignorato dall’autore.

Nella fattispecie, il giudice dell’appello ha valutato la verità sostanziale della notizia, per cui il discorso sulla conoscenza e sulla allegazione dei verbali, a cui lo stesso giudice fa riferimento per poter affermare “nulla esclude” (p. 5 sentenza impugnata) si può tranquillamente ritenere come argomento ad colorandum, essendo il suo convincimento fondato sull’accertata verità storica del fatto, sulla quale esistenza, peraltro, sembra sorvolare il ricorrente (v. p. 4-5 ricorso).

Ne consegue che anche il secondo motivo va disatteso.

Infatti, in base a consolidata giurisprudenza la esimente del diritto di cronaca e di critica va riconosciuta se la notizia pubblicata è storicamente vera, se vi è un interesse pubblico alla conoscenza del fatto (c.d. pertinenza); è corretta per moderazione, proposizione, misura delle modalità di espressione (c.d. contimenza) (v. Cass. n. 2271/05).

Quindi, il presupposto di tale diritto è il principio della verità sostanziale dei fatti, i quali vanno controllati nel loro accadimento e non vi è alcun dubbio che i fatti di (OMISSIS) siano accaduti veramente, per cui le espressioni usate costituiscono una valutazione necessariamente soggettiva che presenta una maggiore compenetrazione con l’art. 21 Cost., per cui il limite della verità riguarda solo il fatto-base, ma non anche la sua valutazione.

In altri termini, il D.S. ha preso spunto da fatti realmente accaduti e anche stragiudizialmente accertati.

Peraltro, il P. non ha provato che il libro del D.S. sia uscito prima della pubblicazione della sentenza del Tribunale di Roma del 27 luglio-13 settembre 1997 (entrambi sono del 1997) e, comunque, nella stessa sentenza, anche se incidentalmente, si afferma che egli aveva partecipato all’arresto e agli interrogatori dei prigionieri di (OMISSIS), usando nei loro confronti ed, in vario modo, violenza (come si evince dalla trascrizione del passaggio argomentativo di quella sentenza a p. 7 controricorso Mursia, peraltro, non contestato dal ricorrente, che ha proposto controricorso al ricorso incidentale dei D.S., ma non al ricorso incidentale del Gruppo Mursia).

Ed, inoltre, il giudice dell’appello, nel condividere le argomentazioni del giudice di primo grado (del quale riporta la pagina), afferma che “il ricorso sistematico ad inumane torture fisiche e morali nella famigerata prigione di (OMISSIS) è storia dolorosa, documentata in tutte le sedi, del periodo tragico dell’occupazione nazista di Roma, testimoniata, prima di ogni altro, dai numerosi martiri di una tale brutale ferocia” (p. 5 sentenza impugnata).

Di qui, il rigetto del terzo motivo e l’assorbimento del quarto, che sembra, peraltro, non ottemperare, per come formulato, al principio di autosufficienza.

In altri termini, accertato il fatto storico imputato al P., il “racconto” di esso nel libro, ove, pur ammesso, riportato in modo diverso (per il vero, il ricorrente non solo si limita ad enunciare la eventuale diversità ma non allega, come suo onere, specificatamente gli elementi di essa dissonanza rispetto al fatto descritto, perchè accertato), non incide sulla verità delle stesso e, quindi, sulla sussistenza dell’esimente in merito alla asserita “diffamazione”.

In conclusione, va ribadito che il giudice dell’appello nella sua disamina ha in maniera appagante, sotto il profilo logico-giuridico, motivato la sua decisione, che, pertanto si sottrae a ciascuno dei vizi denunciati, precisandosi, altresì, che l’elemento dirimente rispetto ad ogni tipo di ragionamento, che si può in thesi svolgere, è l’accertamento in ogni sede e di pubblico dominio del fatto storico: torture inflitte ai prigionieri di (OMISSIS).

Questo accertamento storico, indiscusso, acquisito alla tragica vita di Roma durante l’occupazione nazista è di interesse pubblico e l’opera del D.S. non fa altro che sottolineare la ferocia di quella esperienza per le sue modalità di attuazione.

3.3. – Passando all’esame dei cinque motivi del ricorso, che riguardano l’ammissibilità degli appelli incidentali e le censure relative, il Collegio, che ritiene poterli esaminare congiuntamente per la loro logica e consequenziale interconnessione, osserva quanto segue.

3.3.1. – Con il quinto motivo (omessa pronuncia quanto alla tardività dell’appello incidentale – p. 7 ricorso) e il sesto (violazione e disapplicazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 343 c.p.c. e dell’art. 91 c.p.c. – p. 7, 8 ricorso-) il ricorrente lamenta che il giudice dell’appello non avrebbe considerato la eccezione di tardività dell’appello incidentale proposto dagli eredi del D.S. ai fini del regolamento delle spese.

Entrambe le censure sono inammissibili, stante la ritenuta inammissibilità del ricorso del P. nei confronti dei D. S. e perchè non riguardano la posizione del Gruppo Mursia, il cui appello fu tempestivo.

3.3.2. – Con il settimo motivo (contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia: l’accoglimento dell’appello incidentale), il ricorrente assume che la sentenza impugnata sarebbe contraddittoriamente motivata nella parte in cui si afferma che il P. non fu lui ad ordinare il massacro di (OMISSIS), ma poi ha escluso, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado, la sussistenza in re ipsa del danno non patrimoniale (p. 9 ricorso).

3.3.3. – Con l’ottavo motivo (ancora sull’appello incidentale:

violazione dell’art. 3 Cost.) il ricorrente si duole della irragionevolezza, a suo dire, della motivazione in ordine a quanto denunciato con il motivo precedente, perchè essa configurerebbe “una lesione dei principi espressi nella carta costituzionale in materia di eguaglianza” (p. 10 ricorso).

La complessa censura, così formulata, per un verso non è pertinente in punto di diritto e, per altro verso, è insuscettibile di esame in sede di legittimità.

In relazione al primo profilo, il ricorrente sostiene, infatti, che anche i soggetti “disonorati” hanno diritto ad un minimo di rispetto sociale.

E ciò è esatto, non potendosi disconoscere che ogni individuo, come persona umana, vada ex artt. 2 e 3 Cost., tutelato nella sua dignità anche quando la reputazione risulti lesa per altri fatti criminali per i quali sia stato riconosciuto colpevole.

Nella specie, il giudice dell’appello non ha affatto però disatteso, ed, anzi, ha ribadito in premessa, tale principio, in quanto ha riconosciuto in astratto il diritto del P. alla tutela della sua reputazione e ha solo escluso in concreto che potesse considerarsene provata la lesione.

Il che è certamente corretto sul piano giuridico, atteso che la prova della comunicazione del fatto non veritiero è solo la prova del fatto illecito altrui, ma non anche la prova del danno ingiusto che ne sia conseguito.

D’altronde, la valutazione che il giudice dell’appello ha negativamente espresso sull’an della effettiva lesione della reputazione del ricorrente, nella concreta fattispecie, si risolve in un giudizio di fatto, riservata alla discrezionalità del giudice del merito, come tale non suscettibile di sindacato in questa sede.

2.3.3. – Il nono motivo (ancora sull’appello incidentale:violazione dell’art. 2059 c.c. e art. 185 c.p.) resta assorbito dal rigetto dei due precedenti motivi.

Conclusivamente, il ricorso principale del P. nei confronti del Gruppo Mursia e il ricorso incidentale di questo vanno respinti;

il ricorso principale del P. nei confronti dei D.S. va dichiarato inammissibile per tardività; il ricorso incidentale dei D.S., in quanto condizionato, va dichiarato assorbito.

Sussistono giusti motivi, data la natura della vicenda, la complessità delle situazioni giuridiche e la reciproca soccombenza per compensare integralmente tra le parti le spese del presente giudizio per cassazione.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso proposto da P. nei confronti dei D.S., assorbito il ricorso incidentale condizionato dei D.S.; rigetta gli altri due ricorsi e compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

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