Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7634 del 02/04/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7634 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA

SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 6858 del ruolo generale dell’anno 2009, proposto
da:
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura dello Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via
dei Portoghesi, n. 12, domicilia;
– ricorrente contro
Dalla Casa Guido, domiciliato in Milano, al corso di Porta Romana, n. 891b,
presso lo studio del proprio difensore e procuratore avv. Fabio Pace, giusta
procura a margine del controricorso
-controricorrente e ricorrente incidentaleper la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della
Lombardia, sezione 6°, depositata in data 25 febbraio 2008, n. 6/6/08;

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Data pubblicazione: 02/04/2014

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udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 16 gennaio
2014 dal consigliere Angelina-Maria Penino;
udito l’avv. Ernesto De Sanctis, per delega dell’avv. Fabio Pace, per il
ricorrente;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale
Giovanni Giacalone, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale,

assorbito il ricorso incidentale
Fatto
Guido Dalla Casa, ex dirigente dell’Enel, richiese all’Agenzia delle entrate
la restituzione di una somma, maggiorata degli interessi, corrispondente alla
minore imposta dovuta rispetto a quella applicata dall’ex datrice di lavoro
mediante ritenuta sul capitale erogato in conseguenza della liquidazione del
trattamento assicurativo-previdenziale maturato in virtù di una polizza
integrativa aziendale, stipulata in base all’accordo del 16 aprile 1986 tra l’Enel e
la FNDAI —Federazione Nazionale Dirigenti Aziende Industriali, in attuazione
del contratto collettivo di lavoro del 16 maggio 1985.
Il contribuente impugnò dunque il silenzio rifiuto tenuto dall’Agenzia delle
entrate dinanzi alla Commissione tributaria provinciale, che accolse il ricorso,
con sentenza che la Commissione tributaria regionale ha confermato, reputando
che il capitale percepito dal contribuente era frutto della capitalizzazione della
rendita a lui erogata dal suo fondo pensione, che aveva adottato un modello
gestionale assicurativo.
Ricorre avverso la sentenza, per ottenerne la cassazione, l’Agenzia delle
entrate, che affida il ricorso a due motivi.
Resiste il contribuente con controricorso, spiegando altresì ricorso
incidentale, affidato ad un unico motivo, che illustra con memoria.
Diritto.
/.- Rilievo prodromico riveste l’esame del ricorso incidentale, sia pure
proposto in via condizionata, col quale il contribuente si duole, ex articolo 360,
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10 comma, numero 4, c.p.c., del vizio di extrapetizione e di omessa pronuncia,
in quanto il giudice di appello ha ignorato la domanda del contribuente volta a
far dichiarare l’inammissibilità dell’appello per la novità dei motivi
d’impugnazione.
Il ricorso incidentale, che presenta profili d’inammissibilità, in quanto
censura per vizio del procedimento una pronuncia, che avendo deciso il merito

della questione, ha implicitamente rigettato l’eccezione pregiudiziale, è
comunque infondato. E ciò in quanto anche qualora l’amministrazione
finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni e
argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già
dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la
legittimità dell’avviso di accertamento annullato, è da ritenere assolto l’onere
d’impugnazione specifica previsto dall’art. 53 d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546,
secondo il quale il ricorso in appello deve contenere «i motivi specifici
dell’impugnazione» e non già «nuovi motivi», in considerazione del carattere
devolutivo pieno dell’appello, che è un mezzo di impugnazione non limitato al
controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, ma rivolto ad ottenere il
riesame della causa nel merito (in termini, fra molte, Cass. 29 febbraio 2012, n.
3064; Cass. 28 febbraio 2011, n. 4784);

2.-Con i due motivi del ricorso principale, da esaminare congiuntamente,
perché strettamente avvinti, l’Agenzia delle entrate lamenta:
-ex articolo 360, 1° comma, numero 3, c.p.c., la violazione e falsa
applicazione degli articoli 13, 9 0 comma, del decreto legislativo 21 aprile 1993,
n. 124, dell’articolo 1, comma quinto, del decreto legge 31 dicembre 1996,
numero 669, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997,
numero 30, dell’articolo 6 della legge 26 settembre 1985, numero 482, degli
articoli 16 e 17 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,
numero 917 e degli articoli 3, 4, 5 e 6 dell’accordo ENEL-FNDAI del 16 aprile
1986, reputando che alla somma percepita dal contribuente debba essere

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applicata la medesima aliquota con la quale è tassato il trattamento di fine
rapporto —primo motivo;
-ex articolo 360, 1° comma, n. 5, c.p.c., l’insufficienza della motivazione su
fatti decisivi e controversi del giudizio, segnatamente sugli elementi della
fattispecie, che indurrebbero ad affermare che la corresponsione della somma
soggetta a tassazione è derivata da un rapporto di retribuzione differita e

funzione previdenziale —secondo motivo.
3. -Va anzitutto respinta l’eccezione preliminare d’inammissibilità del ricorso
per la novità delle domande ed eccezioni proposte, riferendosi l’eccezione agli
argomenti difensivi addotti dall’Agenzia in ordine alla natura di retribuzione
differita della somma percepita, che coinvolgono la ricostruzione dell’istituto, in
virtù di mere difese.
4.-Nel merito, della questione concernente il fondo pensione dell’Enel si
sono di recente occupate le sezioni unite, le quali hanno rimarcato il difficile
approccio del legislatore italiano alla previdenza complementare, che ha
delineato un percorso incerto della disciplina di queste forme integrative,
trasformate nel tempo da “tutela assicurativa”, rispondente al principio dei
risparmio finanziario (che trova la propria garanzia costituzionale nell’art. 47
della Carta fondamentale), a “tutela previdenziale”, rispondente al principio dei
risparmio previdenziale (che trova la propria garanzia costituzionale nell’art. 38
della Carta fondamentale).
4. /.-Ha rimarcato sul punto la Corte che la differenza principale tra le due
forme di risparmio sta nel fatto che, nel primo caso, l’investimento concerne una
somma che è già patrimonio del soggetto, mentre, nel secondo caso, che ricorre
nella nostra fattispecie, l’investimento concerne una somma che origina da
redditi di lavoro (Cass., sez.un., 22 giugno 2011, n. 13642). Dunque, si è
precisato, una scelta netta per una tassazione tout court analoga a quella
applicata sui redditi di lavoro è operata solo con il D.Lgs. n. 124 del 1993, in
particolare con l’art. 13, comma 9, introdotto dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art.

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11, (la c.d. riforma Dini), che ne ha, però, riservato l’applicazione alle sole
prestazioni erogate in forma capitale a favore di soggetti iscritti ad enti di
previdenza complementare in epoca successiva all’entrata in vigore del decreto.
4.2.-Per gli iscritti in epoca precedente, il trattamento tributario delle
prestazioni erogate non è, e non può essere, indipendente dalla composizione
strutturale delle prestazioni stesse, che, nel caso concreto, trattandosi di un

Fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti
e a causa previdenziale prevalente, sono composte da una “sorta capitale”,
costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di
lavoro (e in notevole minor misura dal lavoratore), e da un “rendimento netto”,
imputabile alla gestione sul mercato da parte del Fondo del capitale accantonato.
4.3.-Ciò posto, la Corte ha affermato che, in tema di fondi previdenziali
integrativi, le prestazioni erogate in forma capitale ad un soggetto che risulti
iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, ad
un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di
versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente
trattamento tributario: a) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, la
prestazione è assoggettata al regime di tassazione separata di cui all’art. 16,
comma, lett. a), e 17 del TUIR, solo per quanto riguarda la “sorta capitale”
corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del
rapporto di lavoro, mentre alle somme provenienti dalla liquidazione del cd.
rendimento si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. n. 482 del 1985,
art. 6; b) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica
interamente il regime di tassazione separata di cui all’art. 16, comma 1, lett. a), e
art. 17 del TUIR(vedi, fra varie, oltre alla sentenza delle sezioni unite, vedi, tra
le più recenti, Cass. 4 aprile 2012, n. 5376 e Cass. 26 novembre 2012, n. 20111).

4.4.- Alla stregua di tale principio, il meccanismo impositivo di cui alla
legge n. 482 del 1985, art. 6 (aliquota del 12,5% sulla differenza tra l’ammontare

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del capitale corrisposto e quello dei premi riscossi, ridotta del 2% per ogni anno
successivo al decimo) si applica, a coloro che siano iscritti al fondo di
previdenza complementare aziendale FONDENEL/P.I.A. da epoca antecedente
all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 124 del 1993, sulle somme percepite a titolo di
liquidazione in capitale del trattamento di previdenza integrativa aziendale, solo
limitatamente agli importi maturati entro il 31 dicembre 2000 che provengano

dalla liquidazione del rendimento finanziario del capitale.
Per tale va inteso, come espressamente precisato nella parte motiva della
citata sentenza delle Sezioni Unite (ultima parte del penultimo periodo del
paragrafo 6.1), il «rendimento netto imputabile alla gestione sul mercato, da
parte del Fondo, del capitale accantonato».
5.- Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate è, in questi termini, fondato, atteso
che la sentenza impugnata ha ritenuto applicabile l’aliquota del 12,5% all’intero
importo percepito dal contribuente a titolo di liquidazione in capitale del
trattamento di previdenza integrativa aziendale; mentre avrebbe dovuto
applicare tale aliquota solo al rendimento imputabile alla gestione sul mercato,
da parte del Fondo, del capitale accantonato, quantificando il relativo importo in
base agli investimenti concretamente effettuati dal Fondo sul mercato
finanziario, alla stregua delle norme contrattuali via via applicabili, e delle
plusvalenze con essi realizzati.
6.- La sentenza impugnata va, pertanto, su tale capo cassata con rinvio al
Giudice di merito affinché se e quando, sulla base delle norme contrattuali
applicabili, i capitali rivenienti dalla contribuzione siano stati effettivamente
investiti sul mercato finanziario, quali siano stati i risultati dell’investimento e, in
qual modo, sia stata determinata l’assegnazione delle eventuali plusvalenze alle
singole posizioni individuali, e, sulla scorta di tale indagine, quantifichi la parte
della somma complessivamente erogata al contribuente che corrisponda al
rendimento netto derivante dalla gestione sul mercato finanziario del capitale
accantonato mediante la contribuzione del lavoratore e del datore di lavoro e,

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ESENTE DA REGISTRAZIONE
Ai SENSI DEL D.P.R. 26/4/1986
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N. 131 TAR. ALL. B. – N. 5

MATERIA TRIBUTARIA
quindi, calcoli l’imposta dovuta dal contribuente (e, conseguentemente,
l’ammontare del suo credito restitutorio) applicando solo a tale parte l’aliquota
del 12,5%, secondo la disciplina dettata dalla L. n. 482 del 1985, art. 6; fermo
restando, per il residuo, il regime di tassazione separata di cui all’art. 16, comma
1, lett. a) e art. 17 del TUIR.

La Corte:
-accoglie il ricorso principale;
-cassa la sentenza impugnata;
-rinvia per nuovo esame nonché per la regolazione delle spese ad altra sezione
della Commissione tributaria regionale della Lombardia;
14~
-respinge il ricorso
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2014.

P.Q.M.

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