Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7632 del 18/03/2021

Cassazione civile sez. trib., 18/03/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 18/03/2021), n.7632

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – rel. Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15278/2014 R.G. proposto da:

PIEMME BAR S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentato e difeso dall’Avv. Marco Machetta, domiciliato presso

il suo studio in Roma, Via degli Scipioni (Ndr: Testo originale non

comprensibile);

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio eletto in Roma, via Dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio,

n. 458/09/2013 depositata il 3 dicembre 2013, non notificata.

Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 24 novembre 2020

dal consigliere Pierpaolo Gori.

 

Fatto

RILEVATO

che:

– Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, veniva rigettato l’appello proposto dalla società Piemme BAR S.r.l., esercente attività professionale di bar e caffè, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 110/60/12 avente ad oggetto l’avviso di accertamento per IVA, IRES e IRAP oltre sanzioni 2005, scaturente da un accertamento analitico-induttivo del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 39, comma 1, lett. d), basato su studio di settore.

– In presenza di contabilità formalmente regolare, il giudice di primo grado confermava le riprese, anche alla luce della pluriennale gestione antieconomica della società, decisione condivisa dalla CTR. – Avverso la sentenza propone ricorso la contribuente per due motivi, che illustra con memoria, cui replica l’Agenzia con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– Con il primo motivo di ricorso – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 -, la contribuente deduce la falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39, 40 e 42, del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 51 e 52, della L. n. 241 del 1990, art. 3 e dell’art. 2729 c.c., per avere i giudici del merito confermato l’atto impositivo e la legittimità dell’accertamento analitico-induttivo nonostante l’assenza di qualsivoglia irregolarità nella contabilità societaria e di alcun indizio che potesse giustificare l’applicazione della rettifica del reddito su base analitico-induttiva.

– Con il secondo motivo, articolato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, viene censurata l’omessa e insufficiente motivazione su punti e fatti controversi e decisivi per il giudizio, oltre che per violazione degli artt. 112,116,132 e ss. c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, circa gli elementi da cui il giudice d’appello ha tratto il proprio convincimento, e per evidente apoditticità della pronuncia d’appello.

– I motivi possono essere esaminati congiuntamente, perchè connessi, come affermato dallo stesso ricorrente, e sono infondati. La giurisprudenza consolidata di questa Corte afferma che, tanto in tema di accertamento dei redditi di impresa quanto di IVA, l’Ufficio può applicare il metodo analitico-induttivo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, anche in presenza di scritture formalmente regolari, ove la contabilità risulti complessivamente inattendibile sulla base di elementi indiziari gravi e precisi (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 32129 del 12/12/2018, Rv. 651784 – 01) e, sotto questo profilo, le difese della contribuente che fanno valere una contabilità regolare non colgono il segno in quanto la circostanza non è in sè rilevante.

– Inoltre, la giurisprudenza della S.C. ha più volte chiarito che “La determinazione del reddito mediante l’applicazione degli studi di settore, a seguito dell’instaurazione del contraddittorio con il contribuente, è idonea a integrare presunzioni legali che sono, anche da sole, sufficienti ad assicurare un valido fondamento all’accertamento tributario, ferma restando la possibilità, per il contribuente che vi è sottoposto, di fornire la prova contraria nella fase amministrativa e anche in sede contenziosa.” (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 23252 del 18/09/2019, Rv. 655077 – 01; dello stesso tenore, Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 22347 del 13/09/2018, Rv. 650233 – 01).

– Nondimeno, nella fattispecie, l’accertamento non è fondato solo sullo scostamento tra dichiarazione e studio di settore applicato, idoneo comunque, per il principio giurisprudenziale sopra richiamato, a generare presunzioni gravi precise e concordanti, dal momento che i parametri applicati rappresentano la risultante dell’estrapolazione di una pluralità di dati, e rivelano valori che, quando eccedono il dichiarato, integrano il presupposto per il legittimo esercizio da parte dell’Ufficio dell’accertamento analitico-induttivo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 39, comma 1, lett. d, (Cass. 20 febbraio 2015 n. 3415; Cass. 13 luglio 2016 n. 14288).

– Nel caso in esame, la sentenza di primo grado ha accertato l’esistenza di una grave e ingiustificata antieconomicità della gestione aziendale protratta per anni, come si legge a pag. 2 della sentenza impugnata che ha confermato tale decisione. Si tratta di una circostanza non specificamente contestata dalla società attraverso la produzione di elementi di prova ritualmente introdotti nel processo decisivi e contrari alla statuizione di entrambi i giudici del merito, al fine di dimostrare che la gestione era in realtà idonea a remunerare il rischio di impresa, e che l’antieconomicità non era per la contribuente un dato strutturale ormai da anni.

– In conclusione, il ricorso va rigettato e dal rigetto discende il regolamento delle spese di lite, secondo soccombenza, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione alla controricorrente delle spese di lite, liquidate in Euro 4.100 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2021

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