Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7631 del 31/03/2020

Cassazione civile sez. I, 31/03/2020, (ud. 17/01/2020, dep. 31/03/2020), n.7631

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6890/2019 proposto da:

I.F., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della

Corte di cassazione, con l’avvocato Giorgetti Marco;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1328/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 10/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/01/2020 da DI MARZIO MAURO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – I.F., cittadino nigeriano, ricorre per sei mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro la sentenza della Corte d’appello di Ancona che ha rigettato l’appello avverso ordinanza del locale Tribunale nella parte in cui quest’ultimo aveva respinto, in conformità al provvedimento della competente Commissione territoriale, la sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – Non spiega difese l’amministrazione intimata, nessun rilievo potendosi a scrivere ad un atto di costituzione finalizzato alla partecipazione all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo denuncia falsa applicazione della legge, vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 sottolineando il “carattere peregrino” delle asserzioni del giudice di merito, che aveva ritenuto il richiedente non credibile, tale da configurare “vizio della sentenza per insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”.

Il secondo motivo denuncia in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e 7 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, violazione e falsa applicazione della legge, vizio di motivazione, censurando ancora una volta la sentenza della Corte d’appello perchè non avrebbe accertato l’effettività della tutela in Nigeria con riguardo alle persecuzioni perpetrate dalle numerose sette o confraternite che imperversano specie nel sud del Paese.

Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della legge: D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 5 e 7 nonchè del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27, comma 1 bis, evidenziando che la minaccia di grave danno può promanare anche da soggetti non statuali.

Il quarto motivo denuncia in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della legge, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, vizio di motivazione, censurando la sentenza impugnata per essere venuto meno il giudice al proprio dovere di cooperazione istruttoria nel ritenere che il richiedente non avesse fornito riscontri fattuali o documentali della sua narrazione.

Il quinto motivo denuncia in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della legge, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 vizio di motivazione, censurando la sentenza impugnata per aver negato il riconoscimento della protezione sussidiaria, discostandosi da quanto affermato nell’ordinanza numero 3578 del 2016 di questa Corte.

Il sesto motivo denuncia in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione agli artt. 3 e 19 Cost., vizio di motivazione, non avendo la sentenza impugnata tenuto conto di un fatto decisivo e controverso quale la religione cristiana del richiedente.

2. – Il ricorso è inammissibile.

2.1. – E’ inammissibile il primo motivo.

A parte il profilo di inammissibilità derivante dall’inammissibile cumulo delle censure di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 (tra le tante Cass. 9 maggio 2018, n. 11222, Sez. I; Cass. 7 febbraio 2018, n. 2954, Sez. II; Cass. 20 novembre 2017, n. 27458, Sez. Lav.; Cass. 5 ottobre 2017, n. 23265 Sez. Lav.; Cass. 6 luglio 2017, n. 16657, Sez. III; Cass. 23 giugno 2017, n. 15651, Sez. III; Cass. 31 marzo 2017, n. 8333, Sez. III; Cass. 31 marzo 2017, n. 8335, Sez. III; Cass. 25 febbraio 2017, n. 4934, Sez. II; Cass. 10 febbraio 2017 n. 3554, Sez. III; Cass. 18 ottobre 2016, n. 21016, Sez. II; Cass. 28 settembre 2016, n. 19133, Sez. Trib.; Cass. 2 marzo 2012, n. 3248, Sez. III; Cass. 23 settembre 2011, n. 19443, Sez. III; nel 2019 Cass. n. 16756 del 2019; Cass. n. 16743 del 2019; Cass. n. 16605 del 2019; Cass. n. 16026 del 2019; Cass. n. 15673 del 2019; Cass. n. 15253 del 2019; Cass. n. 15113 del 2019; Cass. n. 14669 del 2019; Cass. n. 13776 del 2019; Cass. n. 13312 del 2019; Cass. n. 12325 del 2019; Cass. n. 12297 del 2019; Cass. n. 12166 del 2019; Cass. n. 11564 del 2019; Cass. n. 11551 del 2019; Cass. n. 11462 del 2019; Cass. n. 9742 del 2019; Cass. n. 8692 del 2019; Cass. n. 8617 del 2019; Cass. n. 2019 del 8157; Cass. n. 2019 del 7806; Cass. n. 2019 del 7805; Cass. n. 2019 del 7804; Cass. n. 2019 del 7803; Cass. n. 2019 del 7571; Cass. n. 2019 del 7101; Cass. n. 2019 del 5600; Cass. n. 2019 del 4679; Cass. n. 2019 del 4257; Cass. n. 2019 del 3428; Cass. n. 2019 del 2572; Cass. n. 2019 del 2571; Cass. n. 2019 del 2570; Cass. n. 2019 del 2569; Cass. n. 2019 del 2176; Cass. n. 2019 del 2175; Cass. n. 2019 del 2174; Cass. n. 2019 del 1230; Cass. n. 2019 del 1229), a parte il fatto che la censura svolta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 è inammissibile ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., u.c. dal momento che si versa in ipotesi di “doppia conforme”, è appena il caso di osservare che lo scrutinio di credibilità del richiedente è espressamente previsto dalla legge (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5), e che tale scrutinio nel caso di specie il giudice di merito ha doverosamente compiuto, pervenendo alla conclusione, sorretta da plausibile motivazione e come tale non sindacabile in sede di legittimità, che non fosse credibile quanto sostenuto dal richiedente, il quale, dopo aver narrato di essere perseguitato da una setta, alla quale si era rifiutato di aderire, così da essere stato fatto oggetto di un’aggressione, pur avendo dichiarato che nel luogo in cui attualmente si trovava ben potesse essere invocato l’intervento della polizia, e pur avendo i suoi fratelli pensato di effettuare tale denuncia, aveva inspiegabilmente lasciato il paese. Inoltre, la Corte territoriale ha aggiunto che il primo giudice aveva anche correttamente evidenziato la genericità del riferimento ad una setta di cui non era nota neppure l’esatta denominazione, precisando poi che le tracce di ferite riscontrabili sul corpo del richiedente non aggiungevano nulla all’attendibilità del racconto.

Si tratta di una motivazione che varca la soglia del minimo costituzionale (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053) ed è pertanto incensurabile in questa sede.

2.2. – E’ inammissibile il secondo motivo.

Si tratta anche in questo caso di un motivo inammissibile perchè cumulato, e comunque inammissibile quanto alla censura spiegata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 in presenza di “doppia conforme”.

Il motivo è inoltre inammissibile poichè non risulta affatto dalla sentenza impugnata che il richiedente, il quale ha lamentato che la Corte d’appello non si fosse soffermata sull’effettività della tutela in Nigeria con riguardo alle persecuzioni perpetrate da sette e confraternite, avesse dedotto di essersi rivolto alle forze dell’ordine e che non avesse ricevuto protezione, sicchè trova applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675). Ed anzi ciò che risulta dalla sentenza è che, indipendentemente dalla formulazione di un motivo in tal senso, la Corte d’appello, a pagina nove della sentenza impugnata, ha escluso che “la polizia del paese di provenienza non offra tutela posto che dal rapporto di Amnesty International 2016/2017 risulta l’intervento delle forze di polizia anche negli scontri fra comunità (mandriani e agricoltori) sì da doversene desumere l’approntamento di mezzi di tutela rispetto a contrasti di tipo privato quale quello in esame proveniente dalla tribù del padre”.

2.3. – Il terzo motivo è inammissibile.

La circostanza che la minaccia di grave danno possa promanare anche da soggetti non statuali non dimostra affatto che tale minaccia nel caso di specie vi sia effettivamente stata, sicchè il motivo del tutto generico, nel senso che non si misura con la ratio decidendi posta a sostegno della decisione impugnata (Cass. 11 gennaio 2005, n. 359; Cass. 12 marzo 2005, n. 5454; Cass. 29 aprile 2005, n. 8975; Cass. 22 luglio 2005, n. 15393; Cass. 24 gennaio 2006, n. 1315; Cass. 14 marzo 2006, n. 5444; Cass. 17 marzo 2006, n. 5895; Cass. 31 marzo 2006, n. 7607; Cass. 6 febbraio 2007, n. 2540; Cass. 28 agosto 2007, n. 18210; Cass. 28 agosto 2007, n. 18209; Cass. 31 agosto 2015, n. 17330).

Ciò a tacere del rilievo che la non credibilità del richiedente, non utilmente attaccata con i primi due motivi, comporterebbe l’assorbimento della doglianza in esame.

2.4. – Il quarto motivo è inammissibile.

Questa Corte ha affermato che: “In materia di protezione internazionale, il richiedente è tenuto ad allegare i fatti costitutivi del diritto alla protezione richiesta, e, ove non impossibilitato, a fornirne la prova, trovando deroga il principio dispositivo, soltanto a fronte di un’esaustiva allegazione, attraverso l’esercizio del dovere di cooperazione istruttoria e di quello di tenere per veri i fatti che lo stesso richiedente non è in grado di provare, soltanto qualora egli, oltre ad essersi attivato tempestivamente alla proposizione della domanda e ad aver compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziarla, superi positivamente il vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5” (Cass. 12 giugno 2019, n. 15794).

In altre occasioni si è opinato che il dovere di cooperazione istruttoria venga meno rispetto alle fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) ma non rispetto a quella di cui alla lettera c): ma, anche aderendo a questo orientamento, il motivo risulta inammissibile poichè non si misura con la realtà del provvedimento impugnato, avendo la Corte d’appello fatta propria la valutazione del primo giudice secondo cui nell’Edo State, ossia nell’area di provenienza del richiedente, non ricorrono le condizioni di cui alla previsione da ultimo menzionata.

2.5. – Il quinto motivo è inammissibile.

Il discostarsi da un precedente della Corte di cassazione non è difatti ricompreso tra i vizi della sentenza elencati dall’art. 360 c.p.c..

Ciò esime dall’osservare che in questo caso la Corte d’appello non si è affatto discostata da un principio di diritto contenuto nell’ordinanza di questa Corte numero 3578 del 2016, e ciò per la semplice osservazione che la Corte di cassazione non ha in quel caso affermato un principio, ma si è limitata a rilevare come il giudice di merito non avesse valutato la situazione oggettiva e attuale del paese di origine notoriamente interessato da gravi episodi di violenza indiscriminata localizzati in numerose aree e regioni, mentre nel caso in esame la Corte d’appello ha esaminato la situazione della zona di provenienza del richiedente, escludendo la ricorrenza di fatti tali da giustificare il riconoscimento della protezione sussidiaria.

2.6. – Il sesto motivo è nuovamente inammissibile ai sensi dell’art. 348 ter c.p.c., u.c..

3. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, ove dovuto dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile, il 17 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2020

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