Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7629 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. III, 30/03/2010, (ud. 03/02/2010, dep. 30/03/2010), n.7629

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21769/2005 proposto da:

L.P.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

Roma presso la Cancelleria della Corte di Cassazione rappresentato e

difeso dall’Avvocato PALAMARA Romeo in 98055 LIPARI (ME) Via F.

Mancuso, con delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COM LIPARI (OMISSIS);

– intimati –

sul ricorso 26454/2005 proposto da:

COMUNE di LIPARI (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA ALDO BANZI 88, presso lo studio dell’avvocato ANTONINO PROFILIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato LEONE SALVATORE con studio in

LIPARI Via Tindaris 1, con delega a margine del controricorso e

ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

L.P.V.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 212/2004 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

emessa il 20/05/2004; depositata l’08/06/2004; R.G.N. 484/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

03/02/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FEDERICO;

udito l’Avvocato PALAMARA ROMEO;

udito l’Avvocato LEONE SALVATORE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato l’11.6.99 L.P.V., premesso che a seguito di ricorso ex art. 700 c.p.c., il Pretore di Lipari aveva ordinato al Comune di Lipari, proprietario dell’appartamento sovrastante a quello di proprietà dell’esponente, l’esecuzione di opere dirette ad eliminare le infiltrazioni di liquami che aveva causato diffuse e vistose macchie d’umidità nell’immobile sottostante, conveniva in giudizio il Comune suddetto dinanzi al Tribunale di Barcellona P.G., sez. di Lipari, chiedendone la condanna, previa conferma del provvedimento cautelare, all’eliminazione delle cause delle infiltrazioni di acqua ed umidità ed alla riparazione dell’appartamento dell’attore, oltre al risarcimento dei danni patiti.

L’ente convenuto non si costituiva ed, espletata nuova ctu, il Tribunale adito accoglieva la domanda.

Proposto appello dal Comune di Lipari e costituitosi l’appellato, che resisteva al gravame, la Corte di appello di Messina, con sentenza depositata l’8.6.04, in parziale accoglimento dell’impugnazione, riduceva ad Euro 3.000,00 la somma dovuta a titolo di risarcimento del danno da inagibilità dell’immobile e rigettava la domanda di risarcimento del danno da deprezzamento.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il L. P., con quattro motivi, mentre il Comune di Lipari ha resistito con controricorso, con cui ha sollevato ricorso incidentale, affidato a due motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi ex art. 335 c.p.c..

A) Ricorso principale.

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, dell’art. 75 c.p.c. e D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 48, avendo la Corte di merito omesso di pronunciarsi sulla eccezione, sollevata da esso ricorrente nella comparsa conclusionale nel procedimento d’appello, di inammissibilità dell’appello proposto dal Comune di Lipari sia per la nullità del mandato alle liti rilasciato dal Sindaco del Comune stesso per tale fase del giudizio a causa del difetto della necessaria delibera della Giunta comunale e sia per la mancata individuazione del soggetto che aveva conferito la procura stessa, stante l’illeggibilità della firma apposta a margine dell’atto d’appello.

Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art. 342 c.p.c. e art. 2697 c.c., erronea e contraddittoria motivazione su un punto decisivo, avendo la Corte di merito erroneamente accolto il terzo motivo d’appello del Comune, nella parte in cui veniva censurata la sentenza di primo grado relativamente alla liquidazione dei danni in favore del L.P. per la mancata disponibilità dell’immobile, atteso che la formulazione del motivo non consentiva di individuare le ragioni sulle quali la censura era fondata.

Con il terzo motivo denuncia gli stessi vizi di violazione di legge e di motivazione in relazione all’accoglimento del terzo motivo d’appello, nella parte in cui il Comune si doleva per la riconosciuta responsabilità per il deprezzamento e la temporanea incommerciabilità dell’immobile del ricorrente.

Con il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 92 c.p.c., ed erronea motivazione in ordine alla disposta compensazione delle spese del secondo grado di giudizio.

1. Il primo motivo deve ritenersi inammissibile.

Infatti, il vizio di omessa pronuncia su una domanda, un’eccezione o una controeccezione, traducendosi nella violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in quanto incidente sulla sentenza pronunciata dal giudice del gravame ed integrando, quindi, un error in procedendo, è deducibile esclusivamente con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., e non, perciò, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 o 5 (v., ex multis, Cass. n. 12475/2004), come risulta nel caso di specie.

2. Il secondo ed il terzo motivo, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione, sono infondati.

La questione, infatti, della inammissibilità del terzo motivo d’appello del Comune di Lipari, sia nella parte in cui veniva censurata la sentenza di primo grado in ordine alla liquidazione dei danni in favore del L.P. per la mancata disponibilità dell’immobile e sia in quella in cui veniva censurata la riconosciuta responsabilità per il deprezzamento e l’incommerciabilità del bene, per l’asserita formulazione del motivo stesso che non avrebbe consentito l’individuazione delle ragioni giustificatrici della censure stesse, è destituita di ogni fondamento.

Ed invero, le censure in oggetto, stando all’elemento lessicale delle stesse così come riportato in ricorso, non possono considerarsi generiche, in quanto, secondo la corretta interpretazione datane a pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata dalla Corte di merito, da esse si evincono esplicitamente le critiche mosse alla sentenza di primo grado.

Quanto, infatti, al riconoscimento del danno da mancata disponibilità dell’immobile, è evidente che la doglianza investa sìa il profilo del mancato riferimento ai criteri della legge sull’equo canone per stabilire il valore locativo dell’immobile che quello della mancata considerazione, da parte del primo giudice, della radicale carenza di prove in tema d’indisponibilità dell’immobile stesso.

Quanto, invece, al riconosciuto deprezzamento ed incommerciabilità dell’immobile, la relativa doglianza si fonda sulla sostanziale erroneità di tale pronuncia di condanna.

E’, dunque, evidente, che seppure in forma sintetica l’allora appellante Comune di Lipari abbia compiutamente espresso le proprie doglianze sui punti in questione, ed in tal senso tali critiche sono state correttamente vagliate e decise dai giudici d’appello.

3. Il quarto motivo è anch’esso infondato, in quanto la facoltà di compensare le spese di lite tra le parti rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, e nella specie risulta correttamente giustificata con riferimento al parziale accoglimento dell’appello proposto dal Comune di Lipari.

B) Ricorso incidentale.

Con il primo motivo il resistente lamenta la violazione degli artt. 8, 14, 669 octies e 669 novies c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, avendo la Corte territoriale erroneamente ritenuto che in sede di merito la domanda risarcitoria potesse essere proposta ed accolta oltre il limite (dell’allora competenza pretorile: L. 50.000.000) espressamente indicato nel ricorso ex art. 700 c.p.c..

Con il secondo motivo lamenta la violazione degli artt. 1123 e 1126 c.c., e difetto di motivazione, in quanto il riparto delle spese avrebbe dovuto avvenire in conformità ai criteri indicati dalla legge in materia di condominio.

1. Il primo motivo non è fondato.

Ed invero, la Corte di merito ha spiegato, con motivazione congrua e scevra da vizi logici ed errori giuridici, le ragioni per le quali ha disatteso la censura secondo cui la domanda risarcitoria non avrebbe dovuto essere accolta oltre il limite (quello dell’allora competenza pretorile di L. 50 milioni) indicato nel ricorso ex art. 700 c.p.c., facendo correttamente riferimento al fatto che tale limitazione era stata rimossa nell’atto introduttivo del giudizio di merito e rilevando giustamente che ciò doveva ritenersi consentito, stante che il giudizio di merito non costituiva una mera prosecuzione di quello cautelare, ma aveva carattere del tutto autonomo da esso, ancorchè collegato dall’esigenza di mantenere efficacia al provvedimento interinale accordato.

2. Il secondo motivo è anch’esso infondato.

Infatti, come ha rilevato, sia pure incidentalmente, la sentenza impugnata, la doglianza in questione non può trovare ingresso nel giudizio di legittimità, trattandosi di eccezione proposta per la prima volta nel giudizio di appello e, quindi, in violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 2, in una causa introdotta in epoca successiva al 1995.

In ogni caso, la sentenza impugnata ha rilevato nel merito che l’eccezione in questione sarebbe comunque inconferente, in quanto i lavori disposti non hanno riguardato parti comuni dello stabile, ma solo il solaio di calpestio dell’immobile comunale e l’appartamento del L.P..

C) In conclusione, vanno rigettati entrambi i ricorsi e ricorrono così giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi e li rigetta. Dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

 

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