Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7626 del 24/03/2017

Cassazione civile, sez. trib., 24/03/2017, (ud. 21/10/2016, dep.24/03/2017),  n. 7626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

V.N. e V.D., elettivamente domiciliati in Roma,

via Cola di Rienzo n. 52, presso l’avv. Claudio Lucchi, che li

rappresenta e difende unitamente agli avv.ti Ambrogio Salgaro e

Maria Rita Zamboni, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Veneto, sez. staccata di Verona, n. 24/15/08, depositata il 19 marzo

2008.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21

ottobre 2016 dal Relatore Cons. Virgilio Biagio;

uditi l’avv. Claudio Lucchi per i ricorrenti e l’avvocato dello Stato

Palasciano Roberto per la controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

SORRENTINO Federico, il quale ha concluso per la cessazione della

materia del contendere ad eccezione dell’anno 2001, in relazione al

quale ha concluso per l’inammissibilità o, in subordine, il rigetto

del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. V.N. e V.D., in qualità di eredi di M.E., socia al 50% del Ristorante Pizzeria Gabry di M.E. & C. s.n.c. (già Elsa s.a.s. di V.N. & C.), hanno proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto indicata in epigrafe, concernente avvisi di accertamento e cartella di pagamento relativi agli anni 1999/2002 emessi nei confronti della M. a titolo di maggior reddito di partecipazione nell’anzidetta società.

Il giudice d’appello, in parziale accoglimento del gravame dell’Ufficio, ha stabilito che il reddito della contribuente venisse determinato sulla base del reddito che sarebbe stato definitivamente accertato nei confronti della società, in relazione al quale in data 7 gennaio 2008 era stata depositata sentenza non ancora passata in giudicato; ha poi dichiarato inammissibile l’appello incidentale proposto dagli eredi M. per carenza di interesse.

2. L’Agenzia delle entrate ha resistito con controricorso.

3. I ricorrenti, nell’imminenza dell’udienza del 25 novembre 2015, hanno depositato documentazione relativa alla presentazione di istanze di definizione delle liti pendenti ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12, convertito in L. n. 111 del 2011.

4. A seguito del rinvio a nuovo ruolo disposto all’esito della predetta udienza al fine di acquisire notizie in ordine alle predette istanze, l’Agenzia delle entrate, nel febbraio 2016, ha chiesto l’estinzione del giudizio per condono limitatamente agli anni 1999, 2000 e 2002.

5. I ricorrenti hanno depositato ulteriore memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In conformità all’istanza depositata dall’Agenzia delle entrate, attestante la regolarità della domanda di definizione della lite, presentata dai contribuenti, ai sensi del D.L. n. 98 del 2011, art. 39, comma 12 (convertito dalla L. n. 111 del 2011), per gli anni 1999, 2000 e 2002, va dichiarata l’estinzione del giudizio relativamente a tali annualità, con compensazione delle spese processuali.

2. Va altresì premesso che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti in memoria, il ricorso concernente l’avviso di accertamento notificato alla società (r.g.n. 5792/09) non è più pendente dinanzi a questa Corte, essendo stato anch’esso dichiarato estinto per condono con decreto presidenziale n. 26600/13 depositato il 28 novembre 2013.

3. Resta, pertanto, da esaminare il ricorso degli eredi di M.E. limitatamente all’anno 2001.

Esso si rivela inammissibile ai sensi dell’art. 366 – bis c.p.c..

I quattro motivi in cui è articolato (“nullità – inammissibilità – improcedibilità dell’appello – carenza di motivazione”; “nullità della sentenza per carenza di motivazione – violazione di legge”; “contraddittorietà della motivazione sentenza e nullità”; “carenza di motivazione – violazione di legge”) sono, infatti, del tutto privi dei requisiti prescritti dalla norma citata, applicabile ratione temporis.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, la norma richiede: a) quanto alle censure di violazione di legge, la formulazione di un quesito di diritto, in termini tali da costituire una sintesi logico – giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata, per cui è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione si riveli inadeguata a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (per tutte, Cass., sez. un., n. 26020 del 2008 e n. 19444 del 2009); b) in ordine a censure di vizi motivazionali, la chiara e sintetica indicazione – che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo – del fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, o delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della stessa la rende inidonea a giustificare la decisione (Cass. nn. 2652 e 8897 del 2008, 27680 del 2009, 5858 del 2013 e numerose successive conformi).

4. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara estinto il processo per gli anni 1999, 2000 e 2002 e compensa le spese.

Dichiara inammissibile il ricorso in relazione all’anno 2001 e condanna i ricorrenti alle spese, che liquida in Euro 1800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 21 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2017

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