Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7625 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. III, 30/03/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 30/03/2010), n.7625

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SENESE Salvatore – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 28868/20058 proposto da:

G.A. (OMISSIS), G.P.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SIMONE DE

SAINT BON 42, presso lo studio degli avvocati FERRARA SANTAMARIA E

PEPE GUGLIELMO, rappresentati e difesi dall’avvocato RAMPINI Massimo

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

D.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE DEI PARIOLI 76, presso lo studio dell’avvocato D’AMORE

SEVERINO, rappresentato e difeso dall’avvocato DELL’ORSO Luciano

giusta delega in calce al controricorso;

UNIPOL ASSICURAZIONI SPA (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante, procuratore ad negotia Dr. S.S.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI VOLSCI 10 presso lo studio

dell’avvocato EQUIZI GREGORIO, rappresentata e difesa dall’avvocato

EQUIZI ALEANDRO giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

D.S. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 591/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

emessa il 2/3/2005, depositata il 24/06/2005, R.G.N. 208/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

26/01/2010 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udito l’Avvocato LUCIANO DELL’ORSO per delega dell’Avvocato ALEANDRO

EQUIZI per la UNIPOL ASSICURAZIONI;

udito l’Avvocato LUCIANO DELL’ORSO per D.G.;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Nel (OMISSIS) G.A., quale esercente la potestà sul figlio minore P. (nato nel (OMISSIS)), agì giudizialmente nei confronti di D.G. e dell’assicuratrice Unipol Assicurazioni s.p.a. per il risarcimento dei danni subiti dal figlio a seguito dello scontro, verificatosi in data (OMISSIS), tra il ciclomotore sul quale viaggiava e l’autovettura condotta dal D., che – affermò – nell’effettuare una manovra di svolta a sinistra aveva omesso di dare la precedenza al sopraggiungente ciclomotore.

I convenuti resistettero ed il D. chiese in riconvenzionale la condanna degli attori al risarcimento dei danni riportati dalla vettura.

Con sentenza n. 26 del 2001 il tribunale di L’Aquila accolse la domanda principale (entro i limiti di L. 10.000.000) e rigettò quella riconvenzionale, ravvisando la colpa esclusiva dell’automobilista D..

2.- La sentenza è stata totalmente riformata dalla corte d’appello di L’Aquila che, con sentenza n. 591 del 2005, ha ritenuto che l’incidente si fosse verificato per colpa esclusiva del conducente del ciclomotore che, fuoriuscito col veicolo impennato su una suola ruota da un’area di servizio sita tra i 3 ed i 5 metri dalla traversa secondaria verso la quale l’autovettura stava svoltando a sinistra, era passato a destra dei veicoli fermi, uno dei quali si era arrestato per consentire la svolta alla vettura condotta dal D.. Ha dunque rigettato la domanda del G. ed accolto quella risarcitoria del D. (Euro 488,00, oltre accessori), ponendo solidalmente a carico dei G., padre e figlio (intanto divenuto maggiorenne), le spese processuali sostenute nel doppio grado da D.G. e dalla Unipol s.p.a..

3.- Avverso detta sentenza ricorrono per cassazione G. A. e P., affidandosi a due motivi illustrati anche da memoria, cui resistono con distinti controricorsi D. G. e la Unipol Assicurazioni s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Col primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c., e contraddittoria motivazione per avere la corte d’appello omesso di applicare il principio secondo il quale “il conducente che svolta a sinistra deve controllare la strada per tutta l’esecuzione della manovra e, qualora manchi una sufficiente visibilità per cui non sia possibile rendersi conto del sopraggiungere di altri veicoli favoriti, deve astenersi dal compiere detta manovra” (Cass., n. 8554/1990) e quello che prevede come mera concausa, inidonea ad escludere la responsabilità di chi sia tenuto a dare la precedenza, l’imprudenza di chi aveva il diritto di passare per primo (Cass., n. 4689/1987), erroneamente ritenendo che il ciclomotore avesse sorpassato altri veicoli ed ascrivendogli di non essersi fermato per essere fermo il flusso della circolazione nella quale si era immesso, così omettendo di riconoscere una colpa concorrente, come avrebbe dovuto alla luce delle risultanze processuali.

1.1.- Il motivo è manifestamente infondato.

La motivazione della corte d’appello è del tutto coerente nella parte in cui ha ritenuto, sulla scorta di risultanze che non è dato apprezzare in sede di legittimità, che il ciclomotore “uscendo dal distributore avrebbe avuto il dovere di immettersi nel flusso della circolazione con la massima prudenza” e “di fermarsi pur egli perchè lo stato di fermo della circolazione stava chiaramente ad indicare un ostacolo della stessa”, mentre “continuò a superare da destra le autovetture ferme, circolando sulla sola ruota posteriore, così andando ad urtare contro la vettura del D.”, che dal canto suo non ebbe “il tempo e la possibilità, per la brevissima distanza dall’uscita del distributore, di avvedersi del sopraggiungere del motociclo”.

L’ultimo rilievo della corte d’appello esclude, in radice, la stessa configurabilità della violazione dell’obbligo di dare la precedenza, non potendo la prima delle massime citate dal ricorrente (ovviamente) intendersi nel senso che chi la precedenza debba dare, non debba per ciò stesso mai passare.

2.- Col secondo motivo la sentenza è censurata per violazione dell’art. 276 c.p.c., e per “omessa e/o carente motivazione” per avere la corte territoriale condannato alle spese del secondo grado, in solido col figlio, anche il padre benchè egli, a seguito della raggiungimento della maggiore età da parte del figlio, fosse privo della legittimazione passiva nel giudizio di secondo grado.

2.1.- Il motivo è infondato, al di là dell’errore materiale nell’indicazione della disposizione di cui è denunciata la violazione (errore di cui i ricorrenti danno atto in memoria), che concerne la deliberazione della decisione ed è del tutto estranea al problema evocato, comunque perfettamente comprensibile sulla base degli argomenti sviluppati nell’illustrazione del motivo.

Premesso che il vizio di motivazione è prospettato in riferimento ad un’ipotesi (applicazione dell’art. 2048 c.c.) fatta dallo stesso ricorrente e neppure in astratto correlabile alla intervenuta condanna solidale dei soccombenti alle spese processuali, non vale a sostenere la censura il richiamo del principio secondo il quale ove – come nella specie – la maggiore età sia stata raggiunta dal minore prima della sentenza di primo grado e l’evento, benchè non dichiarato, sia tuttavia agevolmente conoscibile, l’appello va proposto nei suoi confronti e non del genitore, ormai privo della legale rappresentanza.

Nel caso in esame l’appello è stato proposto nei confronti dell’ex- minore e del genitore, che era bensì privo, ormai, della legale rappresentanza, ma che s’è tuttavia costituito in giudizio in una col figlio tramite il medesimo difensore (che ha anche depositato un’unica comparsa di risposta), nulla ha in proposito rilevato e s’è a sua volta difeso nel merito, assumendo una posizione processuale di contestazione della pretesa dell’appellante e di sostegno di quella originaria.

La sua condanna solidale alle spese consegue, dunque, allo svolgimento dell’attività processuale che ha svolto come parte, non sussistendo un principio secondo il quale chi sia privo, per averla perduta, della legittimazione ad processum, ma che tuttavia al processo attivamente partecipi senza nulla rappresentare e facendo anzi valere la posizione altrui, debba solo per questo considerarsi estraneo alle spese che anche con la sua resistenza abbia cagionato all’altra parte, ove questa risulti vittoriosa.

Si rende, nella specie, applicabile il principio di causalità, secondo il quale la parte soccombente va individuata in quella che, azionando una pretesa accertata come infondata o resistendo ad una pretesa fondata, abbia dato causa al processo o al suo protrarsi (Cass., n. 1513/2006, 20335/2004, 3642/2004, 7182/2000) e che debba qualificarsi tale in relazione all’esito finale della lite.

3.- Il ricorso è respinto.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, alle spese in favore dei controricorrenti, liquidandole per ognuno in Euro 2.200,00 di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

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