Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7625 del 04/04/2011

Cassazione civile sez. II, 04/04/2011, (ud. 15/02/2011, dep. 04/04/2011), n.7625

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.L. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 142, presso lo studio dell’avvocato

FORTI DAMIANO, rappresentato e difeso dall’avvocato MAZZI MASSIMO;

– ricorrente –

Contro

P.F.D. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DELLA BALDUINA 7, presso lo studio

dell’avvocato TROVATO CONCETTA, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato FERRONI FABIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3317/2004 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 28/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/02/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO CORRENTI;

udito l’Avvocato Mazzi Massimo difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Trovato Concetta difensore della resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 6.10.1997 P.F.D. conveniva davanti al Tribunale di Monza il fratello L. chiedendo lo scioglimento della comunione ereditaria su un edificio in (OMISSIS).

Il convenuto aderiva alla richiesta di divisione e riconvenzionalmente chiedeva la condanna della sorella al pagamento di L. 350.000.000.

Disposta ctu, con sentenza n. 1559/2002, il Tribunale disponeva lo scioglimento della comunione secondo il progetto 2 del ctu, assegnando i lotti, dichiarando nulla la riconvenzionale e compensando parzialmente le spese.

Proponeva appello P.L. solo in ordine alla riconvenzionale, resisteva la sorella e la Corte di appello di Milano, con sentenza 3317/04, in parziale accoglimento dell’appello, rigettava la riconvenzionale con condanna alle spese del grado, osservando che il P., sia pure per successive approssimazioni, aveva indicato come causa della restituzione delle somme versate alla sorella l’inadempimento della stessa ad un accordo, tuttavia senza fornire la prova della pattuizione e del suo contenuto.

Ricorre P.L. con due motivi, resiste controparte, che ha anche presentato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo si lamenta violazione dell’art. 2033 c.c. e dell’art. 360 c.p.c., n. 3. La Corte di appello ha statuito che la prova dell’intervenuto accordo e del suo contenuto non era stata fornita senza considerare che controparte aveva riconosciuto la ricezione della somma tra il 1990 ed il 1992, attribuendo alla stessa natura di obbligazione naturale e di transazione amichevole per non dare corso all’azione di riduzione della donazione indiretta, ovvero come rinuncia alla collazione.

Col secondo motivo si deduce insufficiente motivazione sempre in relazione alla tutela di cui all’art. 2033 c.c..

Le censure, che possono esaminarsi congiuntamente, non meritano accoglimento. E’ circostanza pacifica, indicata anche nella premessa del ricorso, che nella comparsa di costituzione del 18.12.1997 l’odierno ricorrente chiese riconvenzionalmente la condanna della sorella al pagamento di L. 350.000.000 versatale in precedenza, riservando la produzione della relativa documentazione e, nella successiva memoria 20.3.1998, preciso’ che la somma era stata versata in pagamento del prezzo di vendita della quota di 25% dell’immobile in (OMISSIS), circostanza sempre ed espressamente contestata da controparte.

Stando cosi’ le cose, avendo la Corte di appello dedotto la mancata prova della pattuizione e del suo contenuto e l’ambiguita’ delle affermazioni riportate in quanto le frasi usate potevano essere indicative di un accordo per la vendita a Luigi del 25% che P. F.D. aveva ricevuto dalla successione quanto di un accordo per non agire in collazione dell’ulteriore quota del 25% sul presupposto di una donazione indiretta del 50% dell’immobile ricevuta da P.L., le odierne generiche censure sono inidonee alla riforma della sentenza.

Il vizio di motivazione, poi, devesi considerare come la censura con la quale alla sentenza impugnata s’imputino i vizi di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 debba essere intesa a far valere, a pena d’inammissibilita’ comminata dall’art. 366 c.p.c., n. 4 in difetto di loro puntuale indicazione, carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicita’ nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune, od ancora mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilita’ razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi: non puo’, per contro, essere intesa a far valere la non rispondenza della valutazione degli elementi di giudizio operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte ed, in particolare, non si puo’ con essa proporre un preteso migliore e piu’ appagante coordinamento degli elementi stessi, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalita’ di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della norma stessa; diversamente, il motivo di ricorso per cassazione si risolverebbe – com’e’, appunto, per quello in esame in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice del merito, id est di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalita’ del giudizio di legittimita’.

Ne’ puo’ imputarsi al detto giudice d’aver omesse l’esplicita confutazione delle tesi non accolte e/o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi, giacche’ ne’ l’una ne’ l’altra gli sono richieste, mentre soddisfa all’esigenza d’adeguata motivazione che il raggiunto convincimento risulti – come e’ dato, appunto, rilevare nel caso di specie – da un esame logico e coerente di quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, che siano state ritenute di per se’ sole idonee e sufficienti a giustificarlo; in altri termini, perche’ sia rispettata la prescrizione desumibile dal combinato disposto dell’art. 132, n. 4 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata dell’adottata decisione evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse.

Nella specie, per converso, le esaminate argomentazioni non risultano intese, ne’ nel loro complesso ne’ nelle singole considerazioni, a censurare le rationes decidendi dell’impugnata sentenza sulle questioni de quibus, bensi’ a supportare una generica contestazione.

In ogni caso va osservato che la sentenza, a pagina sette, a fronte di una ventilata prescrizione dei diritti successori di F. D., ha precisato che i pagamenti effettuati da L. alla sorella andavano dal 29.11.1990 al 10.7.1992, ossia quando la stessa sarebbe stata piu’ che in termini per chiedere la collazione della donazione indiretta, a fronte di una successione aperta il 20.4.1988.

In definitiva la riconvenzionale consisteva in una azione per inadempimento di un patto non provato donde il rigetto del ricorso.

La singolarita’ della vicenda consiglia la compensazione delle spese.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 15 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2011

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