Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7625 del 02/04/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7625 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FERRO MASSIMO

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SENTENZA

Sul ricorso proposto da:

ANTONINI LUIGI, rappr. e dif. dall’avv. Pio Corti, elett. dom. presso lo studio
del medesimo in Roma, viale Parioli n.47, come da procura in calce all’atto
-ricorrente Contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-controricorrente-

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Data pubblicazione: 02/04/2014

per la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Milano 12.12.2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 16 gennaio
2014 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;
uditi gli avvocati Raffaella Baccaro per il ricorrente e Daniela Giacobbe per
l’Avvocatura dello Stato;

IL PROCESSO
Luigi Antonini impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di
Milano 12.12.2006 che, in conferma della sentenza C.T.P. di Varese n. 188/03/2005,
ebbe a respingere il proprio appello, così ribadendo la legittimità del silenzio-rifiuto
già opposto dall’Ufficio avverso l’istanza di rimborso IRPEF (pari ad Euro 4.137,16)
avanzata per l’anno 2001 ai sensi della legge n. 383/2001 (cd. Tremonti-bis), a
seguito della rideterminazione del reddito della società Frulin s.a.s., di cui il ricorrente
era accomandatario, a tal fine riprecisato in una perdita di Euro 453.623, 20.
Ritenne la C.T.R., richiamando la decisione dei primi giudici, per i quali anche la
società non aveva presentato, come pur prescritto, alcuna dichiarazione integrativa
adeguandosi alle modalità dell’art.3 d.P.R. 22.7.1988, n.322 e comunque non godeva
delle agevolazioni invocate ai sensi della cit. 1. n.383/2001, che la stessa difettasse dei
relativi requisiti attinenti alla cd. detassazione del reddito d’impresa e di lavoro
autonomo reinvestito.
In particolare, in virtù di un interpello rivolto dal contribuente alla Direzione
centrale normativa contenzioso dell’Agenzia delle Entrate ed esprimente parere
positivo al conseguimento dell’agevolazione, ma subordinatamente al possesso dei
requisiti previsti dalla legge n.383 cit., anche il giudice di secondo grado negò
fondamento al credito di rimborso, nel merito correlato alla prospettata
riclassificazione, nel bilancio della società, dei costi per lavori in corso (inizialmente
collocati nell’attivo circolante dello stato patrimoniale) nella diversa e nuova voce
delle immobilizzazioni (quali beni strumentali), almeno per i SAL posteriori al 30
giugno 2001 e relativi alla costruzione di un capannone. Ciò sul presupposto, a detta
del socio istante, che l’attività della società doveva considerarsi nella sua effettività
(di locazione immobiliare), mentre l’Ufficio, con tesi condivisa dalla C.T.R., aveva
preso atto che dalla certificazione al registro delle imprese l’attività sociale risultava
più ampia – la costruzione, l’acquisto, la successiva rivendita oltre alla locazione di
immobili — e così incidente sulla nozione di investimento in immobili strumentali per
natura, condizione del beneficio (non soddisfatta nel caso di bene-merce).
Il ricorso è affidato a sei motivi; resiste con controricorso Agenzia delle Entrate.
Parte ricorrente ha depositato memoria, eccependo la nullità del processo per
violazione del principio di inscindibilità ex art.14 d.lgs. n.546/1992, appartenendo

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estensore co

.ferro

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Giovanni Giacalone,
che ha concluso per l’inammissibilità o in subordine il rigetto del ricorso.

invero la controversia al necessario contraddittorio con la società di persone Frulin
s.a.s.

Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto la nullità della sentenza impugnata ai
sensi dell’art.360 n.4 cod.proc.civ. non avendo fornito la C.T.R. le adeguate
giustificazioni volte alla ricostruzione dell’iter logico seguito per la decisione, affetta
altresì da motivazioni insufficienti e contraddittorie.
Con il secondo motivo, si deduce il vizio di motivazione avendo erroneamente la
C.T.R. omesso di indicare i requisiti necessari all’immobile costruito dalla società per
usufruire dell’agevolazione citata, sul punto essendosi limitata a negarne la natura di
bene strumentale.
Con il terzo e sesto motivo, si deduce la violazione di legge con riguardo all’art. 4 1.
18.10.2001, n.383, in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ., avendo la C.T.R. negato
l’agevolazione richiesta erroneamente conferendo prevalenza all’astratta attività
svolgibile dalla società in base al suo statuto piuttosto che alla sua effettiva attività, di
locazione immobiliare.
Con il quarto motivo, si deduce il vizio di motivazione, censurata la sentenza per
insufficienza e contraddittorietà, in ordine all’effettiva attività svolta dalla società
Frulin s.a.s.
Con il quinto motivo, si deduce la violazione di legge ancora con riguardo all’art. 4
1. 18.10.2001, n.383, in relazione all’art.360 n.3 cod.proc.civ., avendo la C.T.R.
conferito preponderanza alla formulazione astratta dell’attività sociale, e non alla
effettiva natura immobiliare volta alla locazione che essa aveva in concreto assunto,
contravvenendo al diverso precetto normativo.
1. Il rilievo da ultimo sollevato in memoria dal ricorrente non può essere condiviso. Il
credito di rimborso per IRPEF rivendicato dal ricorrente individua una posizione
individuale di vantaggio che solo mediatamente si correla, nella rappresentazione del
suo fatto costitutivo, al reddito societario, che si vuole — qui da parte del socio diverso da quello dichiarato inizialmente, ed invero abbattuto in virtù dei costi che la
società Frulin s.a.s., di cui il ricorrente era accomandatario, avrebbe sostenuto su un
immobile locato a terzi, dunque dovendo per essi godere — in tesi — dell’agevolazione
di cui all’art.4 1. n.383/2001, trattandosi di bene strumentale per natura. La modifica
della dichiarazione reddituale della società — quale affermata da parte del socio qui
ricorrente — non si correla ad alcuna prova della stabilità di quella unilaterale
rideterminazione che, secondo la narrativa della sentenza impugnata, avrebbe
condotto Frulin s.a.s. a rettificare (secondo il socio nel 2004) i redditi del 2001,
flettendo il risultato finale sino ad un’espressione in perdita. Tale circostanza si
atteggia a presupposto indispensabile, con quelle caratteristiche di intangibilità, per
un’eventuale riconsiderazione del reddito del socio (non indicato in altro modo che
come situazione soggettiva di diritto alla percezione del rimborso), conseguendone
che se, come nella specie, manca la prova che la società abbia agito con successo ai
fini di quel riconoscimento e soprattutto, modificando senza contestazioni il proprio
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I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Ilprimo motivo è inammissibile. Va osservato che il vizio dell’ error in procedendo ed anche
della violazione di legge sono stati in realtà prospettati come sostanziale carenza di
motivazione, nell’ambito di una confusa enunciazione descrittiva nella quale fanno
difetto una chiara selezione del fatto controverso e decisivo della controversia (ratione temporis
ragguagliato all’art.360 co.1 n.5 cod.proc.civ.) e una conclusione finale adeguata
relativamente al necessario quesito di diritto (risoltosi in una generica istanza di
decisione sull’invocato difetto dei requisiti di minima motivazione della pronuncia, ma
senza chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata, in relazione alla
concreta controversia, Cass. s.u. 21672/2013, trattandosi comunque di quesito refluito
in un generico interpello, Cass. 3530/2012), tanto più che, come anche di recente
deciso da questa Corte, “il motivo di impugnazione che prospetti una pluralità di questioni
precedute unitariamente dalla elencazione delle norme che si assumono violate, e dalla deduzione del
vizio di motivazione, è inammissibile, richiedendo un inesigibile intervento integrativo della Corte che,
per giungere alla compiuta formulazione del motivo, dovrebbe individuare per ciascuna delle doglianze
lo specifico vizio di violazione di legge o del vizio di motivazione.” (Cass. 21611/2013 ed invero
12248/2013, ove manchino distinti momenti finali di sintesi). In ogni caso, nessuna
nullità attiene in modo diretto alla ricostruzione del fatto e delle ragioni della decisione
poiché perfino l’assenza della concisa esposizione dello svolgimento del processo e
dei fatti rilevanti della causa vale ad integrare un motivo di nullità della sentenza
soltanto quando tale omissione impedisca totalmente – non risultando richiamati in
alcun modo i tratti essenziali della lite, neppure nella parte formalmente dedicata alla
motivazione -, di individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella
decisione, nonché di controllare che siano state osservate le forme indispensabili poste
dall’ordinamento a garanzia del regolare svolgimento della giurisdizione (Cass.
6683/2009).
3. Il secondo ed il quarto motivo di ricorso sono inammissibili, poiché la mancanza finale di
un momento di sintesi impedisce a questo Giudice di cogliere la criticità della
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estensore co

reddito finale così da fruire della detassazione dell’investimento, abbia effettivamente
fruito della citata disciplina di favore delle spese, anche la legittimità del fondamento
del credito d’imposta assume autonomia d’indagine preliminare. La decisione della
controversia non attiene pertanto alle medesime esigenze di unitarietà
dell’accertamento alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di
persone e delle associazioni di cui all’art. 5 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e dei soci
delle stesse, ove la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio,
comporta che il ricorso tributario proposto avverso un avviso di rettifica da uno dei
soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso
in cui questi prospettino questioni personali -, sicché tutti questi soggetti devono
essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa
limitatamente ad alcuni soltanto di essi. Non sussistono conclusivamente i requisiti
che impongano l’integrazione del contradditorio ai sensi dell’art. 14 d.lgs. 31 dicembre
1992, n. 546 (Cass. 23096/2012; 28020/2012; 1661/2011, dopo Cass. s.u.
14815/2008), né il giudizio celebrato senza la partecipazione degli altri soci e della
società è affetto da alcuna nullità assoluta.

4. Il tego ed il sesto motivo sono in parte inammissibili ed in parte infondati. Secondo la
sentenza, la destinazione del bene al commercio ha assunto valore assorbente nella
ricostruzione del parametro produttivo riferito alla società contribuente (e per riflesso
alla fondatezza del credito di rimborso per maggiore IRPEF del suo socio), dovendosi
apprezzare l’oggetto sociale quale risultante dallo statuto, che, per l’estendersi anche a
costruzione, acquisto e successiva rivendita, oltre che locazione, di immobili, poneva il
capannone su cui erano state effettuate le opere nel 2001 alla stregua di bene-merce,
privo così della qualità di bene strumentale in natura, ai sensi dell’ultima parte del
comma 4 dell’art. 4 1. n. 383/2001. Si tratta di un apprezzamento di fatto, coerente
con la portata selettiva del beneficio (L’investimento immobiliare è limitato ai beni strumentali
per natura), che non ne permette una lettura alternativa la quale rinvii all’individuazione
in concreto, anche contraddittoria con le operazioni desumibili dall’oggetto sociale,
della singola attività d’investimento, per statuto inquadrabile nell’attività societaria in
una pluralità di ambiti e destinazioni. La dedotta violazione di legge è stata peraltro
riassunta dal ricorrente con quesiti di diritto a loro volta deficitarii sul piano della
completezza, poiché formulati come meri interpelli (Cass. 3530/2012).
5. Il quinto motivo è infondato poiché la portata selettiva dell’agevolazione, circoscritta dal
cit. comma 4 1. n.383/2001 per le società immobiliari solo ai beni strumentali per
natura, anche per il possibile rinvio definitorio all’art.40, comma 2, TUIR ratione
temporis vigente, rimanda ad una nozione di esclusivo riguardo agli immobili che
abbiano, come unica destinazione, quella di essere impiegati direttamente dal
contribuente nell’espletamento di attività tipicamente imprenditoriali, sì da non essere
idonei a produrre un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale, nel
quale sono inseriti (Cass. 1225/2011). E’ vero poi che in tema di imposte sui redditi, ai
sensi dell’art. 40 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, gli immobili appartenenti ad
imprese commerciali gestite da società di capitali costituiscono beni strumentali, anche
se non sono utilizzati direttamente e sono dati in locazione, ma solo se per le loro
caratteristiche non sono suscettibili di diversa destinazione senza radicali
trasformazioni, restando altrimenti assoggettati al regime proprio delle fonti di reddito
(nella specie, fondiario) ed in ogni caso incombe al contribuente che intenda far valere
la natura strumentale dell’immobile l’onere di fornire la prova della sua destinazione
esclusiva all’utilizzazione nell’attività propria dell’impresa (Cass. 25609/2006). La
conclusione cui è pervenuto il giudice del merito, secondo cui la natura strumentale
del capannone non sarebbe immediatamente desumibile dalla mera riappostazione
contabile (dalle rimanenze alle immobilizzazioni) e per il 2001, delle spese sostenute
e nonostante la sua destinazione locativa, è coerente con la disamina, che costituisce
questione di fatto incensurabile in questa sede, della caratterizzazione operativa della
società stessa, evidentemente riconosciuta dal novero imprescindibile di tutte le
attività di cui al suo oggetto sociale statutario.

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estensore

motivazione, per la quale occorre che il ricorso ne circoscriva puntualmente i limiti, in
maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di
valutazione della sua ammissibilità (Cass. 2652/2008).

li-SENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.P.R. 26/4/1986
N. 131 TAB. ALL. B. – N. 5

MATERIA TRIBUTARIA
Il ricorso va pertanto rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento, secondo le regole della soccombenza e liquidazione come da
dispositivo.
P. Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente alle spese del procedimento,
liquidate in Euro 1.500, oltre alle spese eventualmente prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 gennaio 2014.

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