Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7623 del 04/04/2011

Cassazione civile sez. II, 04/04/2011, (ud. 27/01/2011, dep. 04/04/2011), n.7623

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA ILDEBRANDO GOIRAN 23, presso lo studio dell’avvocato

CONTENTO GIANCARLO, rappresentato e difeso dall’avvocato GUIDOTTI

ENRICO;

– ricorrente –

contro

C.M.;

– intimato –

e sul ricorso n. 25072 del 2005 proposto da:

C.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE MAZZINI 117, presso lo studio dell’avvocato VARANO

ANDREA, rappresentato e difeso dall’avvocato GUERRINI GIULIO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

P.P.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 952/2004 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 14/06/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/01/2011 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto di entrambi i

ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.M. agiva innanzi al Tribunale di Firenze per ottenere la condanna di P.P.A. alla restituzione della somma di L. 30 milioni, oltre accessori, quale doppio della caparra confirmatoria che egli aveva versato a quest’ultimo in occasione della stipula in data 12.11.1998 di un contratto preliminare di vendita di un terreno sito a (OMISSIS), la cui cessione il P. aveva promesso per se’ e quale rappresentante degli altri intestatari, suoi congiunti, tra cui il fratello, A., in stato d’interdizione. A sostegno della domanda deduceva l’inadempimento del convenuto, sostenendo che questi non aveva effettuato quanto necessario ad ottenere l’autorizzazione del Tribunale alla vendita in norme e per conto dell’interdetto.

Nel resistere in giudizio P.P.A. imputava all’attore la mancata conclusione del contratto definitivo, per averne preteso la stipula a condizioni diverse da quelle concordate nel preliminare.

Valutate comparativamente le condotte delle parti, e considerato che il P. si era rifiutato di comparire innanzi al notaio per aver, in precedenza, il C. gia’ negato il proprio adempimento, subordinandolo a una riduzione del prezzo in quanto il terreno era risultato soggetto a verde pubblico e ad espropriazione, il Tribunale rigettava la domanda.

Tale sentenza, impugnata dal C., era ribaltata dalla Corte d’appello di Firenze, che con sentenza n. 952 del 14.6.2004 dichiarava risolto il contratto preliminare per inadempimento del P., che condannava alla restituzione del doppio della caparra e al pagamento delle spese.

Osservava la Corte territoriale che il C. non aveva dichiarato di non voler concludere il contratto definitivo, ma nel confermare la volonta’ di addivenirvi si era limitato, tramite il proprio legale, a proporre una rinegoziazione del prezzo a causa dei vincolo urbanistico gravante sul terreno e non dichiarato nel contratto preliminare, in cui il bene era stato promesso “con quella destinazione disposta dagli strumenti urbanistici della pubblica amministrazione”. Riteneva, quindi, che l’iniziativa del C., che qualificava come parte caduta in errore, di avviare trattative sull’esecuzione del contratto in modo conforme al contenuto che riteneva di aver pattuito, non era contraria al mantenimento del vincolo. Aggiungeva, quindi, che il P. non aveva mai negato che il C. fosse caduto nel lamentato errore circa la possibilita’ di destinare il terreno a parcheggio, e che, per converso, sarebbe stato semplice per il P. fissare giorno e ora della stipula del contratto e rendere cosi’ palese la di lui ipotizzata volonta’ di non adempiere. Concludeva, quindi, nel senso che doveva escludersi che l’inadempimento del P. fosse giustificato da un precedente inadempimento del C..

Per la cassazione di quest’ultima pronuncia ricorre P.P. A., con due motivi.

Resiste con controricorso C.M., che propone a sua volta impugnazione incidentale sul capo relativo al regolamento delle spese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

In via pregiudiziale vanno riuniti i ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c. 1. – Con il primo motivo del ricorso principale si deduce, testualmente, la “errata prospettazione di controparte alla Corte d’appello di Firenze – Bonifica dai “veleni” che controparte e’ riuscita a trasfondere nella sentenza impugnata”. Parte ricorrente riporta frasi contenute nell’atto d’appello del C. come se provenissero dal giudice di secondo grado, ne lamenta l’equivoco significato assunto fuori contesto, e sostenendo che sono riportate nella sentenza d’appello afferma che esse contraddicono il dispositivo e la motivazione, laddove la Corte territoriale argomenta circa il diritto del C. ad una riduzione del corrispettivo pattuito nel preliminare. Quindi, a) riporta brani contenuti a pagg.

6 e 7 della sentenza impugnata; b) ne confuta il fondamento in punto di fatto, sostenendo che il P. aveva rassicurato il C. prima e durante la stipula del preliminare che ogni vincolo espropriativo sul terreno promesso era gia’ decaduto; per poi, c) concludere, testualmente, come segue (e che non appare sintetizzabile in termini diversi e razionali): “Quanto sopra doverosamente premesso, che nel corso della narrativa, ha gia’ in se’ – quanto meno in nuce – un primo motivo di gravame in quella contraddittorieta’ della motivazione, per la quale prima si riconosce che il C. aveva rinunciato ad ogni decurtazione del prezzo pattuito nel preliminare, convinto dalle argomentazioni del P. che non esisteva alcun vincolo espropriativo e successivamente alla pagina 10 della impugnata Sentenza la Corte d’Appello di Firenze, decisamente, cambia binario e utilizzando altra missiva dell’Avv. G.G., che e’ ormai fuori causa dal momento che, per quanto in zona cesarini (sic), la controparte ha ormai riconosciuto che il vincolo non esiste (ne’ esisteva al momento del contratto preliminare) al rigo n 9 e seguenti, testualmente: “Come si vede, si conferma apertamente il P. a vendere il terreno promesso. Si richiama la scoperta “della destinazione a verde pubblico e si richiama la “considerazione di tale vincolo all’esproprio come ragione di “minor valore del bene” da tenere presente “per la sua incidenza sul contratto, con riguardo al prezzo pattuito”. A voler tutto concedere, e non siamo disposti e disponibili a farlo, la difesa del C. ha sostenuto una cosa diversa e diametralmente opposta: credeva che ci fosse il vincolo ed ha scoperto che il creduto vincolo non e ‘era. Pare evidente il vizio logico nel quale e’ incorsa la Corte d’appello di Firenze, vizio logico che travolge ogni motivazione e la rende contraddittorio”.

1.1. – Il motivo e’ manifestamente inammissibile.

Non solo la sua inconsueta titolazione non e’ riconducibile ad alcuno dei motivi di cassazione previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, ma altresi’ va rimarcato che esso afferma una pretesa contraddittorieta’ della sentenza impugnata ponendone in sequenza una parte della narrativa (pagg. 6 e 7), in cui sono riportati i motivi dell’appello proposto dal C., con una parte tratta dai motivi della decisione, si’ da farne commistione come se entrambe esprimessero il pensiero dell’organo giudicante.

1.2. – Ne’ il motivo puo’ essere ritenuto ammissibile de residuo, almeno, cioe’, nella parte riferita alla sopra riportata affermazione motivazionale della Corte fiorentina. La sola critica che ne risulta, una volta depurata la censura da ogni riferimento a considerazioni provenienti non dal giudice, ma dalla parte appellante, consiste nella mera petizione (concessa, ma non ammessa) di un fatto (ossia che il C. abbia dapprima creduto che sul terreno gravasse un vincolo preordinato all’espropriazione, per poi scoprirne l’insussistenza) che ove pure conclamato dagli atti potrebbe al massimo veicolare un errore revocatorio, e non gia’ un mezzo di annullamento in cassazione.

2. – Con il secondo motivo il ricorrente deduce il “malgoverno delle prove versate in atti da parte appellata fino dal primo grado di giudizio dinanzi al Tribunale di Firenze”.

Il motivo contiene, nell’ordine: l’esplicazione del documento prodotto sub 1 in primo grado (in sostanza il contratto preliminare con la piantina descrittiva del fondo); la riproduzione del testo del preliminare quanto a prezzo di vendita e tempi di pagamento;

l’interpretazione datane dal ricorrente, che sostiene che la misurazione definitiva del terreno, ai fini dell’esatta quantificazione del corrispettivo, fosse “correlata” al rogito notarile e al pagamento, salvo appunto diversa misura, dell’ultima tranche del prezzo; dichiarazioni meramente polemiche circa la condotta del C. e della sua difesa nel creare questioni e nel non voler pagare la rata di prezzo di 15 milioni di scadenza coeva all’immissione in possesso “il prima possibile”, come stabilito nel contratto preliminare; l’assunto per cui “nel dettaglio codesta problematica e’ stata saltata a piedi pari dalla Corte d’appello di Firenze che non ha menomamente accennato ai fatto che c’erano altri 15 milioni da pagare prima di fare il contratto”, e che “in soldoni” il giudice di secondo grado “doveva prendere in esame tutto il (…) documento n 1 e non soltanto la prima pagina, come appare pacifico che essa Corte si e’ limitata a fare”, non avendo in alcuna parte della pronuncia menzionato l’obbligo di pagamento di ulteriori L. 15 milioni dopo la stipula del preliminare e “il prima possibile”;

l’affermazione secondo cui il giudice di primo grado aveva quasi potuto “toccare con mano” durante l’interrogatorio del C. la volonta’ di lui di sottrarsi all’adempimento e di pretendere una riduzione del prezzo sol perche’ in passato il bene promesso era stato assoggettato a vincolo;

e la conclusione che la Corte d’appello non si e’ curata di leggere gli atti, di guisa che la relativa decisione e’ “viziata dall’inesistenza e/o contraddittorieta’ della motivazione (prima censura); 2) mancato esame degli atti di causa e conseguente esame di una fattispecie inesistente e non di quella all’oggetto dei giudizi di merito di primo e di secondo grado (seconda censura); 3) errore di diritto per avere dichiarato che la parte inadempiente era adempiente, e viceversa, maltrattando diritto e logica oltremisura, senza neppure esaminare il testo del contratto preliminare (terza censura)”.

2.1. – Anche tale motivo e’ palesemente inammissibile, non essendo dato di coglierne altro senso se non la doglianza di omesso esame di un fatto – il mancato pagamento della seconda tranche del prezzo (L. 15 milioni, in aggiunta agli altri 15 corrisposti a titolo di caparra e destinati ad essere inglobati nel corrispettivo globale) – di cui non e’ apprezzabile la decisivita’, visto che a stregua delle argomentazioni della stessa parte ricorrente il pagamento della seconda rata del prezzo di vendita sarebbe stato collegato all’immissione del promissario acquirente nel possesso del bene. E poiche’ la sentenza d’appello non afferma esservi stata trasmissione del possesso, ne’ il ricorrente censura, a sua volta, la motivazione della sentenza impugnata come omessa in parte qua, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, il motivo in parola appare formulato in maniera inidonea.

3. – Con il ricorso incidentale il contro ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., dolendosi del fatto che la Corte territoriale si sia limitata a regolare le spese del solo secondo grado di giudizio, nonostante l’espressa richiesta di condanna dell’appellato alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di merito.

3.1. – La censura e’ fondata.

E’ noto e costante orientamento di questa Corte che il giudice d’appello, accolta in tutto o in parte l’impugnazione e riformata di conseguenza la sentenza di primo grado, deve provvedere sulle spese di entrambi i gradi di giudizio secondo l’esito complessivo della lite (v. per tutte e tra le ultime, Cass. n. 18837/10).

3.1.1. – Nello specifico, ne’ dalla motivazione, ne’ dal dispositivo della sentenza impugnata e’ dato di ricavare tale necessaria doppia liquidazione delle spese, vuoi perche’ difetta ogni indicazione al riguardo (si parla solo di “spese processuali del giudizio”), vuoi perche’ l’entita’ delle singole voci cosi’ come specificate in motivazione appare incompatibile con il regolamento anche delle spese del primo grado.

Pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione a tale motivo, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze, che provvedera’ a liquidare sia le spese del primo grado, sia quelle del presente giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

LA CORTE riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, accoglie quello incidentale e cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze che provvedera’ anche alle spese della fase di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2011

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