Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7622 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. III, 30/03/2010, (ud. 26/01/2010, dep. 30/03/2010), n.7622

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SENESE Salvatore – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26697/2005 proposto da:

G.P. (OMISSIS), D.L.

(OMISSIS), C.G. (OMISSIS), G.

G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BELSIANA 71, presso

lo studio dell’avvocato OCCHIPINTI Mario, che li rappresenta e

difende giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

RAS SPA RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA’ (OMISSIS) in persona dei

legali rappresentanti Dr. C.A. e Dott.ssa M.R.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PANAMA 88, presso lo studio

dell’avvocato SPADAFORA Giorgio, che la rappresenta e difende giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

R.R., COOPERATIVA FORZA AGRICOLA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 153/2004 del TRIBUNALE DI CROTONE SEDE

DISTACCATA di STRONGOLI, emessa il 23/8/2004, depositata il

23/08/2004, R.G.N. 2706/2000;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

26/01/2010 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato LUIGI VULCANO per delega dell’Avvocato MARIO

OCCHIPINTI;

udite l’Avvocato GIORGIO SPADAFORA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con quattro sentenze depositate il 20 marzo 2000 il Giudice di Pace di Strangoli accoglieva le domande di risarcimento dei danni conseguenti a sinistro stradale proposte da G.P., D.L., C.G. e G.G. nei confronti della Cooperativa Forza Agricola, di R.R. e della RAS – Riunione Adriatica di Sicurtà S.p.A..

Con sentenza in data 23 agosto 2004 il Tribunale di Crotone, riuniti gli appelli interposti dalla RAS avverso le suddette sentenze, rigettava tutte le domande risarcitorie e condannava gli appellanti al pagamento delle spese del doppio grado.

Il Tribunale osservava per quanto interessa: la richiesta dell’appellante dì nullità della C.T.U. espletata in primo grado era tardiva; con riferimento alla C.T.U. espletata in secondo grado, la richiesta istruttoria degli appellati non meritava accoglimento poichè la scelta del C.T.U. rientrava nel prudente apprezzamento del Giudice ed era irrilevante la sua residenza nella stessa città del precedente giudice istruttore; il Giudice di Pace si era uniformato solo in parte alla prima consulenza avendone rilevato la parziale erroneità e le conclusioni cui il primo C.T.U. era pervenuto apparivano inidonee per decidere la controversia; per contro, la relazione del secondo C.T.U. era congruamente e correttamente motivata e aveva evidenziato gli errori commessi dal predecessore; le risultanze istruttorie non consentivano di affermare che l’evento verificatosi fosse dovuto all’impatto tra i due mezzi.

Avverso la suddetta sentenza i G., il D. e il C. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

La RAS ha resistito con controricorso, mentre il Russano e la Cooperativa Forza Agricola non hanno espletato attività difensiva.

Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, e in relazione alla violazione degli artt. 158 e 161 c.p.c.. Assumono che l’intervenuta sostituzione del giudice istruttore titolare del procedimento avrebbe dovuto determinare la rimessione della causa sul ruolo. Spiegano che all’udienza del 12 gennaio 2004 – peraltro non preceduta da apposito decreto del Presidente del Tribunale attestante l’avvenuta sostituzione del giudice istruttore -fissata per la convocazione a chiarimenti del C.T.U., il nuovo giudice istruttore aveva invitato le parti a precisare le conclusioni, così impedendo loro di formulare nuove conclusioni, avanzare nuove richieste istruttorie, formulare eventuali deduzioni in ordine alla sostituzione del giudice titolare, eventualmente ricusando quello nuovo. Tutte queste argomentazioni si rivelano prive di pregio per due ordini di ragioni: in primo luogo perchè in sede di precisazione delle conclusioni avanti al nuovo giudice istruttore i ricorrenti ben avrebbero potuto formulare tutte le conclusioni, le richieste, le istanze che avessero ritenute opportune; in secondo luogo, è orientamento giurisprudenziale pacifico (confronta, per tutte, Cass. n. 4435 del 2008) che l’art. 360 c.p.c., n. 4, nel consentire la denuncia di vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce soltanto l’eliminazione del pregiudizio concretamente subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato “error in procedendo”. Qualora, pertanto, la parte ricorrente non indichi – onere cui nella specie non è stato ottemperato – lo specifico e concreto pregiudizio subito, l’addotto error in procedendo non acquista rilievo idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata.

Le considerazioni che precedono valgono anche per l’istanza di rinnovazione della consulenza tecnica, trattata nella parte finale della censura.

Con il motivo in esame i ricorrenti lamentano anche la violazione del principio di immutabilità del giudice investito dell’istruzione e della decisione, che sostengono essere possibile solo con decreto del Presidente del Tribunale nelle ipotesi di assoluto impedimento o di gravi esigenze di servizio.

Questa censura è inammissibile oltre che infondata. Sotto il primo profilo si osserva che essa risulta aspecifica poichè prescinde totalmente dalla motivazione della sentenza impugnata, che quindi non critica. Il Tribunale ha spiegato nella parte espositiva della sentenza che il giudice originariamente designato chiese e ottenne l’autorizzazione ad astenersi a seguito dell’esposto presentato da uno degli odierni ricorrenti e che il nuovo giudice designato venne successivamente sostituito per variazione tabellare.

Sotto altro profilo è noto (Cass. Sez. 3^, n. 24370 del 2006) che l’inosservanza del principio della immutabilità del giudice istruttore, sancito dall’art. 174 c.p.c., in difetto di una espressa sanzione di nullità, costituisce una mera irregolarità di carattere interno che non incide sulla validità dell’atto e non è causa di nullità del giudizio o della sentenza.

Con il secondo motivo vengono denunciate violazione delle norme processuali riguardanti la nomina del C.T.U. e le modalità di svolgimento dell’incarico affidatogli in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, nonchè nullità della sentenza e del procedimento per violazione dell’art. 22 disp. att. c.p.c..

Si assume che in appello, nonostante il C.T.U. officiato in primo grado avesse confermato la propria perizia, si è ritenuto di nominare un nuovo C.T.U. iscritto all’albo dei consulenti del Tribunale di Napoli, senza sentire il presidente e indicare nel provvedimento i motivi della scelta.

La decisione di nominare un nuovo C.T.U., peraltro trattata solo incidentalmente e non specificamente dalla censura in esame, per pacifica interpretazione giurisprudenziale (si veda appresso) rientra nei poteri discrezionali del giudice istruttore, così come non sono censurabili la qualificazione professionale del medesimo e il suo modus operandi, tema, quest’ultimo, che attiene al merito.

Quanto alla designazione di un consulente iscritto all’albo di altro Tribunale, va ribadito il principio già espresso dal questa Corte (confronta Cass. n. 5473 del 2001) secondo cui le norme dell’art. 61 c.p.c. e art. 13 disp. att. c.p.c. e art. 22 disp. att. c.p.c., comma 2, relative alla scelta del consulente tecnico hanno natura e finalità direttive; conseguentemente la scelta di tale ausiliario è riservata all’apprezzamento discrezionale del giudice e non è sindacabile in sede di legittimità.

Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano errore di diritto e vizio della motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione alla mancata ammissione delle richieste istruttorie;

omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti; violazione dell’art. 184 c.p.c..

L’assunto è che, con riferimento al rigetto dell’istanza di rinnovazione della C.T.U., la motivazione della sentenza impugnata si è incentrata sulla questione relativa alla dedotta irregolarità della nomina del consulente trascurando le contestazioni mosse alle modalità di svolgimento dell’incarico.

La censura è manifestamente infondata. Infatti (Cass. Sez. 3^, n. 27427 del 2008) rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative, di sentire a chiarimenti il consulente tecnico d’ufficio sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o “in toto”, le indagini, sostituendo l’ausiliare del giudice. L’esercizio di tale potere, con ordinanza emanata su istanza di parte o su iniziativa officiosa e revocabile ex art. 177 c.p.c., comma 2, non è sindacabile in sede di legittimità, ove ne sia data adeguata motivazione.

Il giudice istruttore ha disposto il rinnovo della consulenza tecnica dopo che nel giudizio d’appello era stato convocato a chiarimenti il C.T.U. nominato in primo grado. La sentenza impugnata prima da atto delle contestazioni mosse alla nuova C.T.U. (vizio di nomina;

completezza della prima C.T.U.; vizio di metodo; vizio di motivazione) e poi risponde analiticamente a ciascuna di esse svolgendo le relative argomentazioni per diverse pagine, in relazione alle quali le critiche mosse in questa sede dai ricorrenti peccano di genericità.

Pertanto il ricorso va rigettato con aggravio per la parte soccombente delle relative spese, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento in solido delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

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