Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7622 del 04/04/2011

Cassazione civile sez. II, 04/04/2011, (ud. 19/01/2011, dep. 04/04/2011), n.7622

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. BIANCHI Luisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15495/2005 proposto da:

C.L. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA FILIPPO CORRIDONI 23, presso lo studio dell’avvocato

BALBONI BARBARA, rappresentato e difeso dall’avvocato TROISI MICHELE;

– ricorrente –

contro

G.L. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA BALDO DEGLI UBALDI 66, presso lo studio dell’avvocato

RINALDI VINCENZO, rappresentato e difeso dall’avvocato MOBILIO

GIANFRANCO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 331/2005 del TRIBUNALE di SALERNO, depositata

il 10/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/01/2011 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito l’Avvocato Troisi Michele difensore del ricorrente che si

riporta agli atti e chiede l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Mobilio Gianfranco difensore del resistente che chiede

il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.L. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con il quale il Pretore di Salerno le ingiungeva il pagamento della somma di L. 3.523.013 in favore del ricorrente ing. G.L. a titolo di pagamento di prestazioni professionali relative al collaudo statico concernente la ristrutturazione ex L. n. 219 del 1981 di un fabbricato sito in Comune di (OMISSIS), di proprietà della medesima. Quest’ultima, a sostegno dell’opposizione, contestava il corretto ed esatto svolgimento da parte dell’ingegnere, dell’attività di controllo, tant’è che erano ad essa derivati danni, per il cui risarcimento proponeva domanda riconvenzionale. Si costituiva l’opposto eccependo l’incompetenza per valore del giudice adito con riguardo alla riconvenzionale. il pretore con sentenza n. 557/1995 decideva la causa, rigettando l’opposizione e separando il giudizio relativo alla domanda risarcitoria in quanto non competente ratione valoris.

Avverso detta sentenza proponeva appello la C. chiedendone la riforma. L’adito Tribunale di Salerno, con la pronuncia n. 331/05 depos. in data 10 marzo 2005, rigettava l’impugnazione, condannando l’appellante ai pagamento della metà delle spese del grado, compensando tra te parti la restante metà. Sottolineava in modo particolare la corte territoriale, che la C., non aveva formulato alcuna contestazione avverso l’attività di collaudo espletata dall’ing. G. e che solo in sede di opposizione al provvedimento monitorio e nel relativo giudizio di primo grado, aveva dedotto una serie di doglianze attinenti all’esecuzione dei lavori, su cui aveva fondato la propria domanda riconvenzionale di risarcimento danni, in ordine alla quale però, il giudice di prima istanza aveva dichiarata la propria incompetenza per valore e che dunque non potevano costituire oggetto di specifico esame nel giudizio d’appello. Avverso la predetta sentenza C.L. propone ricorso per cassazione, sulla base di 4 censure. Resiste con controricorso l’intimato. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso l’esponente denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 10 del 1977, art. 1, L. n. 64 del 1974, artt. 4 e 17, nonchè la carenza di motivazione. Sostiene che l’ing. G. non ha svolto la dovuta attività di vigilanza, tant’è che vi sono state irregolarità e sono stati realizzati anche dei vani abusivi. Tra le inadempienze del professionista l’esponente indica anche lo stesso certificato di collaudo che qualifica “fasullo” in quanto contrasterebbe “con gli atti del Comune”. Nei certificato vi sarebbero alcune attestazioni false e comunque il professionista aveva omesso di controllare i calcoli e vigilare sui lavori. Il giudice avrebbe in altre parole omesso di controllare il comportamento dell’ingegnere denunciato dall’esponente. Con il 2^ motivo quest’ultimo denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 2233; art. 116 c.p.c.; la violazione del principio dell’onere della prova; il vizio di motivazione. Deduce che è erroneo ritenere che il certificato di collaudo si possa presumere veritiero per quanto riguarda l’attività di collaudo effettuata, in quanto ciò sovvertirebbe il principio dell’onere della prova circa lo svolgimento delle prestazioni professionali contestate, onere probatorio che deve ritenersi a carico del professionista.

Con il 3^ motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.; della L. n. 143 del 1949, artt. 6 e 13, e del D.M. 21 agosto 1958, art. 5. Si sostiene che in ordine alla c.d.

“forfetizzazione delle spese accessorie”, non c’era stato alcun accordo con il tecnico sui i compensi accessori, per cui la parcella era stata liquidata dall’ordine professionale ; peraltro gravava sui professionista l’onere della prova circa la ” qualità e quantità” delle proprie prestazioni tali da giustificare la misura percentuale richiesta per i compensi accessori. Si sottolinea in proposito che la parcella professionale debitamente vistata dall’Ordine non avrebbe alcun valore probatorio.

Con il 4^ motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione L. n. 219 del 1981, artt. 8, 9 e 15, nonchè il difetto assoluto di motivazione in relazione alla “presunta accettazione della fattura” allegata alla contabilità alla pratica dalla stessa ricorrente.

Le predette censure – congiuntamente esaminante stante la loro stretta connessione – non sono fondate, essendo evidente che le denunciate violazioni di legge ed i dedotti vizi di motivazione si risolvono in questioni di fatto, dirette a sollecitare un nuovo inammissibile giudizio di merito in sede di legittimità.

Ha più volte precisato questa S.C., quanto al vizio di carenza motivazione, che lo stesso è configurabile “soltanto quando dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito e quale risulta dalla sentenza stessa impugnata emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione ovvero quando è evincibile l’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha indotto il predetto giudice, sulla scorta degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già, invece, quando vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati, poichè, in quest’ultimo caso, il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti dello stesso giudice di merito che tenderebbe all’ottenimento di una nuova pronuncia sui fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione”. (Cass. n. 2272 del 02/02/2007).

Peraltro va ribadito anche questa sede che le doglianze circa le presunte inadempienze del professionista nell’esecuzione della sua attività di controllo (doglianze peraltro mai espresse dall’esponente prima del provvedimento monitorio) non potevano essere oggetto del giudizio di opposizione, ma semmai del distinto giudizio per il risarcimento dei pretesi danni.

Invero, come ha sottolineato il primo giudice, il certificato di collaudo e la documentazione contabile relativa all’attività del tecnico erano finalizzate all’erogazione dei contributo ex L. n. 219 del 1981, per cui la C. era comunque obbligata a corrispondere al professionista il compenso una volta che aveva riscosso il contributo stesso che comprendeva anche la parcella del professionista. Proprio per questo il tribunale ha ritenuto che la fattura doveva ritenersi tacitamente riconosciuta dall’odierna ricorrente, che l’aveva “tranquillamente” utilizzata nell’ambito della pratica ex L. n. 219 del 1981, senza avanzare alcuna riserva sul contenuto della stessa. Analogo discorso può essere fatto anche per la questione della c.d. forfetizzazione delle spese, (comprese nella menzionata fattura) che la ricorrente assume genericamente non dovute in quanto non concordate con il professionista.

Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato; le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente ai pagamento delle spese processuali che liquida in Euro. 1.200,00, di cui Euro 1.000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2011

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