Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7621 del 02/04/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7621 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: FERRO MASSIMO

Data pubblicazione: 02/04/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappr. e dif. dall’Avvocatura
Generale dello Stato, elett. dom. nei relativi uffici, in Roma, via dei Portoghesi n.12
-ricorrente Contro

COLLETTA GUIDO

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estensDkvosn. ferro

-intimatoper la cassazione della sentenza Comm. Tribut. Regionale di Palermo 21.2.2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 16 gennaio
2014 dal Consigliere relatore dott. Massimo Ferro;

IL PROCESSO
Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale di Palermo 21.2.2006 che, in conferma della sentenza C.T.P. di Palermo n.
7/07/2005, ebbe a respingere l’appello dell’Ufficio, ribadendo la illegittimità
dell’avviso di accertamento, già emesso ai fini IVA, IRPEF ed IRAP, con riguardo
all’anno d’imposta 1998 e per il quale, anche a giudizio del giudice di secondo grado,
l’Ufficio si era avvalso della procedura di cui all’art.3, comma 184, della 1. n.549 del
1995, ma senza che l’utilizzo dei cd. parametri di cui ai D.P.C.M. 29.1.1996 e
27.3.1997 (di cui alle note tecniche allegate ed emesse dal Ministero delle Finanze)
permettesse di conoscere la funzione probabilistica cui l’Ufficio era ricorso per
associare il contribuente ad un dato gruppo omogeneo (cluster). Il giudice di primo
grado, peraltro, aveva censurato i decreti istitutivi dei parametri per violazione
dell’art.17 1. n. 400/1988, che ne avrebbe imposto la forma regolamentare e
l’adozione ministeriale — come non avvenuto – previo parere del Consiglio di Stato,
così motivandone la disapplicazione per vizio d’illegittimità.
Ritenne a sua volta la C.T.R. che l’incompiuta esteriorizzazione dei passaggi
logici sottesi all’accertamento dell’Ufficio pregiudicasse la stessa validità dell’atto,
ponendo infatti il contribuente nell’impossibilità di produrre l’eventuale prova
contraria. Per la sentenza qui impugnata, essendo stato attratto l’avviso di
accertamento tra quelli analitico-induttivi previsti dall’art.39, co.1, lett.d) del d.P.R.
n.600/1973, il suo fondamento su presunzioni semplici (ma non legali) poneva
l’esigenza che per esse sussistesse altresì il tratto della gravità, pena la non
realizzazione, a livello di normazione secondaria, dell’intento legislativo. I
procedimenti formativi dei parametri, attuati dopo la legge ed in applicazione della
stessa, ricorrono invero ad informazioni di tipo contabile, come il ricavo contabile,
inidoneo a ricostruire la formazione del ricavo stimato. Ed in secondo luogo, per la
C.T.R., la stessa esistenza di valori inferiori (oltre che superiori) al centro di
aggregazione, rende incerta la sicura collocazione del contribuente all’interno di un
dato gruppo omogeneo, che si caratterizza infatti per scostamenti il cui indice di
tolleranza non aveva alcuna relazione precisa con la legge o l’atto ministeriale, così
pregiudicando il valore di presunzione del dato, degradabile semmai a mero indizio.
Il ricorso è affidato a due motivi.
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s. m.ferro

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Giovanni Giacalone,
che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art. 112
cod.proc.civ., per extrapetizione, oltre che omessa e comunque insufficiente
motivazione della sentenza, censurata in relazione agli artt.360 nn.4 e 5 cod.proc.civ.,
poiché il contribuente non aveva mai svolto doglianze attinenti ai limiti del ricavo
contabile nella formazione di quello stimato, osservazione critica peraltro sollevata
dal giudice e non altrimenti esplicitata e nemmeno aveva svolto deduzioni circa
l’appartenenza ad un dato gruppo omogeneo, circoscrivendo i motivi di denuncia a
cause diverse di inattendibilità dei parametri (perché non posti da legge ordinaria) ed
all’incompletezza dell’avviso di accertamento (non integrante elementi presuntivi
ulteriori).
Con il secondo motivo, si deduce la violazione di legge con riguardo agli artt. 3,
commi 181-183 legge n 549/1995, nonché all’art.2697 e 2727 cod.civ., oltre che
omessa o insufficiente motivazione, in relazione agli artt.360 nn. 3 e 5 cod.proc.civ.,
avendo erroneamente trascurato la C.T.R. che i parametri sono presunzioni semplici
(che ammettono la prova contraria) e legali (poste dalla legge, essendo i D.P.C.M.
semplice attuazione dell’art.3, commi e legge citati), come tali possibili sufficienti
fonti di ricostruzione dei ricavi e del conseguente reddito, senza necessità di altri
riscontri esterni e con ampia facoltà per il contribuente di giustificare lo scostamento
dalla media statistica come normale e non segno di evasione.
1. Il secondo motivo, che riveste carattere pregiudiziale, è fondato, contravvenendo in più
punti la sentenza impugnata a principi consolidati in tema ed in particolare errando
ove disconosce, quale premessa d’inquadramento dell’istituto, che innanzitutto la
procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei
parametri (o degli studi di settore) costituisce un sistema unitario che non si colloca
all’interno della procedura di accertamento di cui all’art. 39 del d.P.R. 29 settembre
1973, n. 600, ma la affianca, essendo indipendente dall’analisi dei risultati delle
scritture contabili, la cui regolarità, per i contribuenti in contabilità semplificata, non
impedisce l’applicabilità dello standard, né costituisce una valida prova contraria,
laddove, per i contribuenti in contabilità ordinaria, l’irregolarità della stessa costituisce
esclusivamente condizione per la legittima attivazione della procedura standardizzata
(Cass. s.u. 26635/2009, 6929/2013).
Va poi osservato, secondo un orientamento cui il Collegio intende dare continuità,
che la citata procedura di accertamento tributario standardizzato costituisce un
sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege
determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé
considerati – meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale
redditività – ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente,
pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha
l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di
condizioni che giustificano l’esclusione dall’area dei soggetti cui possono essere
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I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Nella vicenda, il contribuente non ha contrastato nel merito le ragioni di
scostamento dai parametri ovvero anche solo la sua inclusione in astratto nel gruppo
omogeneo di riferimento (per territorio ed attività economico-professionale). Al di là
della questione, di cui al primo motivo, concernente altresì i rilievi circa l’inidoneità delle
informazioni contabili, in astratto, a concorrere alla formazione del ricavo stimato,
tratto dal ricavo contabile ovvero rispettivamente l’individuazione dei margini di
tolleranza dei valori medi di inserimento nei cluster, passaggio argomentativo della
sentenza della C.T.R. e di non apparente sollevazione da parte del contribuente,
quest’ultimo ha opposto all’avviso di accertamento solo una complessiva critica di
illegittimità delle norme istitutive dei parametri stessi, in punto di illegittimità per
carenze del procedimento istitutivo ovvero limiti di completezza affinché se ne
potesse predicare il pieno valore di prova presuntiva (trascurando il loro superamento
sin da Cass. 23602/2008). Né è stata anche solo prospettata una questione di difetto
di contraddittorio, avendo anzi rilevato l’Ufficio che la parte nemmeno avrebbe
aderito al corrispondente invito.
Il ricorso va pertanto accolto e, non sussistendo necessità di approfondimento
istruttorio, la conseguente decisione anche nel merito del ricorso originario del
contribuente conduce alla sua reiezione. La solo progressiva formazione di un
orientamento selettivo della portata dei parametri, tenuto conto dell’epoca
d’instaurazione del contenzioso, giustifica la integrale compensazione delle spese
dell’intero procedimento.

P.Q.M.

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applicati gli standards o la specifica realtà dell’attività economica nel periodo di tempo
in esame, mentre la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo
dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in
concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le
contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del contraddittorio, tuttavia, non
condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice tributario liberamente
valutare tanto l’applicabilità degli standards al caso concreto, da dimostrarsi dall’ente
impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è
vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo e dispone
della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non abbia
risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal
caso, però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto
l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli standards,
dando conto dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente,
nonostante il rituale invito, ed il giudice può valutare, nel qu’ adro probatorio, la
mancata risposta all’invito (così ancora Cass. s.u. 26635/2009, seguita da 12558/2010,
13594/2010, 12428/2012, 11633/2013).

MENTE DA REGISTRAZIONE
Al SENSI DEL D.P.R. 26/4/1986
N, 131 TAB. ALL. B. – N.5
MATERIA TRIBUTARIA

La Corte accoglie il ricorso, cassa la pronuncia impugnata e, decidendo nel
merito, rigetta il ricorso del contribuente, dichiarando l’integrale compensazione
delle spese dell’intero procedimento.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16 gennaio 2014.

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