Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 762 del 16/01/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 762 Anno 2014
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: VIVALDI ROBERTA

SENTENZA

sul ricorso 8397-2008 proposto da:
BAUCONSULTING IMMOBILIARE DI GAFRILLER GUNTHER &

C.

S.A.S. 02300496020 in persona del socio accomandatario
e legale rappresentante GRAFILLER GUNTHER,
NIEDERKOFLER HELMUT, GAFRILLER GUNTHER in proprio,
domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
2013
2083

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi
dall’avvocato APRILE EUGENIO con studio in 39012
MERANO, CORSO LIBERTA’ 184/A giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

1

Data pubblicazione: 16/01/2014

PRILMULLER NIKOLAUS JUN;
– intimato –

sul ricorso 8684-2008 proposto da:
PRIMULLER NIKOLAUS, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA VALLISNERI 11, presso lo studio dell’avvocato

unitamente all’avvocato VESCOLI MICHAEL giusta delega
in atti;
– ricorrente contro

GAFRILLER GUNTHER, NIEDERKOFLER HELMUT, BAUNCONSULTING
IMMOBILIARE GRAFRILLER GUNTHER & CO SAS;
– intimati –

avverso la sentenza n. 5/2008 della CORTE D’APPELLO DI
TRENTO SEZIONE DISTACCATA DI BOLZANO, depositata il
05/01/2008, R.G.N. 35/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/11/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTA
VIVALDI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso per
l’accoglimento del 1 0 e 2 ° motivo, assorbiti il 3 ° e
40 motivo del ricorso prinicipale, inammissibilità
assorbiti i motivi del ricorso incidentale;

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PACIFICI PAOLO, che lo rappresenta e difende

SVOLGIMENTO DEL PROCESSÒ

Nikolaus Prilmuller convenne, davanti al tribunale di Bolzano,
la Baunconsulting Immobiliare sas di Gafriller Gunter & Co.,
Gunter Gafriller ed Helmut Niederkofler chiedendone la condanna

effettuata, nella propria qualità di intermediatore immobiliare,
nella compravendita di un immobile tra i convenuti, la prima
come venditrice eigli altri due quali comparatori.
I convenuti, costituitisi, contestarono il fondamento della
domanda eccependo la mancanza di prova della qualifica di
mediatore immobiliare in Innsbruck.
Il tribunale, con sentenza del 2.11.2006, rigettò le domande per
non avere l’attore provato di essere iscritto all’albo dei
mediatori in Italia, condizione per legge indispensabile per
potere avere diritto alla provvigione per l’intermediazione.
A diversa conclusione pervenne la Corte d’Appello che, con
sentenza del 5.1.2008, accolse l’appello del Prilmuller
condannando gli appellati al pagamento della provvigione come
quantificata in sentenza.
Hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi
la Baunconsulting Immobiliare sas di Gafriller Gunter & Co.,
Gunter Gafriller ed Helmut Niederkofler.
Resiste con controricorso Nikolaus Prilmuller che ha anche
proposto ricorso incidentale affidato a tre motivi.

3

al pagamento della somma a lui dovuta per la intermediazione

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente i ricorsi – principale ed incidentale – sono
riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..
Gli stessi sono stati proposti per impugnare una sentenza
pubblicata una volta entrato in vigore il D. Lgs. 15 febbraio

materia di ricorso per cassazione; con l’applicazione, quindi,
delle disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo I.
Secondo l’art. 366-bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del
decreto – i motivi di ricorso devono essere formulati, a pena di
inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei
casi previsti dall’ art. 360, n. l), 2), 3) e 4, l’illustrazione
di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un
quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360,
primo comma, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve
contenere la chiara indicazione del fatto controverso in
relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare
la decisione.
Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 n. 5 c.p.c.,
l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di
inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in
relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare
4

2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in

la decisione; e la relativa censura deve contenere un momento di
sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva
puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze
in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità (S.U. 1.10.2007 n. 20603; Cass. 18.7.2007 n.

Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione
risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di
diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere
formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la
violazione di norme di diritto, in modo tale da collegare il
vizio denunciato alla fattispecie concreta ( v. S.U. 11.3.2008
n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità – a norma dell’art.
366 bis c.p.c. – del motivo di ricorso per cassazione il cui
quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere
generale ed astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo
della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie
in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a
definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi
desumere il quesito dal contenuto del motivo od integrare il
primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del
suddetto articolo).
La funzione propria del quesito di diritto – quindi – è quella
di far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del
solo quesito,

inteso come sintesi logico-giuridica della

questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal
5

16002).

giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del
ricorrente, la regola da applicare (da ultimo Cass.7.4.2009 n.
8463; v, anche S.U. ord. 27.3.2009 n. 7433).
Inoltre, l’art. 366

bis c.p.c., nel prescrivere le modalità di

formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta – ai
r

una diversa valutazione, da parte del giudice di legittimità, a
seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dai numeri 1,
2, 3 e 4 dell’art. 360, primo comma, c.p.c., ovvero del motivo
previsto dal numero 5 della stessa disposizione.
Nel primo caso ciascuna censura

– come già detto – deve,

all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di
diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va
funzionalizzata, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., all’enunciazione
del principio di diritto, ovvero a

dicta

giurisprudenziali su

questioni di diritto di particolare importanza.
Nell’ipotesi, invece, in cui venga in rilievo il motivo di cui
al n. 5 dell’art. 360 c. p.c.c. (il cui oggetto riguarda il solo
iter argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una
illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve
concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto
controverso ( cd. momento di sintesi) – in relazione al quale la
motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle
ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la
motivazione a giustificare la decisione (v. da ultimo Cass.
25.2.2009 n. 4556; v. anche Cass. 18.11.2011 n. 24255).
6

fini della declaratoria di inammissibilità del ricorso stesso –

Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano
violazione dell’art. 2 della legge 03.02.1989 n. 39 e falsa
interpretazione ed applicazione del ” decreto Bersani bis”, in
relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
Con il secondo motivo si denuncia

violazione e falsa

03.02.1989 n. 39, in relazione all’ art. 360 n. 3 c.p.c..
Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 11 e 15 delle disposizioni sulla legge in generale
del codice civile e della legge 03.02.1989 n. 39, in relazione
all’art. 360 n. 3 c.p.c..
Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione
degli artt. 1755 c.c. e 100 c.p.c. e omessa e contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia, in
relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c..
I motivi, per l’intima connessione delle censure con gli stessi
proposte, sono esaminati congiuntamente.
Essi sono fondati nei termini e per le ragioni che seguono.
Secondo la formulazione letterale della norma di cui alla L. 3
febbraio 1989, n. 39, art. 2, comma 4, l’iscrizione al ruolo
degli agenti di affari in mediazione è richiesta per l’
operatività del precetto di cui all’art. 6, comma l, della
stessa legge, secondo cui

“hanno diritto alla provvigione

soltanto coloro che sono iscritti nei ruoli” “coloro che
svolgono su mandato a titolo oneroso attività per la conclusione
di affari relativi ad immobili od aziende”.
7

applicazione degli artt. 2, 3, 6 e 8 della legge

A tal fine, la norma dell’art. 2 L. n. 39 del 1989 citata, da un
lato, prevede che

“presso ciascuna Camera di Commercio,

artigianato e agricoltura è istituito un ruolo degli agenti in
affari in mediazione nel quale devono iscriversi coloro che
svolgono o intendono svolgere l’attività di mediazione, anche se
comma l,

dall’altro prescrive che ” per ottenere l’iscrizione nel ruolo
gli interessati devono . . tra l’altro aver superato un esame
diretto ad accertare l’attitudine e la capacità professionale
dell’aspirante in relazione al ramo di mediazione prescelto,
oppure avere conseguita il diploma di scuola secondaria di
secondo grado ed aver effettuato un periodo di pratica di almeno
dodici mesi continuativi con l’obbligo di frequenza di uno
specifico corso di formazione professionale”, comma 3, lett. e).
Questa normativa è stata modificata dal D.Lgs. 26 marzo 2010, n.
59, pubblicato in G.U. 23.4.2010, il quale, con la norma
dell’art. 7, ha sì soppresso il ruolo di cui alla L. 3 febbraio
1989, n. 39, art. 2 e successive modificazioni, ma non ha
abrogato tale legge.
È stato, anzi, disposto che le attività disciplinate dalla L. 3
febbraio 1989, n. 39, sono soggette a dichiarazione di inizio di
attività, da presentare alla Camera di commercio, competente per
territorio, corredata delle autocertificazioni e delle
certificazioni attestanti il possesso dei requisiti prescritti.
La Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura
verifica il possesso dei requisiti e iscrive i relativi dati nel
8

esercitata in modo discontinuo o occasionale”

registro delle imprese, se l’attività è svolta in forma di
impresa, oppure nel repertorio delle notizie economiche e
amministrative (REA) previsto dalla L. 29 dicembre 1993, n. 580,
art. 8 e dal D.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581, art. 9, assegnando
ad essi la qualifica di intermediario per le diverse tipologie

39.
Il comma 6 della norma dell’art. 73 statuisce che

“Ad ogni

effetto di legge, i richiami al ruolo contenuti nella L. 3
febbraio 1989, n. 39, si intendono riferiti alle iscrizioni
previste dal presente articolo nel registro delle imprese o nel
repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA)”.
Ciò comporta che, in assenza di abrogazione della L. n. 39 del
1989, art. 6, ma in presenza della sola soppressione del ruolo,
la norma dell’art. 6 va letta nel senso che, anche per
rapporti di mediazione sottoposti alla normativa prevista dal
D.Lgs. n. 59 del 2010, hanno diritto alla provvigione solo i
mediatori che sono iscritti nei registri o nei repertori tenuti
dalla Camera di commercio secondo l’art. 73 cit..
Peraltro, nel caso in esame, la normativa di cui al D.Lgs.
26.3.2010, n. 59 non è neppure applicabile, posto che il decreto
legislativo non contiene alcuna norma che lo renda applicabile
anche ai rapporti già esauriti.
E ciò perché il principio della irretroattività della legge
(art. 11 preleggi) – applicabile anche alle norme di diritto
pubblico – preclude l’applicazione della nuova normativa, non
9

di attività, distintamente previste dalla L. 3 febbraio 1989, n.

soltanto ai rapporti giuridici già esauriti, (come è quello in
esame) ma anche a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita,
qualora gli effetti sostanziali scaturenti da detta normativa
siano eziologicamente collegati con un fattore causale non
previsto da quella precedente (Cass. 8.7.2010 n. 16147).

evidenza la fondatezza del rilievo, illustrato nel primo motivo
del ricorso principale.
La Corte di merito ha erroneamente ritenuto che sussistesse il
diritto alla provvigione da parte del Prilmuller sulla base
della abolizione del ruolo di cui all’art. 2 l. n. 39 del 1989
ad opera del “cosiddetto Decreto Bersani Bis” – divenuto “nelle
more del presente procedimento…. legge dello stato” – il quale
avrebbe fatto venire meno la limitazione della iscrizione
all’albo al fine di legittimare il diritto alla provvigione
(art. 6 della l. citata).
Ora, sotto questo profilo, deve sottolinearsi che il D.L.
31.1.2007 (decreto Bersani bis), convertito in L. 2.4.2007 n.
40, non contiene alcuna norma in materia.
Diversamente, l’abolizione del ruolo era contenuta nel disegno
di legge recante:” Misure per il cittadino consumatore e per
agevolare le attività produttive e commerciali, nonché
interventi in settori di rilevanza nazionale”, il cui testo,
approvato dalla Camera dei deputati il 13.6.2007 era stato
trasmesso al Senato il 15.6.2007, ma era successivamente
decaduto per lo scioglimento anticipato delle Camere.
10

Alla luce della ricostruzione normativa operata, è di tutta

La normativa richiamata, pertanto, non costituiva alcun criterio
di riferimento, per essere, invece, applicabile esclusivamente
quella di cui alla L. n. 39 del 1989.
Né le disposizioni della L. n. 39 del 1989 (artt. 2, 3, 6 e 8),
che riservano ai soli iscritti al ruolo degli agenti di

prevedono la inesigibilità della provvigione in caso di mancanza
di iscrizione, contrastano con il diritto comunitario.
Con riferimento all’eventuale contrasto della disciplina
rispetto al principio della libertà di stabilimento e della
libera prestazione di servizi, la Corte si è già pronunciata
espressamente nel senso di negarlo in riferimento alla direttiva
del Consiglio (CEE) n. 653/1986, essendo la stessa riferita ai
soli agenti di commercio.
Si è, infatti, ritenuto che “La previsione del rifiuto di ogni
tutela al mediatore non iscritto nel ruolo – secondo quanto
stabilito dalla Legge Statale 3 febbraio 1989, n. 39 – non
contrasta con la direttiva 86/653/CEE, relativa al coordinamento
dei diritti degli Stati membri concernenti gli agenti
commerciali indipendenti, giacché tale direttiva – che osta ad
una normativa nazionale che subordini la validità di un
contratto di agenzia all’iscrizione dell’agente di commercio in
apposito albo – non si rivolge al mediatore, il quale agisce in
posizione di terzietà rispetto ai contraenti posti in contatto,
a tale stregua differenziandosi dall’agente di commercio, che
attua invece una collaborazione abituale e professionale con
11

mediazione lo svolgimento di ogni attività di mediazione e

altro imprenditore”. (Cass. 5 giugno 2007, n. 13184; ribadito da
Cass. 30 ottobre 2007, n. 22859 e da Cass. 26 marzo 2009, n.
7332).
Né la Corte di Giustizia, con riferimento a casi concernenti
l’attività di mediazione, per gli affari immobiliari, si è mai

alla previsione di albi nazionali.
Infatti,

occupandosi

della

direttiva

67/43/CEE,

relativa

all’attuazione della libertà di stabilimento e della libera
prestazione dei servizi per le attività autonome attinenti: l)
al settore “Affari immobiliari (escluso il 6401)” (Gruppo ex 640
CITI), 2) al settore di taluni “Servizi forniti alle imprese non
classificati altrove” (Gruppo 839 CITI), la Corte di Giustizia
ha ritenuto che tale direttiva non osta ad una disciplina
nazionale che riservi l’esercizio di determinate attività nel
settore degli affari immobiliari a soggetti legalmente abilitati
all’esercizio dell’attività di agente immobiliare (Sentenza del
28 gennaio 1992, in cause riunite C-330/90 d C-331/90, Sentenza
del 25 giugno 1992, in C-147/91) ( v. anche Cass. 10.5.2011 n.
10205; conf. 8.7.2010 n. 16147).
Conclusivamente, il ricorso è accolto sotto questo assorbente
profilo; con la cassazione della sentenza ed il rinvio alla
Corte di merito che esaminerà la fattispecie alla luce delle
indicazioni fornite.
Gli ulteriori profili di censura restano assorbiti.

12

pronunciato nel senso di un disfavore dell’ordinamento rispetto

Ricorso incidentale

Con il primo motivo il ricorrente incidentale denuncia

omessa

motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360,
n. 5 c.p.c.).
Con il secondo motivo si denuncia omessa motivazione su un punto

Con il terzo motivo si denuncia

violazione e falsa applicazione

dell’art. 91 e omessa e contraddittoria motivazione su un punto
decisivo della controversia.
L’esame del ricorso incidentale – che concerne profili relativi
alla rilevanza di un’omessa prova per testi e della iscrizione
del Prilmuller all’albo dei mediatori di Innsbruck, nonché sul
regime delle spese – resta assorbito dalle conclusioni raggiunte
in ordine al principale; con l’eventuale riproposizione delle
censure al giudice del rinvio.
Conclusivamente, è accolto il ricorso principale nei termini
indicati; ed è dichiarato assorbito l’incidentale.
La sentenza è cassata in relazione, e la causa rinviata alla
Corte d’Appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano in
diversa composizione.
Le spese sono rimesse al giudice del rinvio.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi. Accoglie il principale nei sensi di
cui in motivazione. Dichiara assorbito l’incidentale. Cassa in
relazione e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di
Trento – sezione distaccata di Bolzano in diversa composizione.
13

decisivo della controversia (art. 360, n. 5 c.p.c.).

Così deciso il 12 novembre

2013 in Roma, nella camera di

consiglio della terza sezione civile della Corte di cassazione.

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