Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7618 del 24/03/2017

Cassazione civile, sez. trib., 24/03/2017, (ud. 01/02/2016, dep.24/03/2017),  n. 7618

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE MIRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

PASTORINO srl, rappresentata e difesa dall’avv. Andrea Russo presso

il quale è elettivamente domiciliato in Roma in viale Castro

Pretorio n. 122;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte n. 13/36/08, depositata il 22 maggio 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 1

febbraio 2016 dal Relatore Cons. Greco Antonio;

uditi l’avvocato dello Stato Bruno Rettori per la ricorrente e l’avv.

Tonio Di Iacono per la controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Del Core Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGMENDO DEL PROCESSO

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte che, rigettandone l’appello, ha confermato, per quanto ancora rileva, l’annullamento dell’avviso di accertamento ai fini dell’IVA, dell’IRPEG; e dell’IRAP per il 2002, con il quale veniva contestato alla srl Pastorino, concessionaria per il commercio di automobili della spa Autogerma, la mancata emissione di fattura, ed il mancato pagamento dell’IVA, nei confronti della detta società, per degli sconti, detti bonus, da questa riconosciuti in relazione all’acquisto di autoveicoli al fine di rivenderli ai clienti finali. Secondo l’ufficio la contribuente avrebbe dovuto emettere fatture in quanto i bonus venivano erogati quale corrispettivo per lo svolgimento di una prestazione di servizio.

Osservava il giudice d’appello, con riguardo al trattamento fiscale ai fini dell’IVA da applicare agli sconti in denaro detti “bonus qualità” riconosciuti alla società contribuente dalla Autogerma, che andava confermato l’annullamento dell’avviso, “in quanto basato su un verbale di constatazione redatto presso l’ufficio di un comando della Guardia di finanza del Veneto senza la previa ispezione della contabilità della contribuente”; quanto al merito, rilevava come i bonus qualità erano riconosciuti in proporzione al fatturato realizzato nel precedente quadrimestre, ed erano pertanto da ritenersi sconti monetari, perciò esenti dal tributo IVA.

La srl Pastorino resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo l’amministrazione ricorrente denuncia omessa motivazione in ordine al fatto controverso, alla luce del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3, se il verbale della Guardia di finanza del Veneto – relativo ad una verifica compiuta nei confronti dell’Autogerma – posto a base della contestazione dell’assoggettabilità ad IVA dei bonus qualitativi – conteneva o meno risultanze dalle quali potesse evincersi in modo certo e diretto, e non in via meramente presuntiva, l’esistenza di operazioni imponibili ai fini IVA.

Con il secondo motivo denuncia insufficiente motivazione in ordine al fatto controverso, alla luce del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3, se un esame della contabilità della contribuente era stato effettuato dall’ufficio nel corso di un accesso in data precedente a quella della notifica dell’avviso di accertamento.

I due motivi, da trattare congiuntamente in quanto legati, devono essere disattesi, in quanto diretti a contestare un accertamento di fatto dei giudici di merito – in ordine alla non ricorrenza delle condizioni di applicazione della disciplina del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3, concernente la rettifica compiuta “indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente” – che appare privo di vizi logici (“va evidenziata e confermata la nullità dell’avviso di accertamento impugnato dalla Pastorino spa in quanto basato su di un pvc redatto presso l’ufficio di un Comando della G. di f. del Veneto senza la previa ispezione della contabilità della società ricorrente”) e non adeguatamente censurato.

Con il terzo motivo l’amministrazione, denunciando “insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”, assume che in base all’assetto contrattuale erano previsti bonus di tipo qualitativo slegati dal quantitativo di vendite realizzate e correlati a specifiche prestazioni a carico del concessionario, diverse ed ulteriori rispetto a quelle sue tipiche: da tale autonomo legame sinallagmatico con precise prestazioni di fare, poste a carico del concessionario, dipendeva l’assoggettabilità ad IVA di tali erogazioni. La CTR non avrebbe indicato da quali elementi e fonti di prova derivasse il convincimento che dette attività non fossero qualificabili come vere e proprie prestazioni e non costituissero oggetto di obbligo in capo al concessionario, ma rivestissero la natura di semplici sconti.

Il motivo è inammissibile. L’interpretazione della volontà delle parti in relazione al contenuto di un contratto o di una qualsiasi clausola contrattuale, nella quale si risolve il motivo formulato sotto le spoglie del vizio di motivazione, importa come chiarito da Cass. n. 15644 del 2015 in una controversia per alcuni aspetti analoga – indagini e valutazioni di fatto affidate al potere discrezionale del giudice di merito, non sindacabili in sede di legittimità ove non risultino violati i canoni normativi di ermeneutica contrattuale e non sussista un vizio nell’attività svolta dal giudice di merito, tale da influire sulla logicità, congruità e completezza della motivazione; “ai fini della censura di violazione dei canoni ermeneutici, non è peraltro sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato; inoltre, quando il ricorrente censuri l’erronea interpretazione di clausole contrattuali da parte del giudice di merito, per il principio di autosufficienza del ricorso, ha l’onere di trascriverle integralmente perchè al giudice di legittimità è precluso l’esame degli atti per verificare la rilevanza e la fondatezza della censura”.

Nella specie, la censura non è stata formulata in tali termini, essendo stata anzi prospettata come denuncia di un vizio di motivazione.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 4.000, oltre a spese generali liquidate forfetariamente nella misura del 15% e ad oneri accessori.

Così deciso in Roma, il 1 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2017

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