Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7616 del 28/03/2018


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Cassazione civile, sez. trib., 28/03/2018, (ud. 14/11/2017, dep.28/03/2018),  n. 7616

Fatto

RILEVATO

che:

– la Commissione tributaria regionale della Campania (Ctr) ha rigettato l’appello del contribuente contro sentenza di quella provinciale che aveva dichiarato inammissibile il ricorso del contribuente contro il diniego opposto dall’Amministrazione su una istanza di autotutela;

– in particolare la contribuente aveva impugnato il diniego opposto dall’Agenzia delle entrate rispetto all’istanza di annullamento di due avvisi di accertamento ai fini Iva, divenuti definitivi per mancata impugnazione;

– con l’istanza di autotutela la contribuente aveva fatto valere l’esistenza di un giudicato (fra la contribuente e l’Agenzia delle Dogane), che conteneva un accertamento incompatibile con il contenuto degli atti impositivi divenuti definitivi;

– precisamente tali atti erano fondati sulla qualificazione di alcune cessioni poste in essere dalla contribuente come “interne”, laddove la sentenza emesse contro l’Agenzia delle Dogane aveva qualificato quelle stesse operazioni come cessioni all’esportazione esenti;

– il ricorso è proposto sulla base di due motivi, illustrati con memoria, cui l’Agenzia delle entrate ha reagito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– i motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente in quanto connessi, sono infondati;

– è orientamento pacifico di questa Suprema Corte che il ricorso avverso il diniego di autotutela opposto dal Fisco è certamente ammissibile, ma il sindacato può esercitarsi, nelle forme ammesse sugli atti discrezionali, soltanto sulla legittimità del rifiuto e non sulla fondatezza della pretesa tributaria;

– pertanto, il contribuente non può limitarsi a dedurre eventuali vizi dell’atto medesimo, la cui deduzione deve ritenersi definitivamente preclusa a seguito della sua intervenuta definitività, ma deve prospettare l’esistenza di un interesse di rilevanza generale dell’Amministrazione alla rimozione dell’atto: ciò in quanto non è dato al giudice tributario di invadere la sfera discrezionale collegata ed esercitata dalla Pubblica amministrazione nell’esercizio del potere di annullamento dell’atto amministrativo in autotutela, pena il superamento dei limiti esterni della giurisdizione medesima;

– tanto spiega perchè non possa ritenersi che tale potere di annullamento dell’atto in autotutela costituisca un mezzo di tutela del contribuente, sostitutivo dei rimedi giurisdizionali che non siano stati esperiti;

– il principio è espresso in questi termini “è impugnabile di fronte alle Commissioni tributarie il diniego di autotutela in quanto l’attribuzione al giudice tributario di tutte le controversie in materia di tributi comporta che anche quelle relative agli atti di esercizio dell’autotutela tributaria, incidendo sul rapporto obbligatorio tributario, sono devolute al giudice indipendentemente dall’atto impugnato e dalla natura discrezionale dell’esercizio dell’autotutela tributaria. Nel giudizio instaurato contro il rifiuto di esercizio di autotutela può esercitarsi un sindacato solo sulla legittimità di rifiuto e non sulla fondatezza della pretesa tributaria” (Cass. S.U. 9669/09; conf. Cass. n. 3442/15; n. 25524/14; n. 1457/10);

– la configurazione dell’autotutela nei termini che emergono dalla giurisprudenza della Corte di cassazione è stata ritenuta costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale (sent. 13 luglio 2017), che ha dichiarato “non fondate le questioni di legittimità costituzionale del D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2-quater, comma 1, (Disposizioni urgenti in materia fiscale), convertito, con modificazioni, dalla L. 30 novembre 1994, n. 656 e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19,comma 1, (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nella L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 30), sollevate dalla Commissione tributaria provinciale di Chieti, in riferimento agli artt. 3,23,24,53,97 e 113 Cost.”;

-il ricorrente ritiene che l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, richiamato dalla sentenza impugnata, non sia pertinente nella presente causa, perchè l’autotutela non fu richiesta per far valere un vizio originario dell’atto impositivo, non fatto valere mediante la sua tempestiva impugnazione, ma sulla base di un evento sopravvenuto, costituito dal passaggio in giudicato di una decisione, favorevole per la contribuente, che aveva dato della fattispecie una ricostruzione incompatibile con quella assunta nell’atto impositivo di cui fu chiesto l’annullamento;

l’impostazione è frutto di un equivoco, perchè è del tutto evidente che il vizio del provvedimento è pur sempre quello originario, riguardante la diversa qualificazione della fattispecie, vizio che ovviamente ben poteva farsi valere mediante la tempestiva impugnazione in sede giudiziale del provvedimento;

– analogamente non sono pertinenti i richiami al principio, ribaditi con la memoria, sulla possibile efficacia del giudicato tributario oltre i limiti del caso deciso, perchè altra cosa è sostenere che il giudicato formatosi con riferimento a un certo atto impositivo possa avere efficacia preclusiva nel giudizio in corso riguardante un atto diverso, qualora vi sia comunanza e immutabilità dei presupposti di fatto, altra cosa è sostenere che il giudicato vincoli l’amministrazione a revocare i propri atti definitivi fondati su presupposti di fatti accertati in modo diverso in sede giudiziale;

– insomma il ricorrente, mediante l’impugnazione del diniego di autotutela, ha inteso far valere una ragione sostanziale di ingiustizia dell’atto impositivo, che avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione al ritiro dell’atto impositivo divenuto da tempo definitivo;

– in questo modo però si chiede al giudice tributario un provvedimento che travalica i limiti della sua potestà in quanto solo l’amministrazione nella sua discrezionalità ha il potere di annullare o altrimenti revocare un atto impositivo non più opponibile (Cass. n. 23576/2015).

– tenuto conto della natura della questione, oggetto di un recente intervento del giudice delle leggi, si ritiene di disporre la compensazione delle spese del presente giudizio.

PQM

 

rigetta il ricorso; dichiara interamente compensate le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 14 novembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 marzo 2018

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