Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7615 del 31/03/2020

Cassazione civile sez. I, 31/03/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 31/03/2020), n.7615

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 35974/2018 proposto da:

I.T., elettivamente domiciliato presso la cancelleria della

Suprema Corte di Cassazione, rappres. e difeso dall’avv. Giuseppe De

Rosa, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.;

– resistente –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di ASCOLI PICENO, depositata

il 05/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/01/2020 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con ordinanza emessa il 5.10.18, il giudice di pace di Ascoli Piceno respinse il ricorso presentato da I.T. avverso il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Ascoli Piceno, in data 22.6.18, osservando che: non era fondato il motivo d’opposizione riguardante la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, in quanto dallo stesso decreto impugnato emergeva che il ricorrente aveva presentato istanza di riconoscimento della protezione internazionale, respinta dalla Commissione territoriale con provvedimento non impugnato; il ricorrente era stato oggetto di precedente provvedimento emesso dal Questore di respingimento dell’istanza di rilascio del permesso di soggiorno per motivi di famiglia, a nulla rilevando l’istanza di riesame proposta ai sensi della L. n. 241 del 1990, art. 21 quinquies.

L’ I. ricorre in cassazione con due motivi.

Il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

RITENUTO

che:

Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, comma 1, avendo il giudice di pace erroneamente interpretato tale normativa, omettendo ogni accertamento sull’esistenza delle ragioni umanitarie dedotte a sostegno del divieto d’espulsione nel ritenere che il rigetto della domanda di protezione internazionale comportasse l’infondatezza delle suddette ragioni umanitarie.

Con il secondo motivo si deduce la nullità dell’ordinanza impugnata avendo il giudice di pace omesso di pronunciarsi sulle eccezioni fondate sulla violazione dell’art. 30 TUI e della direttiva 2008/115/C, per carenza d’istruttoria e travisamento dei fatti.

I due motivi – esaminabili congiuntamente poichè tra loro connessi – sono inammissibili.

Invero, a tenore della giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di opposizione al provvedimento prefettizio di espulsione dello straniero, spetta al prefetto, quale autorità che ha emesso il provvedimento impugnato, la legittimazione esclusiva, personale e permanente a contraddire in giudizio anche in fase di legittimità (Cass., n. 28328/17; n. 16178/15; n. 825/10).

Nel caso concreto, il ricorrente ha proposto il ricorso nei confronti del Ministero dell’Interno, conseguendone l’inammissibilità.

Inoltre, secondo l’orientamento di questa Corte, in caso di diniego di riconoscimento, da parte della Commissione competente, dello status di rifugiato, non impugnato dal richiedente, l’opposizione all’espulsione del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 19, comma 1, deve fondarsi su ragioni umanitarie nuove o diverse da quelle che già oggetto del procedimento per il riconoscimento di protezione internazionale, dovendosi valutare la “novità” non solo in senso oggettivo ma anche – ove i fatti o i fattori di rischio siano state appresi “medio tempore” – in senso soggettivo, con la conseguenza che integrano il suddetto requisito non soltanto i fatti cronologicamente sopravvenuti alla decisione di rigetto non impugnata, ma anche quelli ignorati in sede di valutazione della Commissione territoriale perchè non allegati dal richiedente e non accertati officiosamente dall’autorità decidente. Ne consegue, inoltre, che – in sede di opposizione all’espulsione, del D.Lgs. n. 268 del 1998, ex art. 19, comma 1 – il relativo accertamento è doveroso da parte del giudice di pace perchè tenuto, al pari del giudice della protezione internazionale, all’obbligo di cooperazione istruttoria (Cass., n. 4230/13).

Nella fattispecie, il ricorrente non ha dedotto di aver allegato ragioni umanitarie diverse da quelle oggetto della domanda di protezione internazionale esaminata.

Il primo motivo prospetta anche un profilo nuovo rispetto al contenuto dell’ordinanza impugnata, afferendo alle ragioni a sostegno della protezione umanitaria, mentre il giudice di pace ha fatto riferimento al provvedimento del Questore che aveva respinto l’istanza di rilascio del permesso di soggiorno per motivi di famiglia.

Il secondo motivo è, peraltro, alquanto generico, non essendo chiaramente esplicitata l’oggetto della doglianza, con un mero richiamo alla normativa che s’assume violata.

Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione della parte intimata; inoltre, dato l’oggetto del giudizio, non s’applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2020

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