Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7615 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. III, 30/03/2010, (ud. 18/01/2010, dep. 30/03/2010), n.7615

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

SAN GIOVANNI SOCIETA’ COOPERATIVA A R.L. (OMISSIS), in persona

del presidente pro tempore del consiglio di amministrazione, Col.

A.A., da considerare domiciliata in ROMA, presso

CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv.

RINALDI SANDRO con studio in 66034 Lanciano (Chieti), via degli

Abruzzi, 6 giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.D., CI.DO., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato STANISCIA

NICOLA, rappresentati e difesi dall’avvocato FANCI FRANCO giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 737/2003 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

emessa il 03/07/2003, depositata il 16/09/2003; R.G.N. 147/95;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

18/01/2010 dal Consigliere Dott. TALEVI Alberto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo e’ esposto come segue.

“Con atto di citazione notificato il 19 gennaio 1993 Do. e C.D. – premesso che essi, soci della Cooperativa Edilizia San Giovanni, con delibera del 2 aprile 1991 erano stati esclusi dalla societa’ – convennero in giudizio, dinanzi al Tribunale di Lanciano, la predetta Cooperativa allo scopo di ottenere la restituzione delle somme di L. 27.000.000 e 21.000.000 da loro, rispettivamente, versate quali quote sociali.

Si costitui’ la Cooperativa San Giovanni, la quale resistette alla domanda asserendo di trovarsi nel l’impossibilita’ di quantificare le somme da restituire agli attori a causa di due giudizi ancora in corso con l’impresa appaltatrice dei lavori di costruzione degli alloggi da assegnare ai soci. In difetto di attivita’ di istruzione, con sentenza pronunciata il 13 ottobre 1994, e depositata il successivo 10 novembre, il Tribunale di Lanciano condanno’ la Cooperativa San Giovanni a pagare ai C. le somme da questi pretese, sul rilievo che:

gli attori avevano documentalmente provato l’entita’ dei versamenti effettuati in favore della Cooperativa;

a norma dello statuto della Cooperativa, ai soci receduti o esclusi spettava il rimborso delle quote sociali secondo il loro valore nominale o secondo la eventuale minor somma risultante dal bilancio della societa’;

poiche’ la Cooperativa non aveva ne’ dedotto ne’ dimostrato che, stando al bilancio del 1991, il valore delle quote versate dai soci fosse inferiore a quello nominale, era alla stregua di tale ultimo valore che le somme spettanti agli attori dovevano essere determinate.

Avverso tale pronuncia, notificata il 31 gennaio 1995, la Cooperativa San Giovanni ha proposto appello con atto di citazione notificato l’1 marzo 1995. Si sono costituiti Do. e C.D., i quali hanno invocato il rigetto dell’impugnazione principale, ed hanno a loro volta proposto appello incidentale”.

Con sentenza 3.7 – 16.9.03 la Corte d’Appello di L’Aquila decideva come segue.

“…definitivamente pronunciando sugli appelli proposti in via principale dalla Societa’ Cooperativa a r.l. San Giovanni ed in via incidentale da Ci.Do. e C.D. avverso la sentenza pronunciata il 13 ottobre 1994 dal Tribunale di Lanciano, in parziale riforma di tale sentenza, cosi’ provvede:

1 – rigetta l’appello principale;

2 – in accoglimento dell’appello incidentale, liquida rispettivamente in Euro 552,61 ed in Euro 778,30 i diritti di procuratore e gli onorari di avvocato che la Cooperativa San Giovanni e’ tenuta a rimborsare ai C. in relazione al primo grado del giudizio;

3 – condanna l’appellante a rimborsare agli appellati le spese del secondo grado del giudizio, che liquida in Euro 2.141,17, di cui Euro 130,15 per esborsi, Euro 728,20 per diritti, Euro 1.100,00 per onorari, Euro 182,82 per spese generali.”.

Contro questa decisione proponeva ricorso per Cassazione la Cooperativa con due motivi.

Le controparti non svolgevano attivita’ difensiva.

Questa Corte i 12.1 1.2008 disponeva il rinvio della causa a nuovo ruolo per il rinnovo della notifica del ricorso.

Ci.Do. e C.D. resistevano con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I due motivi di ricorso vanno esaminati insieme in quanto connessi.

La cooperativa ricorrente, con il primo motivo, denuncia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nullita’ della sentenza con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, o, in ogni caso, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalla parti o rilevatile d’ufficio, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” lamentando:

– che i resistenti, dopo avere premesso di essere stati soci della cooperativa, convenivano in giudizio la cooperativa stessa al fine di ottenere la restituzione delle sole quote sociali;

– che in primo grado il Tribunale di Lanciano accoglieva la domanda, erroneamente ritenendo imputabili alla sottoscrizione di quote sociali altre somme versate dagli attori per una causale evidentemente diversa;

– che la corte di appello confermava la sentenza di primo grado, ma sostituiva “d’ufficio” l’azione espressamente e formalmente proposta con una diversa, fondata su peti torni e su causa petendi che nulla avevano a che fare con la domanda originariamente proposta, con la conseguente introduzione nel processo di un nuovo e diverso titolo, accanto a quello posto dalla parte a fondamento della pretesa fatta valere.

La cooperativa ricorrente, con il secondo motivo, denuncia “Violazione e falsa applicazione dell’art. 184 c.p.c., con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalla parti o rilevabile d’ufficio, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” esponendo che, anche qualora la Corte di Appello non fosse incorsa nel vizio di ultra o extra petizione, la richiesta restitutoria avanzata in sede di precisazione delle conclusioni nel corso del giudizio di primo grado dovrebbe essere considerata una domanda nuova rispetto a quella originariamente avanzata.

I due motivi non possono essere accolti.

Va anzitutto ribadito il seguente principio di diritto: “In sede di legittimita’ occorre tenere distinta l’ipotesi in cui si lamenti l’omesso esame di una domanda, o la pronuncia su una domanda non proposta, dal caso in cui si censuri l’interpretazione data dal giudice di merito alla domanda stessa: solo nel primo caso si verte propriamente in tema di violazione dell’art. 112 c.p.c., per mancanza della necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato, prospettandosi che il giudice di merito sia incorso in un “error in procedendo”, in relazione al quale la Corte di Cassazione ha il potere – dovere di procedere all’esame diretto degli atti giudiziaria onde acquisire gli elementi di giudizio necessari ai fini delle pronuncia richiestale; nel caso in cui venga invece in considerazione l’interpretazione del contenuto o dell’ampiezza della domanda, tali attivita’ integrano un accertamento in fatto, tipicamente, rimesso al giudice di merito, insindacabile in cassazione salvo che sotto il profilo della correttezza della motivazione della decisione impugnata sul punto” (Cass. Sentenza n. 20373 del 24/07/2008).

Cio’ premesso, va rilevato che secondo la Corte d’Appello di L’Aquila “…Nella specie, gli esborsi di cui Do. e C.D. hanno domandalo la restituzione avevano riguardato, nonostante l’impropria qualificazione di “quote sociali” utilizzata dagli attori nei loro scritti difensivi, non gia’ le spese comuni di organizzazione e di amministrazione della Cooperativa, bensi’, esclusivamente, gli oneri, di carattere straordinario, relativi all’acquisto del terreno ed alla realizzazione degli alloggi che ai medesimi attori avrebbero dovuto essere assegnati. Lo si desume, con certezza, oltre che dalle stesse difese della convenuta (la quale…OMISSIS… in appello ha sostenuto che le somme di cui si discute erano state corrisposte dai C. “per una causale diversa e non espressamente imputate alla sottoscrizione di quote sociali”), dal prospetto delle “modalita’ di versamento delle rate dovute” (v. fogli 55 e 56 del fascicolo degli appellati)” (v. a pag.

5; oltre al contesto della sentenza).

Si e’ palesemente di fronte ad una motivazione (ed in particolare ad una interpretazione) che si sottrae al sindacato di legittimita’ in quanto sufficiente (avendo preso esplicitamente od implicitamente in esame tutti i punti essenziali in questione), logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa sopra indicata.

Il ricorso va dunque respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come stabilito nel seguente dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di cassazione liquidate in Euro 1.200,00 (milleduecento/00 Euro) per onorario oltre Euro 200,00 (duecento/00 Euro) per spese vive ed oltre spese generali ed accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 18 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

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