Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7615 del 04/04/2011

Cassazione civile sez. I, 04/04/2011, (ud. 09/02/2011, dep. 04/04/2011), n.7615

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso iscritto ai n. 922 del R.G. anno 2010 proposto da:

M.F. elettivamente domiciliato in ROMA, piazza Americo

Capponi 9 presso l’avvocato Alessandro Lacomba e rappresentato e

difeso dall’avvocato BOSCO GAETANO di Milano giusta procura in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

Prefetto UTG di Milano – Questore di Milano e Min. Interno;

– intimati –

Avverso il decreto in data 23,10.2009 del Giudice di Pace di Milano

n. 78840/08;

Udita la relazione del cons. dr. L. Macioce alla ud. 9.3.2011;

Sentite le conclusioni del P.G. nella persona del Sost. Proc. Gen.

Dott. Umberto Apice che ha concluso per l’accoglimento del quarto

motivo, respinti od assorbiti gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il cittadino della (OMISSIS) M.F., espulso dallo Stato con decreto 16.8,2007 del Prefetto di Bergamo, venne attinto da successivo decreto di espulsione 27.9.2009 del Prefetto di Milano adottato D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 13, comma 13, per permanenza illegale nonostante il primo decreto di espulsione. Lo straniero propose opposizione innanzi ai Giudice di Pace di Milano che, con decreto 23.10.2009, la respinse affermando: che il decreto era chiaramente e rettamente motivato con il richiamo all’art. 13 comma 13 del T.U., che la pretesa cittadinanza tedesca del ricorrente era mera affermazione, che il decreto era stato tradotto nella lingua conosciuta dal ricorrente, del resto padrone della lingua italiana, che non ostava alla espulsione il suo coniugio con cittadina italiana non essendo stata provata la convivenza con la stessa, che difettava la prova della indifferibilità dei chiesti trattamenti sanitari ex art. 35, comma 5, del T.U., che comunque era possibile il rientro per terapie ai sensi dell’art. 36. Per la cassazione di tale decreto il M. ha proposto ricorso il 22.12.2009 affidato a quattro motivi nei confronti del quale gli intimati non hanno svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ritiene il Collegio che, infondati i primi tre motivi e meritevole di condivisione il quarto, il ricorso debba in tali limiti essere accolto. Primo motivo: si duole il ricorrente della mancata valutazione di ammissibilità da parte del giudice del merito della prova della convivenza con il coniuge cittadino italiano con il quale il 26.10.2007 aveva contratto matrimonio, prova offerta nel ricorso ad opponendum. La censura non ha fondamento, posto che con la sintetica ma chiara motivazione sulla mancanza di prova il Giudice di Pace ha inteso, indubitabilmente, escludere che fosse stata provata (e fosse stata validamente offerta prova sulla effettività di) una convivenza correlata al coniugio sopravvenuto il 26.10.2007. Del resto la generica prova che il ricorso trascrive attinge una convivenza, seguente ai detto matrimonio, concluso appena dopo la prima espulsione del 16.08.2007, durata pari a tre settimane (essendo stato il F., come si afferma in ricorso, arrestato il 17.11.2007). E la generica prova trascritta nulla dice in ordine alla “conservazione” della affectio maritalis dopo il 17.11.2007, restando pertanto immune da censure la sintetica valutazione di assenza di prova da parte del GdP. Secondo motivo: ci si duole del mancato esame dei testi di legge dai quali sarebbe derivato il suo diritto alla cittadinanza tedesca. La censura appare priva di alcuna consistenza, essa postulando che il giudice italiano possa delibare non la sentenza dichiarativa della cittadinanza ma la concedibilttà della cittadinanza tedesca da parte di un giudice della Repubblica Federale alla stregua di quel diritto.

Terzo motivo; con esso si predica una incomprensibile nullità del procedimento penale senza rendere comprensibile quale rilevanza la relativa impugnazione straordinaria della sentenza di condanna possa assumere in sede di opposizione alla espulsione amministrativa ex art. 13, comma 13 del T.U..

Quarto motivo: il ricorrente ampiamente si diffonde nell’illustrare la grave sindrome di HIV dalla quale egli sarebbe da tempo affetto, fa sua attestazione alla luce della cartella clinica del carcere di (OMISSIS) ove era ristretto (sino alla espulsione 27.9.2009, adottata ex art. 13 c. 13 non appena il F. venne rimesso in libertà), la terapia antiretrovirale che gli venne somministrata in ambiente carcerario e quella, di risolutiva efficacia, che gli venne prescritta presso l’Ospedale (OMISSIS) (nei quale venne esaminato su sua richiesta durante il suo trattenimento pre espulsivo presso il CIE), la assoluta inadeguatezza della terapia somministrata dal servizio sanitario tunisino all’atto del rimpatrio in executivis.

Ebbene, di fronte a tali autosufficienti deduzioni, la cui documentazione si afferma essere versata in atti innanzi al Giudice di Pace, la decisione appare decisamente carente sia nel non aver esaminato i termini assunti a confronto sia nell’aver accollato a paziente affetto da grave sindrome HIV l’onere di dimostrare che le terapie nel paese di rimpatrio non sarebbero equipollenti a quelle praticate in Italia e garantite anche all’espellendo ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 35, comma 1. Il Giudice del merito ha quindi commesso il denunziato errore di diritto. La situazione di inespellibilità temporanea delineata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 35, è invero correlata, come ha rammentato questa Corte in vari pronunziati (Cass. 20561 dei 2006, n, 1531 del 2008 e n. 26133 del 2009), ad una condizione di necessità di un Intervento sanitario non limitata all’area del pronto soccorso od a quella della medicina d’urgenza bensì estesa, perchè la garanzia normativa sia conforme al dettato costituzionale, alle esigenze di apprestare gli interventi essenziali quoad vitam diretti alla eliminazione della grave patologia che affligge lo straniero. Si intende significare che sono coperti dalla garanzia della temporanea inespellibilità quegli interventi e solo quelli che, successivi alla somministrazione immediata di farmaci essenziali per la vita, siano indispensabili ai completamento del primi od ai conseguimento della loro efficacia, nel mentre restano esclusi quei trattamenti di mantenimento o di controllo che, se pur indispensabili ad assicurare una spes vitae per il paziente, fuoriescono dalla correlazione strumentale con l’efficacia immediata, dell’intervento sanitario indifferibile ed urgente, Non si tratta di escludere dall’area degli obblighi costituzionali della Repubblica – nel campo della salute – prestazioni o controlli altrettanto necessari ma destinati alla indeterminata reiterazione perchè assicurino effetti quoad vitam: si tratta di distinguere tra interventi indifferibili (anche se di consistenza temporale non irrilevante) che rendono inespellibile lo straniero irregolare che di essi necessiti ed interventi sanitari che qualunque straniero può fruire in Italia ove chieda ed ottenga, previa valutazione dell’Autorità Amministrativa, il previsto permesso di soggiorno per cure mediche (del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 36). E fa duplicità di tutela (pronta e non condizionata per le situazioni di indifferibilità o discrezionale e procedimentalizzata per ogni altra situazione) appare una ragionevole scelta di fornire risposte differenziate a situazioni soggettive obiettivamente assai diverse (nel primo caso dovendosi il sistema sanitario attivare per la presenza stessa dello straniero bisognevole di assistenza e nel secondo caso potendo il sistema sanitario ospitare, alla bisogna, stranieri che di tal assistenza facciano richiesta). Dalla osservanza di tali principi il Giudice del merito si è sottratto, essendo suo compito, di fronte alla chiarezza e completezza di prova della deduzione dello straniero, accertare: se sussistesse una terapia antiretrovirale in atto, se la cura antiretrovirale somministrata prima della espulsione fosse non sospendibile salvo esporre a rischio quoad vitam l’espellendo, se tali rischi corresse l’espellendo ove alla interruzione di quelle terapie si correlasse la impossibilità di una loro prosecuzione nel paese di rimpatrio, se detta impossibilità fosse comprovata o quantomeno presumibile. Cassato il decreto si rinvia allo stesso Ufficio perchè il giudice di rinvio riesamini la indicata ragione di opposizione alla espulsione facendo applicazione del principio di diritto sopra trascritto e formulando le valutazioni sui fatti sopra indicati (conclusivamente regolando anche le spese).

P.Q.M.

Accoglie il quarto motivo del ricorso, rigettati gli altri; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, al Giudice di pace di Milano in persona di altro magistrato.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2011

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