Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7614 del 31/03/2020

Cassazione civile sez. I, 31/03/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 31/03/2020), n.7614

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 35245/2018 proposto da:

R.M.M., elettivamente domiciliato in Roma, al viale G.

Mazzini, 6, presso lo studio dell’avvocato Agnitelli Manuela, che lo

rappresenta e difende, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Prefettura della Provincia di Sassari, in persona del legale rappres.

p.t.;

– resistente –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di SASSARI, depositata il

11/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/01/2020 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con ordinanza emessa l’11.10.18, il giudice di pace di Sassari rigettò l’opposizione proposta da R.M.M. avverso il decreto d’espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Sassari, e tradotto in lingua inglese, osservando che: il ricorrente non aveva mai presentato la domanda di protezione internazionale, non essendo emerse le ragioni umanitarie dedotte; non era stato violato l’obbligo di tradurre il decreto d’espulsione in una lingua conosciuta dal destinatario, in quanto dagli atti di causa si desumeva che nel foglio-notizie lo straniero aveva dichiarato di parlare e comprendere la lingua italiana, indicando l’inglese come lingua preferita per le notifiche; la doglianza afferente alla violazione della direttiva Europea sul rimpatrio volontario era infondata in quanto il ricorrente già si era reso inottemperante ad un precedente provvedimento d’espulsione, sussistendo nella fattispecie il rischio di fuga di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 4 bis, lett. d) – che impone l’accompagnamento alla frontiera con la forza pubblica – con esclusione della possibilità di concedere un termine per la partenza volontaria; il decreto impugnato era stato notificato in originale il 18.4.18 come attestato nella relata di notifica del provvedimento, recando in calce la firma del vice-Prefetto.

Ricorre in cassazione il R. con unico motivo.

Il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

RITENUTO

che:

L’unico motivo del ricorso denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7 e degli artt. 3 e 24 Cost., per mancata traduzione del decreto impugnato nella lingua propria del ricorrente, nonostante la presenza in udienza di un interprete di lingua Bangla, ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

In particolare, il ricorrente si duole che il giudice di pace abbia ritenuto l’impossibilità di tradurre il decreto d’espulsione nella lingua propria in quanto dallo stesso decreto si evince che il traduttore presente in udienza era di lingua bangla, circostanza che avrebbe escluso la possibilità di utilizzare la lingua veicolare, censurando altresì quanto dedotto nella memoria difensiva della Questura secondo cui la traduzione in bangla non era “neppure in astratto ipotizzabile data l’indisponibilità di programmi di videoscrittura con caratteri della lingua bangla”.

Il motivo è infondato.

Invero, secondo l’orientamento di questa Corte, l’omessa traduzione del decreto di espulsione nella lingua conosciuta dall’interessato o in quella cd. veicolare, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, comporta la nullità del provvedimento espulsivo, salvo che lo straniero conosca la lingua italiana e che di tale circostanza venga fornita prova, anche presuntiva. Ne consegue che l’attestazione, contenuta nella relata di notificazione del decreto, della dichiarazione dello straniero di conoscere la lingua italiana costituisce prova della relativa circostanza, atteso il carattere fidefacente della relata quanto all’effettività della dichiarazione (Cass., n. 18123/17).

Inoltre, è stato affermato che l’omessa traduzione del decreto di espulsione nella lingua conosciuta dall’interessato, o in quella c.d. veicolare, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, comporta la nullità del provvedimento espulsivo, salvo che lo straniero conosca la lingua italiana o altra lingua nella quale il decreto è stato tradotto, circostanza accertabile anche in via presuntiva e costituente accertamento di fatto censurabile nei ristretti limiti dell’attuale disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., n. 2953/19).

Nel caso concreto, emerge che il ricorrente ha dichiarato nel foglio-notizia di parlare e comprendere la lingua italiana, ed ha indicato l’inglese come lingua “preferita per le notifiche”. Pertanto, è irrilevante la circostanza della presenza del traduttore bengalese in udienza, anche considerando quanto dedotto dallo stesso ricorrente (e non riportato nel decreto impugnato) circa l’impossibilità di procedere alla trascrizione della traduzione nella lingua bangla per

l’indisponibilità di un sistema di video scrittura compatibile.

Giova altresì rilevare che la censura relativa a tale ultimo profilo è diretta ad un inammissibile riesame del merito.

Nulla per le spese, considerando che il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione; inoltre, dato l’oggetto del giudizio, non s’applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2020

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