Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7613 del 31/03/2020

Cassazione civile sez. I, 31/03/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 31/03/2020), n.7613

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 34324/2018 proposto da:

G.A., elettivamente domiciliato presso l’avv. Cosimo

Castrignanò, il quale lo rappres. e difende, con procura speciale

in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno; Prefettura di Ragusa, in persona dei

rispettivi legali rappres. p.t.;

– resistenti –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di RAGUSA, depositata il

07/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/01/2020 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con ordinanza emessa il 7.9.2019, il giudice di pace di Ragusa rigettò il ricorso proposto da G.A., avverso il decreto d’espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Ragusa il 27.6.18, osservando che: l’Amministrazione resistente aveva depositato delega conferita dallo stesso Prefetto al funzionario che sottoscrisse il decreto opposto, emesso successivamente a tale delega; al ricorrente fu consegnata copia originale del verbale di notifica e del decreto d’espulsione; la Prefettura aveva depositato copia del foglio-notizie nel quale era espressamente sbarrata la casella che confermava che il ricorrente non aveva intenzione di chiedere la concessione del termine per la partenza volontaria (trovando ciò peraltro conferma nel verbale di convalida del provvedimento di trattenimento presso il C.P.R. di (OMISSIS), laddove il ricorrente stesso aveva dichiarato di voler rientrare in Albania); il provvedimento opposto fu adottato per la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 134, comma 2, lett. b), in quanto il ricorrente si trovava illegalmente in Italia, avendovi fatto ingresso con passaporto scaduto.

Il G. ricorre in cassazione con tre motivi.

Il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.

Diritto

RITENUTO

che:

Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, in quanto il decreto d’espulsione fu firmato dal vice-Prefetto, non vicario, e dunque da un funzionario il quale non poteva esercitare tale potere in via sostitutiva generale del Prefetto, peraltro con una delega i cui dati non erano indicati nel provvedimento.

Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 445 del 2000, artt. 15 bis e 18, in relazione all’art. 137 c.p.c., avendo il giudice di pace omesso l’esame dell’eccezione relativa alla non conformità all’originale del decreto impugnato notificato, circostanza peraltro desumibile dall’analisi dello stesso atto.

Con il terzo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 14, avendo il giudice di pace disposto il divieto di reingresso del ricorrente in Italia prima del decorso del periodo di cinque anni dalla data del suo effettivo allontanamento, applicando immotivatamente la durata massima della sanzione e non quella minima di tre anni, senza indicare le circostanze del singolo caso, come contemplato dal citato comma 14, e non tenendo conto che il ricorrente era persona di buona condotta ed incensurato.

Il primo motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, non è invalido il decreto di espulsione dello straniero dal territorio dello Stato emesso dal Viceprefetto aggiunto, a ciò delegato dal Viceprefetto Vicario o dal Prefetto, senza che nell’atto sia menzionata la delega, essendo sufficiente che tale delega sussista e sia stata conferita prima dell’adozione del provvedimento (Cass., n. 7873/18).

Nel caso concreto, il ricorrente si duole della mancanza di poteri del vice-Prefetto e del fatto che nel decreto impugnato non siano indicati i dati della delega in questione, mentre non è contestato che essa fosse stata conferita anteriormente al decreto d’espulsione.

Il secondo motivo è inammissibile poichè diretto al riesame dei fatti in ordine alla questione dell’originale del decreto notificato.

Il terzo motivo è inammissibile in quanto censura la misura massima del periodo del divieto di reingresso in Italia, lamentando che il giudice di pace non avrebbe tenuto conto delle “circostanze pertinenti il singolo caso”, chiedendo dunque un riesame dei fatti in ordine all’esercizio del potere discrezionale del Prefetto nel fissare il termine di tale divieto. In particolare, il ricorrente lamenta un cattivo esercizio del suddetto potere discrezionale, non essendo state considerate alcune circostanze, quali la sua buona condotta e l’incensuratezza, mentre il giudice di pace ha motivato la misura quinquennale del divieto di reingresso in Italia con la condotta precedente del ricorrente il quale non aveva dato esecuzione ad un provvedimento d’espulsione emesso dal Prefetto di Ragusa.

La doglianza è pertanto inammissibile, essendo diretta a sindacare il merito della discrezionalità del Prefetto, e non anche la violazione dei criteri normativi che informano l’esercizio di tale potere.

Nulla per le spese, considerando che il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione; inoltre, dato l’oggetto del giudizio, non s’applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2020

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