Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7611 del 31/03/2020

Cassazione civile sez. I, 31/03/2020, (ud. 16/01/2020, dep. 31/03/2020), n.7611

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 33111/2018 proposto da:

Z.V., elettivamente domiciliato in Roma Piazza Mazzini 8,

presso lo studio dell’avvocato Fachile Salvatore, rappresentato e

difeso dall’avvocato Valeri Daniele, con procura speciale in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno; Prefettura di Ancona; Questura di Ancona, in

persona dei rispettivi legali rappres. p.t.;

– intimati –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di ANCONA, depositata il

12/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/01/2020 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con ordinanza del 12.10.18, il giudice di pace di Ancona rigettò l’opposizione proposta da Z.V. avverso il decreto d’espulsione emesso, nei suoi confronti, dal Prefetto di Ancona il 14.2.18, osservando che il ricorrente non aveva reso la dichiarazione di presenza negli otto giorni successivi all’ingresso in Italia, di cui alla L. n. 68 del 2007, art. 1, comma 2, senza alcuna giustificazione, non essendo sufficiente invocare l’ignoranza della normativa in materia.

Lo Z. ricorre in cassazione con tre motivi.

Non si sono costituite le parti intimate.

Diritto

RITENUTO

che:

Con il primo motivo si deduce l’omesso esame di documenti e di prove testimoniali in ordine alla data d’ingresso in Italia, nonchè motivazione apparente o fondata su affermazioni tra loro inconciliabili.

Con il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 68 del 2007, art. 1, ex art. 360 c.p.c., n. 4, poichè il decreto impugnato sarebbe nullo perchè fondato su affermazioni inconciliabili circa la data d’ingresso in Italia, che invece era avvenuto solo quattro giorni prima del fermo e, dunque, nell’osservanza dell’art. 1 suddetto.

Con il terzo motivo si deduce la nullità del decreto di rigetto per error in procedendo, avendo il giudice di pace omesso del tutto la motivazione e la decisione su più domande, nonchè sul pericolo di fuga, contestando altresì che il ricorrente fosse entrato in Italia con passaporto scaduto, avendone invece egli uno con scadenza al 16.3.2020 (come risultava anche dallo stesso decreto d’espulsione) ed esponendo altresì di aver presentato domanda di rimpatrio volontario.

I primi due motivi – esaminabili congiuntamente poichè tra loro connessi- sono inammissibili. Il ricorrente lamenta l’omesso esame di documenti e dichiarazioni testimoniali rese nel procedimento d’opposizione all’espulsione innanzi al giudice di pace, in ordine alla prova della data del suo ingresso in Italia. Ora, il giudice di pace ha esaminato tale doglianza, ritenendo che il ricorrente avesse violato la norma di cui alla L. n. 68 del 2007, art. 1, comma 2, non rendendo la dichiarazione di presenza negli otto giorni successivi al suo ingresso in Italia e rilevando che tale inosservanza non fosse giustificata dall’invocata ignoranza della legge. Deve pertanto affermarsi, nel caso concreto, che il giudice di pace abbia esaminato il fatto dedotto dal ricorrente circa la questione della data d’ingresso nel territorio italiano.

Va altresì osservato che, qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione (Cass., n. 13625/19; n. 18506/06).

Nel caso concreto, va rilevato che nel ricorso non sono stati trascritti l’atto d’impugnazione innanzi al giudice di pace, ed i verbali delle udienze in cui furono assunte le richiamate dichiarazioni testimoniali, sicchè sotto tale profilo, il ricorso è privo di autosufficienza.

Nè ha pregio la doglianza afferente alla motivazione apparente, per incomprensibilità delle ragioni esposte dal giudice, considerando che il giudice di pace ha argomentato sul motivo in questione, seppure senza aver considerato le prove invocate dal ricorrente, mentre è inammissibile la censura relativa all’asserita contraddittorietà della stessa motivazione, data l’applicabilità nella fattispecie dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella versione ultima.

Il terzo motivo è inammissibile in quanto il ricorrente, da un lato, lamenta genericamente l’omessa pronuncia su alcune domande, senza indicarle, e dall’altro si duole dell’omessa motivazione o pronuncia sul pericolo di fuga, questione che non è oggetto del decreto impugnato, nè afferisce alla norma la cui violazione è posta a sostegno dello stesso provvedimento (circa la mancata dichiarazione di presenza entro gli otto giorni dall’ingresso in Italia).

Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione delle parti intimate; inoltre, dato l’oggetto del giudizio, non s’applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 marzo 2020

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