Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7610 del 18/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/03/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 18/03/2021), n.7610

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7333-2019 proposto da:

G.R.A., GR.AN.LU., in qualità di eredi del

sig. Ge.Re., elettivamente domiciliate in ROMA, VIA COSSERIA

2, presso lo studio dell’avvocato MANUELA LA FERRARA, rappresentate

e difese dall’avvocato VINCENZO D’ERRICO;

– ricorrenti –

contro

INTESA SAN PAOLO SPA, SGA SPA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 4314/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 26/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO

PORRECA.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

Ge.Re. si opponeva all’esecuzione immobiliare promossa nei suoi confronti da Intesa San Paolo, s.p.a., in proprio e quale mandataria della SGA, s.p.a., deducendo la carenza di legittimazione attiva del procedente, l’estinzione della fideiussione ex art. 1955 c.c., per perdita del diritto di surrogazione e regresso, l’inesistenza opponibile del credito azionato per sopravvenuto giudicato sulla carenza del diritto garantito;

il Tribunale rigettava l’opposizione e la Corte di appello dichiarava tardivo quest’ultimo poichè oltre il termine semestrale, non sospeso nel periodo feriale, applicabile trattandosi di giudizio introdotto con citazione notificata dopo il 4 luglio 2009, e dunque secondo il regime dell’art. 327 c.p.c., quale novellato dalla L. n. 69 del 2009;

avverso questa decisione ricorrono per cassazione G.A.R. e An.Lu.Ge.Gr. (quali eredi di Ge.Re., sulla base un motivo.

Diritto

RILEVATO

che:

con l’unico motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione della L. n. 69 del 2009, art. 58, degli artt. 327,615,616 c.p.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato omettendo di considerare che il giudizio di opposizione era iniziato, con ricorso al giudice dell’esecuzione, nell’aprile del 2009 e non, come affermato, nell’ottobre del 2010, con l’atto di riassunzione nel pieno merito;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

Rilevato che:

il ricorso è fondato;

preliminarmente dev’essere evidenziato che il ricorso è procedibile;

infatti, pur difettando l’asseverazione autografa in calce delle relate di notifica via p.e.c. e della sentenza (cfr. Cass. Sez. U., n. 22438 del 2018 e Cass., Sez. U., n. 8312 del 2019), sono presenti:

i) attestazioni di conformità in calce alle relate in parola e alla decisione gravata – con indicazione di sottoscrizione digitale insufficiente di per sè in assenza di processo telematico nella fase di legittimità – che sono esplicitamente richiamate in altro correlato atto, ossia;

ii) l’indice dei documenti depositati, contenente quindi l’elencazione di tali atti, sottoscritto in via autografa;

nella cornice della richiamata nomofilachia, inerente al momento di transizione da processo analogico a processo compiutamente telematico presso la Corte Suprema di cassazione, il nesso esplicito tra i due atti appena richiamati permette di ritenere sussistente l’asseverazione non essendo equivocabile la sussistenza della correlativa volontà e nemmeno elusa la compiuta struttura formale necessaria, sebbene ricostruibile in modo composito;

d’altra parte, il fatto che, secondo la giurisprudenza sopra evocata, è sempre possibile l’asseverazione, sino pure all’udienza o alla discussione cartolare, non consente d’ipotizzare altre condizioni formali quali la contestualità al deposito o l’unicità documentale con gli stessi atti di riferimento;

nel (residuo) merito cassatorio, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che:

a) il giudizio di opposizione all’esecuzione già iniziata ha natura inderogabilmente bifasica, la prima davanti al giudice del procedimento coattivo, la seconda con la riassunzione (Cass., 11/10/2018, n. 25170);

b) l’opposizione all’esecuzione, dunque, pur essendo distinta in due fasi, la prima sommaria e la seconda a cognizione piena, costituisce un unico procedimento, sicchè, ai fini dell’applicazione del termine d’impugnazione di sei mesi, previsto dall’art. 327 c.p.c., nell’attuale formulazione, utilizzabile per i giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della L. n. 69 del 2009, rileva il momento in cui è stata introdotta la fase sommaria, con il deposito del ricorso dinanzi al giudice dell’esecuzione (Cass., 12/04/2017, n. 9352; cfr. anche, in tema di opposizione agli atti esecutivi, Cass., 07/05/2015, n. 9246); ne consegue la fondatezza della censura, poichè la Corte di appello ha erroneamente considerato l’introduzione del giudizio in riassunzione come il momento iniziale dello stesso ai fini del regime transitorio di cui alla L. n. 69 del 2009, art. 58, in relazione all’art. 327 c.p.c.; non è possibile decidere nel merito la causa essendo necessari apprezzamenti dell’incarto processuale riservati al giudice del merito.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Napoli perchè provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2021

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