Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7608 del 18/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 18/03/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 18/03/2021), n.7608

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2928-2019 proposto da:

LA MASE SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TARANTO 136, presso lo studio

dell’avvocato ENRICO MASTRANGELO, rappresentata e difesa

dall’avvocato MASSIMO SCALA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO PREFETTURA UTG di VERONA, MINISTERO

DELL’INTERNO PREFETTURA UTG di ASTI (OMISSIS), AGENZIA DELLE ENTRATE

RISCOSSIONE (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 981/2018 del GIUDICE DI PACE di VERONA,

depositata il 19/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO

PORRECA.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

La Mase s.r.l. si opponeva a una cartella esattoriale notiziata per violazioni al codice stradale, deducendo l’inesistenza di tale notifica;

il Giudice di pace, dopo aver esteso il contraddittorio incardinato con il concessionario anche agli enti impositori, dichiarava inammissibile l’opposizione, qualificata formale, perchè avente ad oggetto la regolarità della notifica della cartella, e dunque tardiva;

avverso questa decisione ricorre per cassazione Le Mase s.r.l. articolando quattro censure sebbene non numerate.

Diritto

RILEVATO

che:

con la prima censura si prospetta la nullità della sentenza poichè pronunciata da giudicante che avrebbe dovuto astenersi pendendo nei suoi confronti esposto avanzato dalla società ricorrente;

con la seconda censura si prospetta la nullità della sentenza poichè nelle conclusioni in epigrafe recante quelle di una società di riscossione che non era stata evocata in giudizio;

con la terza censura si prospetta la nullità della sentenza perchè sarebbe stato erroneamente esteso il contraddittorio, indicato come necessario, agli enti impositori, laddove si sarebbe trattato, viceversa, di un’opposizione all’esecuzione in cui la suddetta necessità avrebbe dovuto escludersi;

con la quarta censura si prospetta la nullità della sentenza poichè avrebbe erroneamente qualificato come opposizione agli atti esecutivi una domanda che, contestando l’inesistenza della notificazione della cartella, avrebbe imposto la qualificazione in termini di opposizione all’esecuzione, non soggetta a termini decadenziali;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

Rilevato che:

il ricorso è improcedibile poichè difetta dell’asseverazione autografa della relata di notifica via p.e.c. alle parti intimate (Cass., Sez. U., 24/09/2018, n. 22438);

in ogni caso le censure sarebbero risultate – quali comunque sono -pure inammissibili, come da proposta, anche ex art. 360 bis c.p.c., n. 1;

quanto alla prima censura, in primo luogo la stessa sarebbe risultata manifestamente inammissibile poichè nulla il ricorso riporta dell’indicato esposto, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6;

nel merito cassatorio, comunque, questa Corte ha chiarito che l’inosservanza dell’obbligo di astensione di cui all’art. 51 c.p.c., n. 1, determina la nullità del provvedimento emesso solo ove il componente dell’organo decidente abbia un interesse proprio e diretto nella causa che lo ponga nella qualità di parte del procedimento; in ogni altra ipotesi, invece, la violazione di tale obbligo assume rilievo come mero motivo di ricusazione, rimanendo esclusa, in difetto della relativa istanza, qualsiasi incidenza sulla regolare costituzione dell’organo decidente e sulla validità della decisione, con la conseguenza che la mancata proposizione di detta istanza nei termini e con le modalità di legge preclude la possibilità di fare valere il vizio in sede d’impugnazione, quale motivo di nullità del provvedimento (Cass., 28/01/2019, n. 2270);

per ciò che concerne la seconda censura, la stessa non espone quale pregiudizio sarebbe derivato da quanto riportato, nè del resto la stessa pare astrattamente ipotizzabile: infatti, l’inesatta trascrizione (in qualsiasi forma) di conclusioni nell’epigrafe della sentenza ne determina la nullità solo quando tali conclusioni, ove effettivamente sussistenti, non siano state esaminate, di modo che sia mancata in concreto una decisione su domande o eccezioni ritualmente proposte, mentre, diversamente, il vizio si risolve in una semplice imperfezione formale, irrilevante ai fini della validità della sentenza (Cass., 04/02/2016, n. 2237), posto che le norme processuali non tutelano l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria ma i diritti di difesa delle parti coinvolte (cfr. Cass., 02/02/2018, n. 2626);

quanto alla terza censura, la stessa è in primo luogo inammissibile non essendo riportato il tenore dell’ordine d’integrazione del contraddittorio da parte del giudice, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, posto che le ragioni d’inammissibilità permangono anche per le deduzioni di vizi procedimentali (Cass., 05/08/2019, n. 20924);

in secondo luogo, non si deduce quale sia stato il pregiudizio subito dalla pretesa violazione, sicchè la censura risulta inammissibile per mancata allegazione dell’interesse leso;

quanto alla quarta censura la stessa è manifestamente infondata e dunque inammissibile ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, perchè il motivo di opposizione, è pacificamente stato quello del vizio di notifica della cartella effettuata via posta elettronica certificata, dunque non inesistente, e come tale motivo di opposizione formale (cfr. Cass., Sez. U., 05/06/2017, n. 13913), fermo che solo dalla sentenza gravata emerge che si era dedotta la mancata estensione del file allegato (i.e. cartella) nel formato non “pdf” ma “p7m”, dal che, peraltro, la sanatoria per raggiungimento dello scopo (Cass., 05/03/2019, n. 6417), come pure osservato, sempre nel perimetro dell’esame in rito, dal giudice di merito;

nulla sulle spese attesa la mancata difesa degli intimati.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2021

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