Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7605 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. un., 30/03/2010, (ud. 12/01/2010, dep. 30/03/2010), n.7605

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –

Dott. PAPA Enrico – Presidente di sezione –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

A.G.P. ((OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 47, presso lo studio dell’avvocato

CORTI PIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ALESSANDRA POMPILI, per delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DI GRAZIA E GIUSTIZIA, DIREZIONE DELLA CASA DI RECLUSIONE

(OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 3860/2008 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 31/07/2008;

udito l’avvocato Raffaella BACCARO per delega dell’avvocato Pio

Corti;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/01/2010 dal Consigliere Dott. AMOROSO Giovanni.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato in data 7 febbraio 1996 A.G. P., appartenente al Corpo di Polizia Penitenziaria, in servizio presso la Stazione Navale della Casa di Reclusione (OMISSIS), chiedeva al Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna l’accertamento ed il riconoscimento del diritto a percepire l’indennita’ speciale di cui al D.L. 1 settembre 1992, n. 369, art. 3, comma 1 convertito in L. 30 ottobre 1992, n. 422, e la condanna del Ministero di grazia e giustizia al pagamento delle somme conseguentemente dovute, maggiorate di rivalutazione ed interessi.

Chiedeva, altresi’, l’annullamento per violazione della L. 30 ottobre 1992, n. 422, art. 3 ed eccesso di potere, contraddittorieta’ ed assenza di motivazione, delle circolari del Ministero di Grazia e Giustizia del 24 marzo 1993 n. 06649111.1 e del 7 marzo 1994 n. 23087/6.B. Il ricorrente esponeva di essere adibito a mansioni che lo mettevano in contatto anche con detenuti soggetti all’applicazione del regime carcerario di cui all’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario, e quindi di avere titolo ad essere ricompreso tra il personale addetto ai servizi speciali di tutela e sicurezza cui era attribuita l’indennita’ ex art. 3 comma 1, cit, in quanto tale emolumento spettava, a suo dire, a tutto il personale in servizio nei carceri di massima sicurezza di (OMISSIS) perche’ comunque addetto alla tutela e sicurezza di detenuti pericolosi.

2. Con sentenza n. 1084 del 9 maggio 2007 il t.a.r. adito ha rigettato il ricorso; pronuncia questa che e’ stata confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 3060 del 12 febbraio – 31 luglio 2008 di rigetto dell’appello dell’originario ricorrente.

Ha rilevato il Consiglio di Stato che la L. 30 dicembre 1992, n. 422, art. 3, comma 1 stabilisce che al personale del Corpo di Polizia penitenziaria “addetto ai servizi speciali di tutela e sicurezza presso gli istituti penitenziari di (OMISSIS) destinati alla custodia di detenuti di cui al D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 19 convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356, e’ assegnata un’indennita’ speciale pari a quella di ordine pubblico fuori sede”. Il presupposto di tale beneficio: da un lato, il personale di riferimento deve essere addetto “ai servizi speciali di tutela e sicurezza…. destinati alla custodia di detenuti” di cui all’art. 19 cit.; dall’altro, tale servizio deve essere prestato presso gli istituti penitenziari di (OMISSIS). Non e’ quindi sufficiente, ai fini dell’attribuzione del beneficio, a mera correlazione con il servizio prestato nei detti istituti; cio’ che rileva, invece, nel disposto normativo, e’ la congiunta adibizione ai “servizi speciali…. destinati alla custodia” dei detenuti di cui all’art. 19 predetto: in altri termini, il legislatore ha inteso ragionevolmente privilegiare, in funzione della pericolosita’ dello speciale servizio, il personale al medesimo addetto, con cio’ differenziando, nell’ambito della intera popolazione carceraria ristretta nei detti istituti di pena, il servizio prestato in riferimento ai detenuti piu’ pericolosi (id est, di “maggior rilievo criminale” e sottoposti al tipico regime ex art. 41 bis) rispetto a quello prestato nei confronti dei detenuti ordinari.

Ha concluso il Consiglio di Stato che l’appellante non risultava, alla stregua della documentazione in atti, addetto ai richiamati “servizi speciali” (quanto meno prevalentemente, e non gia’ occasionalmente ovvero in via meramente correlata) e, in quanto tale, non poteva ritenersi destinatario del precitato beneficio economico.

3. Avverso questa pronuncia l’Addis ha proposto ricorso per Cassazione articolato in due motivi.

Le parti intimate – Ministero della giustizia e Direzione della Casa di reclusione (OMISSIS) – non hanno svolto difesa alcuna.

La trattazione del ricorso veniva fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il ricorso, articolato in due motivi, il ricorrente, denunciando la violazione del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356, censura l’interpretazione adottata dal Consiglio di Stato sostenendo che il venir meno, nella legge di conversione, del riferimento alle sezioni speciali, gia’ contenuto nel decreto legge citato, aveva comportato l’ampi lamento del beneficio a tutto il personale addetto ai servizi speciali di tutela e sicurezza complessivamente intesi.

2. Il ricorso i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente e’ inammissibile.

Va rilevato che piu’ volte questa Corte (ex plurimis Cass., sez. un., 19 maggio 2008, n. 12643) ha affermato che il sindacato delle Sezioni Unite della Corte di cassazione nei confronti delle sentenze emesse dal Consiglio di Stato e’ limitato, ai sensi dell’art. 111 Cost., al controllo dei limiti esterni della giurisdizione del giudice amministrativo e non al modo concreto de suo esercizio, rimanendo percio’ esclusa ogni possibilita’ di sindacato sugli errores in iudicando. Il ricorrente invece contesta essenzialmente l’interpretazione che il Consiglio di Stato ha accolto del citato D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356; censura questa che costituisce un tipico error in iudicando e nient’affatto un motivo attinente alla giurisdizione.

3. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.

In mancanza di difesa delle parti intimate non occorre provvedere sulle spese processuali di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, a Sezioni Unite, dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese di questo giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, il 12 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

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