Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7600 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. III, 30/03/2010, (ud. 11/02/2010, dep. 30/03/2010), n.7600

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 44,

presso lo studio dell’avvocato POMPONIO AMEDEO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato BOSSO GIUSEPPINO, giusta delega in

data 23.2.2009 a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PUNTO CASA – AGENZIA (OMISSIS) SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1799/2008 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

5.12.08, depositata il 15/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MASSERA Maurizio;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RUSSO ROSARIO GIOVANNI.

La Corte, letti gli atti depositati:

 

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 25 marzo 2009 C.A. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 15 dicembre 2008 dalla Corte d’Appello di Torino che, in riforma della sentenza del Tribunale, l’aveva condannata a pagare Euro 4.000.000 in favore della Punto Casa – Agenzia (OMISSIS) S.r.l. a titolo di compenso per attivita’ di mediazione.

La societa’ intimata non ha espletato attivita’ difensiva.

2 – I due motivi del ricorso risultano inammissibili, poiche’ la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, e’ ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che e’ inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per Cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimita’, imponendo al patrocinante in Cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

3. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 1754, 1755, 1469 bis e 1469 ter c.c. Esamina il contenuto e la portata della norma indicata, fa esplicito riferimento alla clausola all’origine della controversia senza indicare dove il relativo documento sia stato prodotto nelle fasi di merito, in violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (confronta Cass. Sez. Un. n. 28547 del 2008; Cass. Sez. 3^ n. 22302 del 2008); formula quattro quesiti che riguardano il tema dello squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto; se ad un soggetto sia stato imposto un obbligo manifestamente eccessivo; se il professionista debba provare che le clausole, da lui predisposte, siano state oggetto di individuale seria ed effettiva trattativa; se, in difetto, te clausole debbano essere considerate vessatorie e, quindi, nulle.

Siffatti quesiti risultano privi dei necessari riferimenti al caso concreto e totalmente svincolati dalla motivazione della sentenza impugnata. Inoltre essi presuppongono esame delle risultanze processuali e apprezzamenti di merito, attivita’ non consentite nel giudizio di legittimita’.

Con il secondo motivo la ricorrente ipotizza violazione dell’art. 345 c.p.c.. Assume che la controparte aveva chiesto in primo grado una sentenza di accertamento e in appello di condanna.

Formula un quesito che anche in questo caso pecca di astrattezza, essendo avulso dal caso concreto e dalla motivazione della sentenza impugnata. Occorre sottolineare che questa, interpretando la domanda come e’ potere dovere del giudice di merito, ha ritenuto che tutta la citazione introduttiva del giudizio di primo grado era orientata a conseguire la somma insistentemente domandata, al di la’ delle formule adottate dalla parte.

Quanto sopra e’ sufficiente per escludere che la Corte territoriale sia incorsa nell’addetta violazione dell’art. 345 c.p.c.. La sua statuizione sarebbe stata, semmai, censurabile sotto il profilo del vizio di motivazione che, pero’, non e’ stato azionato.

4.- La relazione e’ stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

La ricorrente ha presentato memoria; nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in Camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dalla ricorrente con la memoria non inficiano i rilievi contenuti nella relazione;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla spese;

visti gli artt. 380 bis e 385 c.p.c..

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

 

 

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