Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7597 del 02/04/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 7597 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: VIRGILIO BIAGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GRUPPO BUFFETTI s.p.a., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Crescenzio n. 91, presso
l’avv. Claudio Lucisano, che la rappresenta e difende unitamente all’avv.
Mario Garavoglia giusta delega in atti;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

intimata

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n.
22/10/07, depositata il 5 marzo 2007.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’ l l
dicembre 2013 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Ennio

Data pubblicazione: 02/04/2014

Attilio Sepe, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
I. La Gruppo Buffetti s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso la
sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio indicata in
epigrafe, con la quale, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio, è stata
ritenuta legittima la cartella di pagamento emessa nei confronti della
contribuente in relazione alla dichiarazione dei redditi relativa all’anno

in dichiarazione da £. 5.390.950.000 a £. 4.850.000.000, sia l’importo delle
ritenute d’acconto subite.
Il giudice d’appello, a fronte della tesi della contribuente, secondo cui la
differenza del credito derivava da un errore relativo alla dichiarazione dei
redditi presentata nel 1995 per l’anno 1994, nella quale non era stato
riportato il credito relativo all’importo dei dividendi percepiti in quell’anno,
ha ritenuto che tale credito avrebbe dovuto essere richiesto all’Ufficio entro
il termine di decadenza di diciotto mesi, anziché, tardivamente, nella
dichiarazione presentata nel 1997 per il 1996; ha aggiunto che non poteva
essere addebitato all’Ufficio il non aver tenuto conto del credito de quo, in
quanto non compreso nel prospetto di liquidazione della dichiarazione.
Quanto, poi, alle ritenute, il giudice ha osservato che la contribuente non
aveva fornito una prova sufficiente a confutare la pretesa dell’Ufficio.
2. L’Agenzia delle entrate non si è costituita.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso, con il quale la società contribuente
denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112
cod. proc. civ., in relazione all’art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, è
inammissibile in quanto del tutto privo del quesito di diritto prescritto
dall’art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis).
2. Con il secondo motivo, è denunciata la violazione e falsa applicazione
dell’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973, osservando che detta norma
presuppone un eseguito versamento d’imposta (ciò che nella specie non è
avvenuto) e che non può essere preclusa la possibilità di emendare la
dichiarazione, esponendo il credito nella dichiarazione successiva.
Al termine, viene formulato il seguente quesito di diritto: “dica la Corte
se, con riguardo ai periodi di imposta antecedenti alle modifiche apportate
2

1996; in particolare, l’Ufficio aveva ridotto sia il credito d’imposta indicato

SENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.RR 26/411986
N. 13 I TAB. ALL. B. – N. 5
MAMMA litiOUTARLA
dal d.p.r. 435/01 all’art. 2 del d.p.r. 322/98, spetti il rimborso al contribuente
che, non avendo eseguito alcun versamento diretto, faccia valere un proprio
credito, erroneamente non riportato in dichiarazione, nella prima
dichiarazione dei redditi successiva a quella in cui l’errore fu rilevato, senza
proporre alcuna istanza di rimborso”.
Il motivo è inammissibile per inadeguatezza del quesito, il quale non
risponde ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ. (applicabile

Corte, secondo la quale il quesito di diritto deve essere formulato, ai sensi
del citato art. 366 bis, in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica
della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una
regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori
rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata, al fine, quindi, del miglior
esercizio della funzione nomofilattica: ne consegue che è inammissibile il
motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione si rivela inidonea a
chiarire quale sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di
merito e quale la regola da applicare, in relazione alla concreta fattispecie
(tra le altre, Cass., sez. un., n. 26020 del 2008 e n. 19444 del 2009).
In particolare, il quesito sopra riportato è privo di precisi riferimenti alle
caratteristiche ed allo svolgimento dei fatti della vicenda in esame e tale
lacuna si rivela decisiva nell’impedire a questa Corte di formulare un
principio di diritto conformato alla concreta fattispecie.
3. Infine, anche il terzo motivo è inammissibile, poiché, trattandosi di
denuncia di omessa e contraddittoria motivazione, non contiene una chiara e
sintetica indicazione del fatto controverso in riferimento al quale la
motivazione si assume appunto omessa o contraddittoria (Cass. nn. 2652 e
8897 del 2008, 27680 del 2009 e numerosissime successive conformi).
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Non v’è luogo a provvedere sulle spese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma 1’11 dicembre 2013.

DEPOOMWO IN CANCELLERIA
..

ratione temporis), come precisati dalla consolidata giurisprudenza di questa

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