Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 7596 del 30/03/2010

Cassazione civile sez. III, 30/03/2010, (ud. 11/02/2010, dep. 30/03/2010), n.7596

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

R.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA GIULIANA

44, presso lo studio dell’avvocato NIGRO SAVERIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato MIGLIORINO VINCENZO, giusta procura alle lite a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

TORO ASSICURAZIONI SPA DI SANTI ROSARIO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 844/2008 della CORTE D’APPELLO di SALERNO del

16.9.08, depositata il 02/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MASSERA Maurizio;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. RUSSO Rosario Giovanni.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, Letti gli atti depositati:

Osserva:

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 Con ricorso notificato il 2 febbraio 2009 R.R. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 2 ottobre 2008 dalla Corte d’Appello di Salerno, confermativa con diversa motivazione della sentenza del Tribunale di Vallo della Lucania, che aveva rigettato per intervenuta prescrizione la domanda di risarcimento danni da sinistro stradale proposta nei confronti di D.S.R. e della Toro Assicurazioni.

Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

2 I cinque motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c.. Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 il ricorso per Cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico – giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo il ricorrente lamenta contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il momento di sintesi si rivela astratto poichè prescinde dalla motivazione della sentenza impugnata, che ha fatto leva sulla circostanza che l’assoluzione del D.S. in sede penale fu pronunciata con la formula “il fatto non sussiste”.

Con il secondo motivo il R. denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 652 c.p.p. e dell’art. 530 c.p.p., comma 2 anche in relazione agli artt 2043, 2054, 2697 c.c. e degli artt. 113, 115, 116 c.p.c. Il quesito finale non postula l’enunciazione di un principio di diritto basato sulle norme indicate, ma si limita, inammissibilmente e astrattamente, a chiedere alla Corte se la sentenza penale di assoluzione pronunciata a norma dell’art. 530 c.p.p., comma 2 abbia effetto preclusivo del giudizio civile di danni.

Considerazioni identiche valgono per il terzo motivo e per il quarto motivo, che denunciano – rispettivamente – violazione o falsa applicazione (non specificate come se si trattasse di sinonimi) delle medesime norme con riferimento alla non coincidenza tra le parti dei due giudizi (penale e civile) e al potere – dovere del giudice civile di valutare con pienezza di cognizione il fatto dedotto in giudizio.

Identiche censure vengono mosse con il quinto motivo, il cui quesito si rivela astratto per le medesime ragioni, con riferimento all’applicabilità da parte del giudice civile dell’art. 2054 c.c., comma 2. Tuttavia, ragioni di completezza consigliano di osservare che (Cass. Sez. 3^, n. 20325 del 2006) in virtù del principio fondamentale di unità della giurisdizione, ai sensi dell’art. 652 c.p.p. (nell’ambito del giudizio civile di danni) e dell’art. 654 c.p.p. (nell’ambito di altri giudizi civili) il giudicato di assoluzione è idoneo a produrre effetti preclusivi – quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso – nel giudizio civile, quando contenga un effettivo, specifico e concreto accertamento circa l’insussistenza del fatto o l’impossibilità di attribuire questo all’imputato e che nella specie la sentenza impugnata ha sostanzialmente compiuto tale verifica con il riferimento alla ricostruzione del fatto effettuata dai verbalizzanti, i quali hanno spiegato che, nel corso di una pericolosa manovra d’inversione di marcia, il conducente del ciclomotore fosse andato a cozzare contro l’autoveicolo.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria; nessuna delle parti ha chiesto d’essere ascoltata in Camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dal ricorrente con la memoria si pongono in contrasto con il costante orientamento giurisprudenziale in tema di assolvimento dell’onere processuale di cui all’art. 366 bis c.p.c.;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla spese;

visti gli artt. 380 bis e 385 c.p.c..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2010 Depositato in Cancelleria il 30 marzo 2010

 

 

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